Gruppo Volkswagen a un bivio: o si chiudono almeno tre fabbriche licenziando 30.000 persone, oppure si tagliano gli stipendi del 10%. Queste le indiscrezioni dell’ultim’ora non confermate. Di certo, la guerra tra Wolfsburg e sindacati si fa asperrima, col leader dei lavoratori Daniela Cavallo (temutissima dalla dirigenza teutonica) che si oppone con tutte le forze a misure brutali, rammentando come le colpe siano dei top manager e non dei dipendenti.
Stando ad Arne Meiswinkel, il responsabile dei negoziati della società, oltre alla decurtazione in busta paga, serve una revisione del sistema di premi di produzione. Che vanno a dirigenti, quadri e specialisti con salari annui più alti, settimana lavorativa di 40 ore invece che 35, e straordinari compresi. Nel mirino i premi annuali e i 170 euro di bonus mensili concordati coi sindacati.
Si passa però da una polemica feroce a un’altra. Con un po’ di malizia, Meiswinkel evidenzia che gli stipendi, quand’anche fossero tagliati, rimarrebbero “molto attrattivi”. Per cui, quanto si guadagna in VW? Davvero si riesce a barattare un’ondata di licenziamenti con una sforbiciata ai bonifici mensili? Indicativamente, un operaio specializzato percepisce 56.000 euro lordi l’anno, a quanto pare in linea sia col comparto dell’auto e sia col settore metallurgia in Germania.
Fanno attorno a 4.666 euro lordi al mese. Di qui la contestazione nei social da parte di anonimi: se l’ad Oliver Blume percepisce 9,7 milioni di euro l’anno, e se il top management riceve compensi stellari, non sarebbe opportuno prima operare ai massimi livelli?
D’altronde, il costo del lavoro rappresenta un incubo per i Gruppi auto, che desiderano essere più profittevoli possibile. La stessa Stellantis produce in Marocco, Serbia e Polonia anche per quella ragione: risparmiare sui dipendenti. Sentiamo Meiswinkel: “L’unico modo per uscire da questa situazione è trovare soluzioni insieme. La stabilità finanziaria è essenziale per garantire i posti di lavoro, ed è questo il nostro obiettivo. Una delle cose che dobbiamo fare è ridurre il costo del lavoro”.
Daniela Cavallo, nel frattempo, affila le armi: la chiusura delle fabbriche non è scongiurata e che i lavoratori continuano a essere profondamente preoccupati, dice. La prossima tappa sicura sono gli incontri ufficiali il 21 novembre. Cui potrebbero seguire scioperi dall’1 dicembre, tali da paralizzare la produzione per diverso tempo. Coi sindacati tedeschi c’è poco da scherzare.
Autore: Mr. Limone
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