Porsche C88. Il progetto per motorizzare la famiglia cinese

Storiche
19 dicembre 2025, 8.30
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Nel 1994 Porsche realizzò un prototipo sorprendente e che potremmo definire “spiazzante”: la C88, una berlina compatta destinata al mercato cinese. Il progetto nacque in risposta a un’iniziativa del Governo della Repubblica Popolare Cinese, che invitò alcune delle principali case automobilistiche internazionali a sviluppare un nuovo modello “nazionale” da produrre localmente. La proposta di Stoccarda prese forma in tempi record: appena quattro mesi, grazie anche alla collaborazione con la torinese Stola, partner tecnico di lunga esperienza. La vettura fu svelata al pubblico in occasione del Salone dellAutomobile di Pechino del 1994.
All’epoca, Porsche attraversava una delle fasi economiche più delicate della propria storia. Ancora indipendente e non ancora legata al Gruppo Volkswagen, la Casa tedesca vedeva le vendite crollare vertiginosamente: dalle 30.471 unità del 1986 si passò a 9.139 nel 1990, fino al tracollo del 1993, quando appena 3.729 vetture lasciarono le concessionarie. La prospettiva del fallimento era concreta. Fu in questo contesto di austerità e ricerca di nuovi sbocchi commerciali che Porsche decise di aderire al programma cinese.

La Cina alla ricerca della “vettura del popolo”

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All’inizio degli anni ’90, il Partito Comunista Cinese guardava con crescente preoccupazione al ritardo del proprio comparto automobilistico rispetto alle grandi potenze industriali. Per decenni, solo una ristretta élite aveva potuto permettersi un’auto privata, considerata simbolo del capitalismo.
Negli anni Ottanta, l’apertura economica portò alla nascita di joint venture con gruppi come American Motors, Peugeot e Volkswagen, ma il vero cambio di passo arrivò nel 1994, quando il Consiglio di Stato emanò una nuova politica industriale, dichiarando ufficialmente che “lo Stato incoraggia l’individuo all’acquisto di un’automobile”.
Nacque così il progetto “China Family Car”, volto a selezionare un modello economico, funzionale e spazioso, in grado di trasportare cinque persone e di essere prodotto in collaborazione con la First Automobile Works (FAW). L’obiettivo era ambizioso: creare la “vettura del popolo cinese”, sul modello della filosofia del Maggiolino.

Le proposte Porsche per il progetto China Family Car

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Porsche rispose all’invito presentando tre diverse configurazioni. La prima era una hatchback a tre porte per quattro passeggeri, con un motore da 1,1 litri a quattro cilindri da 47 CV, trazione anteriore e cambio automatico a quattro rapporti, in grado di raggiungere i 100 km/h in circa 20 secondi. La seconda, di segmento intermedio, era pensata come piattaforma modulare, adattabile a berline, station wagon, pick-up e furgoni, mantenendo lo stesso propulsore ma con prestazioni più contenute (0-100 km/h in 22 secondi).
Infine, la terza proposta, quella destinata a diventare la C88, era una berlina a quattro porte leggermente più piccola di una Volkswagen Fox, equipaggiata con un 1.100 cc da 67 CV e cambio manuale a cinque marce. Il modello era progettato per toccare i 165 km/h e accelerare da 0 a 100 in 16 secondi. Porsche prevedeva di offrire dotazioni opzionali avanzate per l’epoca, come airbag anteriori, ABS, cerchi in lega e cambio automatico, oltre alla possibilità di un motore diesel aspirato da 1,6 litri. L’auto sarebbe stata conforme alle norme europee di sicurezza ed emissioni, anticipando lo standard Euro 2.

Porsche C88: design e commercializzazione

Solo la terza proposta, disegnata da Harm Lagaay, superò la fase di concept. Il suo stile, dalle linee morbide e moderne, era volutamente sobrio per non invecchiare precocemente. L’intero progetto venne realizzato a Rivoli, negli stabilimenti Stola, che costruì la scocca in fibra di vetro a partire da un modello in argilla sviluppato in Germania. Gli interni furono interamente ideati e realizzati dall’azienda italiana, con la consulenza di un tecnico e di un ingegnere cinesi per allinearsi ai gusti del mercato locale.
La presentazione ufficiale avvenne nel novembre 1994, con l’amministratore delegato Wendelin Wiedeking che pronunciò in cinese mandarino il discorso di lancio. Nonostante un’accoglienza moderata, il governo cinese mostrò apprezzamento, spingendo Porsche a ipotizzare uno stabilimento di produzione locale con una capacità di 300.000-500.000 unità annue, un numero impressionante per l’epoca.

Estetica simbolica: la berlina per la famiglia cinese

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La Porsche C88 era una berlina tre volumi compatta a quattro porte, concepita con un linguaggio stilistico semplice ma curato. Wiedeking spiegò che il design nacque dopo “numerose conversazioni con esperti e giornalisti cinesi”, per dare alla vettura “un’estetica radicata nella cultura locale”.
Il nome stesso era ricco di significati: la lettera “C” alludeva non solo a “China”, ma anche a “cheapness” (economicità), “comfortness” (comodità) e “cleanness” (pulizia). Il numero 8, considerato portafortuna, era ripetuto per indicare anche il prezzo previsto: 88.000 yuan.
Al posto del classico stemma Porsche, il cofano e il volante portavano un triangolo stilizzato con tre cerchi, simbolo della “famiglia tradizionale” (padre, madre e figlio), in riferimento diretto alla politica del figlio unico vigente in Cina. Non a caso, solo un posto posteriore era omologato per un bambino e Porsche realizzò persino un seggiolino dedicato, integrato nel design dei sedili.

Semplicità prima di tutto

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Esternamente la C88 richiamava alcune compatte europee e asiatiche del periodo – da Ford Focus a Daewoo Nexia, fino alla Lancia Lybra – ma con un’impronta più tondeggiante e armoniosa, in linea con quello che sarebbe stato il modellato delle Porsche di quegli anni. Il posteriore, con fanali integrati nelle linee del portellone e un bagagliaio da 400 litri, evidenziava un’attenzione inedita al design funzionale. Le ruote da 15 pollici con cerchi in acciaio e i paraurti anteriori pronunciati completavano l’aspetto solido e pratico della vettura.
All’interno, lo stile era minimalista e razionale. La plancia asimmetrica, arrotondata e realizzata da Stola, integrava una piccola console digitale e un orologio analogico accanto al tachimetro, in un equilibrio fra semplicità e modernità. I materiali, principalmente plastica e tessuto color sabbia, garantivano costi contenuti. Erano presenti aria condizionata e autoradio, mentre gli specchietti laterali erano regolabili manualmente. Un abitacolo spartano ma funzionale, coerente con la filosofia dell’auto popolare che avrebbe potuto cambiare la storia dell’automobilismo cinese (e della stessa Porsche).

Cancellazione del progetto e conseguenze

Nel 1995, tuttavia, il progetto China Family Car fu inspiegabilmente sospeso. Nessuno dei costruttori coinvolti – tra cui Chrysler, Fiat, Ford, Mercedes-Benz, Mitsubishi, Opel e Porsche – ottenne il contratto, nonostante gli investimenti significativi.
Secondo Dieter Landenberger, direttore del Museo Porsche che ospita in esposizione il prototipo, il governo cinese “ringraziò soltanto e trattenne le idee”, e molti tratti stilistici della C88 sarebbero poi riapparsi in diversi modelli cinesi successivi. Porsche tentò di riutilizzare il progetto per aprirsi al mercato indiano, ma anche in quel caso l’operazione non ebbe seguito e il concept venne infine ceduto a un costruttore locale, che rinunciò a produrlo.
Autore: Federico Signorelli
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