A guardare il mercato di oggi, dominato dai SUV e mondato da tutte le carrozzerie più originali sull’altare del dio profitto, viene difficile pensare che c’è stato un tempo in cui un giovane appassionato poteva comprare un’auto sportiva, senza dover vendere un rene o rapinare una banca. Quel tempo si chiamavano anni Novanta e come ogni epoca ha avuto le sue regine.
La Volkswagen Corrado è una di queste ed è anche uno dei progetti meno “tedeschi” mai concepiti tra le mura di Wolfsburg. Ha avuto una carriera piuttosto lunga, tra il 1988 e il 1995, ma non è mai stata sostituita direttamente, se non alcuni anni dopo dalla Scirocco del terzo millennio. La Corrado, ad ogni modo, nasceva da una costola della Golf ma era progettata con un carattere molto più sportivo. Lo schema era quello della gran turismo 2+2, a cui aggiungeva una soluzione pratica come il portellone posteriore ma anche una provenienza in qualche modo “nobile”, vista la produzione affidata alla storica carrozzeria Karmann, anch’essa ormai ricordo di un mondo che fu.
Ad ogni modo, rispetto alla Golf, la Volkswagen Corrado vantava un baricentro ben più basso, caratteristica che influiva positivamente sulla dinamica di guida, e un design molto più personale, quasi latino in qualche modo. Nei piani aziendali doveva sostituire la Scirocco degli anni Settanta/Ottanta, un’auto che, parafrasando una famosa battura di Sergio Marchionne, sicuramente non si trovava sui poster nelle camerette dei giovani appassionati dell’epoca.
Ma per i colletti bianchi di Wolfsburg la Scirocco doveva anche accreditare la Volkswagen come produttore di auto emozionanti e non solo pragmatiche e razionali. La sua storia commerciale racconta di oltre 97.000 unità vendute che avrebbero potuto essere di più con qualche problema di affidabilità in meno, una macchia sul curriculum che rende quasi più simpatica un’auto made in Germany. Alla Volkswagen Corrado, in ogni caso, non mancava nulla per avere successo, a partire dai motori potenti.
Ovviamente la gamma prevedeva anche i classici 1,8 e 2 litri che gravitavano nell’orbita dei 130 CV, ma le due sigle che dilatavano le pupille degli appassionati erano G60 e VR6. La prima (G-Lader) definiva il 1.8 con il compressore volumetrico che aveva ben 160 CV di potenza e 225 Nm di coppia; valori affatto trascurabili considerando la leggerezza della Corrado che superava di poco i 4 metri di lunghezza, era alta 1,3 metri e pesava meno di 12 quintali. Così, con questo motore volava da 0 a 100 km/h in 8,3 secondi e poi a 225 km/h di velocità massima.
Poi c’era la Volkswagen Corrado VR6, spinta da un 2,9 litri 6 cilindri a V strettissima (15°) che aveva 190 CV e 245 Nm di coppia. Con questo propulsore la coupé tedesca era ancora più veloce: la punta massima saliva fino a 235 km/h e lo scatto da 0 a 100 km/h richiedeva 6,9 secondi. In quest’ultima versione la ciliegina sulla torta era lo spoiler posteriore che fuoriusciva automaticamente oltre i 120 km/h, aumentando del 64% il carico aerodinamico sul posteriore. Una chicca che in quegli anni si potevano permettere solo la Porsche 911 o la Thema Ferrari.
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