La Lamborghini Urraco e la Dino 308 GT4 sono state buone nemiche, per motivi commerciali e per storico blasone. Ma esse condividono molto più di quanto si creda; in particolare lo stesso designer, che non ebbe vita facile nel vestirne la complessa impostazione tecnica e spaziale.
I primi anni ’70 furono tutto sommato un periodo ancora felice per le sportive italiane; in quegli anni, seppur ormai in coda ad un breve boom economico, agli scioperi operai e ad un mercato in rapida evoluzione, continuarono a calamitare l’attenzione internazionale. Nonostante le difficoltà ad esempio della Ferrari, passata al colosso Fiat con ampia partecipazione nel 1969 e Maserati, in mani Citroën già dal 1968, la produzione generale (e l’immagine) tenne, insieme a Case come Lamborghini, Iso Rivolta, De Tomaso e Intermeccanica.
Storicamente uno dei modi migliori per rimanere sempre sulla “cresta dell’onda” all’interno del settore auto è quello di sentire bene il mercato (e la concorrenza), cercando di anticiparlo nelle sue richieste più profonde e osservandolo sempre con sguardo rivolto al futuro. Ed è proprio questo che contemporaneamente fecero Enzo Ferrari e Ferruccio Lamborghini: capirono che era il momento di lanciare un nuovo modello in grado di ingolosire il palato dei clienti meno danarosi, ma non meno appassionati e desiderosi di mettersi in garage uno dei loro capolavori (magari portandoli via alla Porsche 911).
Serve un’automobile che si ponga non solo come modello di entrata alla gamma ma anche trasversalmente ad essa, proponendo “quattro posti”, un bagagliaio ed un rombante V8. Insomma, devono essere vetture all’altezza del marchio, delle aspettative, ma anche sfruttabili e accessibili: ovviamente dietro c’è una sana manovra strategica che mira ad ampliare il portafoglio clienti portando in cassa nuova liquidità.
Un progetto dalla doppia vita
Possiamo dire che la prima ad aprire le danze fu la Lamborghini che chiamò a sé Paolo Stanzani per telaio e motore, e Marcello Gandini per il design (in quegli anni alla corte di Nuccio Bertone): sono collaboratori fidati e sicuri, che già hanno dato prova di maestria e genialità. La conferma di Gandini in questo altro progetto però è anche dovuta al fatto che viene meritatamente considerato l’interprete eccellente dello “spirito del suo tempo”, specialmente se si tratta di supercar.
Lo schema generale (voluto fortemente da Ferruccio) prevede un’impostazione 2+2, con bagagliaio posteriore e un motore V8 da 2463 cc e potenza di 220 cv; fin qui nulla di atipico, se non fosse che il motore deve essere montato al posteriore, con orientamento trasversale e posizione centrale. Il lavoro si mostra complesso in termini di design, perché la vettura deve comunque essere “compatta” come da buona tradizione sportiva ma, ha causa di tale disposizione tecnica e funzionale, porta con sé una silhouette che tende ad essere molto allungata e quindi anche pericolosamente sbilanciata esteticamente.
Gandini comprende bene la difficoltà, riconoscendo la necessità di equilibrare visivamente le masse dissimulando il più possibile le proporzioni derivate dalla tecnica. Da sfogo al suo estro, con forme fortemente cuneiformi, affilate e che dinamizzano le proporzioni rendendola al contempo aggressiva e bilanciata; la prima proposta viene però scartata da Ferruccio Lamborghini, un giudizio che se da una parte porta ad un progressivo affinamento (passando per altre due proposte) che origina la Lamborghini Urraco P250 presentata al Salone di Torino del 1970, dall’altra funge da spartiacque perché proprio quella proposta verrà mostrata di lì a poco alla Ferrari che, con alcune leggere modifiche, darà vita alla Dino 308 GT4 presentata al Salone di Parigi del 1973, vettura caratterizzata dalla stessa ripartizione di spazi e funzioni, motore V8 da 2996 cc e 255 cv posizionato al posteriore, con orientamento trasversale e posizione centrale.
Sorelle e uniche
Ciò non deve stupire, accadeva spesso al tempo che una proposta bocciata da un committente venisse nuovamente posta all’attenzione di un altro (apportando le dovute modifiche); era sia un modo per ammortizzare i costi di progettazione che per far valere delle idee ancora buone. Inoltre, anche Ferrari rimase colpito dall’opera di Gandini e gli intenti per la nuova vettura come detto erano sorprendentemente sovrapponibili a quelli di Lamborghini.
Nonostante ciò le due vetture sono estremamente diverse, più affilata e futuristica la Urraco, più razionale e semplice la 308 GT4. Ma il tutto si gioca nel punto di maggior criticità, tra la forma del puntuto e alto finestrino posteriore (che le slancia entrambe) e la presa d’aria laterale: quest’ultima sulla Urraco è una copertura alettata aggettante in nero che alza il fianco e ne interrompe il ritmo, mentre sulla 308 GT4 è un’incavo modellato nella carrozzeria. Entrambe hanno oggi fautori e detrattori, ma resta incontestabile la difficoltà nel vestire un layout di questo tipo e confermata la sapienza del maestro Marcello Gandini.
Autore: Federico Signorelli