Categorie: Prove su strada

Test – Lotus Elise S 1.8 220 CV

Tempo di lettura: 5 minuti

Lo confesso: stringere tra le mani la chiave d’accensione della Lotus Elise S, protagonista della nostra prova su strada, ha rappresentato per me il coronamento di un sogno. Se è vero, infatti, che non scarseggiano certo vetture ricche di fascino all’interno del garage della Redazione, vedere di fronte a se il piccolo prodigio di Hethel, nella sua splendente livrea Chrome Orange, non poteva che provocare forti palpitazioni ad un inguaribile amante delle vetture ultraleggere made in UK come me.

Il fascino dell’essenziale:

La più piccola di Casa Lotus è il modello che meglio incarna la filosofia costruttiva tanto cara al fondatore del marchio inglese, Colin Chapman, “less is more“. Lo si capisce da subito, scavalcando per la prima volta con il piede destro il brancardo della monoscocca in alluminio e lasciandosi scivolare all’interno del sedile di guida. Operazione, questa, che per alcuni può rivelarsi leggermente difficoltosa (sopratutto a capote montata); per altri, invece, rappresenta il miglior modo per entrare in empatia con la vettura, facendosi suggestionare da un’auto che non riesce a risultare banale nemmeno nell’accesso al posto guida.

Una volta a bordo si viene accolti in un ambiente dove l’alluminio la fa da padrone: elemento strutturale dell’abitacolo e motivo ricorrente nei comandi e nella componentistica. La posizione di guida è distesa, e se si chiudono gli occhi si può quasi immaginare di essere al volante di una Formula. Mani saldamente ancorate al piccolo volante verticale, busto leggermente reclinato all’indietro, glutei in corrispondenza del baricentro della vettura, gambe parallele all’asfalto e piedi a martello a premere sulla pedaliera sportiva. Insomma quell’impostazione esemplare caratteristica delle auto sportive, elevata alla massima potenza e senza possibilità di correttivi. Già, perché l’unica facoltà concessa al guidatore è la regolazione longitudinale del sedile; scordatevi, invece, qualsiasi tipo di escursione verticale della seduta, o qualsivoglia modifica dell’inclinazione dello schienale. Del resto l’ergonomia di guida è semplicemente perfetta per l’utente di media statura, il quale non deve far altro che inserire la chiave nel nottolino d’accensione, girarla di uno scatto, disattivare l’antifurto immobilizer e premere per qualche secondo il pulsante START posto alla sua sinistra. È così, infatti, che si da inizio al divertimento!

Alla guida:

Bastano pochi istanti perché il trascinamento del motorino d’avviamento lasci spazio al suono rauco del quattro cilindri in linea posizionato alle spalle del guidatore. Il risveglio del motore non è certo da pelle d’oca, e il singolo terminale di scarico ovoidale (di serie sulla S) fa quello che può per dare voce al 1.8L di origine Toyota. Il risultato è un ringhio sommesso, che tende a stabilizzarsi su decibel un po’ troppo discreti per una sportiva. Del resto, l’accordare a proprio piacimento l’impianto di scarico costituisce una delle principali passioni dei clienti Lotus. E allora poco importa se il sound di serie non è dei più coinvolgenti: basterà fare un giro su YouTube per trovare la propria fonte d’ispirazione!

È il momento di premere con il piede sinistro il pedale della frizione, inserire la marcia, e percorrere i primi metri a bordo dell’inglesina. Quello che stupisce, in questa fase, è l’estrema facilità con cui l’Elise si lascia condurre. Dietro al volante, infatti, ci si sente a proprio agio fin da subito, grazie ai comandi morbidi e intuitivi che non affaticano il guidatore nemmeno quando molto sollecitati. Fa eccezione lo sterzo, privo di servoassistenza, che risulta un po’ pesante soprattutto nelle manovre da fermo. Degna di lode, invece, l’elasticità del propulsore; l’unità a 16 valvole, infatti, complice il peso piuma della vettura (pari a soli 924 kg), permette di trotterellare nel traffico utilizzando le marce lunghe, e asseconda senza intemperanze le esigenze di chi è alla guida. Così facendo si scopre una Lotus che strizza l’occhio alle sportive da tutti i giorni, e che richiede qualche sacrificio extra solo sul piano dell’insonorizzazione dell’abitacolo: caratteristica, quest’ultima, determinata dalla scarsa presenza di pannelli di isolamento acustico, necessaria ai fini del contenimento del peso.

Ora, però, è tempo di esplorare l’anima più autentica dell’Elise; lasciamo, dunque, le vie del centro, e andiamo alla ricerca di qualche strada ricca di curve! Sono i percorsi più tortuosi, infatti, il terreno di caccia ideale della piccola sportiva della contea di Norfolk: l’occasione per dimostrare che dietro quelle linee da baby-supercar si nasconde un’auto realmente in grado di emozionare.

Tra le curve:

Giunti alle pendici del Moncenisio, teatro della nostra prova, decidiamo così di affondare il piede destro sul gas e iniziare l’ascesa fino a quota 2083 m s.l.m. Anche l’Elise sembra apprezzare l’idea, dimostrandosi da subito incline al cambio di passo.

Il primo tratto di strada è piuttosto ampio e veloce, caratterizzato da una lunga sequenza di curve da terza e quarta marcia, intervallate da qualche tornante da percorrere in seconda. È qui che restiamo impressionati dalle prestazioni del quattro cilindri giapponese, che in questa versione 2ZR-FE con compressore Magnuson R900 è in grado di erogare ben 250 Nm di coppia massima a soli 4.800 giri. Così, abusando dell’enorme grip meccanico di cui la Lotus dispone in uscita di curva, ci ritroviamo a polverizzare uno dopo l’altro i brevi rettifili sul nostro cammino. La spinta del motore ai medi e agli alti regimi è furiosa; e a noi non rimane che restare incollati al sottile schienale, con le mani fisse alle 09:15, e goderci la sua fantastica progressione! Anche il timbro dello scarico si fa più rude e convincente: un latrato misto a un ronzio, che culmina in un urlo in stile VTEC quando l’astina del contagiri tocca quota 6.800.

Continuiamo a salire, e il percorso si fa progressivamente più stretto e tecnico. È in queste condizioni che l’handicap dell’eccessiva durezza dello sterzo si trasforma in un punto di forza: il rapporto di demoltiplicazione diretto garantisce, infatti, una risposta ottimale agli input del conducente, al quale non resta che disegnare le traiettorie desiderate, facendo leva sull’estrema sensibilità del comando. Questo, tuttavia, a patto che si sappia giocare con il trasferimento dei pesi e si voglia danzare insieme all’Elise. Già, perché lo scarso carico sull’asse anteriore, unito a una taratura di serie dell’assetto volutamente conservativa, fanno sì che per godere a pieno delle qualità dinamiche della Lotus si debba portare la frenata fino al punto di corda, avendo cura di parzializzare la spinta sul pedale centrale fino a quando non si veda l’uscita della curva. Se lo si abbandona anzitempo, frettolosi di tornare sull’acceleratore, si incappa irrimediabilmente nel sottosterzo: l’anteriore sembra galleggiare sull’asfalto, e le Yokohama Advan Neova AD08 deviano leggermente dalla direttrice impartita. Al contrario, se si ha cura di tenere sempre l’auto pinzata in inserimento, ci si trova coinvolti in una danza sciamanica: l’Elise entra in curva come una saetta, stabile e precisa, si aggrappa alla corda, e un attimo dopo si è già pronti a riaprire lo sterzo e tornare a maltrattare il pedale del gas. Grazie allo schema a motore centrale, infatti, il retrotreno gode di un’ottima motricità, e le ruote posteriori non fanno mai fatica a mettere su strada i 220 CV nascosti nel cofano motore. La struttura leggera, infine, fa sì che la potenza frenante dell’impianto AP Racing non sia quasi mai soggetta a fenomeni di fading; sarete voi, insomma, a decidere il momento in cui ridurre l’andatura, proprio quando presenterete i primi segni di stanchezza!

In conclusione:

Clinica e velocissima, l’inglesina incarna l’essenza dell’auto sportiva. Su strada o in pista poco importa: datele la giusta sequenza di curve, i giusti input, e lei vi ripagherà con un’esperienza di guida sconosciuta alle sportive tradizionali, che per leggerezza e genuinità sembra lambire il mondo delle due ruote.

Durante il nostro periodo di prova non l’abbiamo abbandonata nemmeno un secondo, per cercare di carpirne tutti i segreti. L’abbiamo immersa con qualche titubanza nell’ambiente urbano, e lei si è fatta strada senza grosse difficoltà, dimostrandosi una buona compagna per le nostre scorribande cittadine. Poi l’abbiamo portata alla scoperta di numerosi valichi alpini, dove ha alternato l’anima da cruiser a quella da piccola belva affamata di tornanti. Ciò che più ci ha stupito, però, è stata la sua totale incapacità di risultare una vettura banale. In un mondo dell’auto sempre più spesso caratterizzato da sportive digitali, l’Elise ha il merito di tenere accesa una fiammella analogica, frutto del genio di un ingegnere londinese ossessionato dalla ‘dieta’ e dell’ecletticità di un imprenditore italiano che all’inizio degli anni ’90 si ritrovò ad ereditarne lo storico marchio. 

Vincenzo Attamante

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Vincenzo Attamante

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