Non succede tutti i giorni di provare un’automobile pensata, progettata e prodotta in un altro Continente. Un’auto che viene dall’altra parte del Mondo fa capire quanto un bene che consideriamo mondiale come l’auto sia concepita in maniera completamente diversa rispetto a quello a cui siamo abituati, facendoci entrare in contatto con la cultura e il modo di vedere la vita degli altri popoli, magari affascinanti come quello giapponese. Ho avuto l’occasione di fare questo “tuffo” nella cultura nipponica provando due kei car, le Suzuki Hustler e Alto, che hanno rappresentato per me diverse prime volte.
È stata infatti la prima volta che ho guidato un’automobile con guida a destra, operazione resa decisamente più comoda dal classico cambio CVT “meccanico” tipico delle keijidosha. In più, le Suzuki Alto e Hustler sono le automobili con il motore più piccolo che abbia mai guidato: solo 660 cm3, nella forma di un 3 cilindri aspirato sulla Alto e turbocompresso sulla Hustler. La curiosità era tanta, e sono sicuro che sia tanta anche per chi sta leggendo questa prova in anteprima. Perché Suzuki ha deciso di importare due kei car in Italia?
La filiale italiana, infatti, sta facendo degli studi per capire se, quando e come introdurre sul mercato nazionale le piccole kei car. Dalla loro nascita ad oggi, in effetti, non c’è mai stato un momento più propizio. Tra limitazioni del traffico ai veicoli Diesel e ad auto datate fino alle discussioni su traffico, occupazione del suolo da parte delle auto, emissioni e, soprattutto, costi delle automobili sempre più alte, le razionali ma particolari kei car potrebbero essere la soluzione perfetta per le città europee di domani? Scopriamolo insieme in questa speciale prova in anteprima delle Suzuki Hustler e Alto.
Prima di cominciare con la prova in anteprima della Suzuki Hustler, l’auto che ho provato più a lungo delle due kei car importate da Suzuki Italia, è giusto fare un passo indietro per coloro che non conoscono questa particolare tipologia di vetture. Che cosa sono le kei car, e perché sono così particolari?
Scenderemo nel dettaglio in un articolo dedicato più avanti, ma partiamo dalle basi, ovvero dal nome, che già spiega molto di questo segmento tipicamente nipponico. La parola kei, infatti, è un diminutivo del termine keijidosha, che in giapponese significa “macchina leggera”. Le kei car, in poche parole, sono proprio questo, delle automobili leggere, “alleggerite” di tutto il superfluo. Si tratta proprio di automobili che devono sottostare a stringenti regole a livello dimensionale, istituite dal governo giapponese e evolute fino ad oggi dalla loro introduzione datata 1949.
Nate per motorizzare un Paese in ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale, oggi le kei car sono popolarissime in Giappone per alcune caratteristiche perfette per la cultura nipponica. Le kei car, infatti, devono essere per legge più corte di 3,40 metri, più strette di 1,48 metri e non più alte di 2,00 metri, mentre il motore non può superare i 660 cm3 di cubatura. Rispettando queste stringenti limitazioni, però, le kei car possono godere di tutti i vantaggi che le rendono, ad oggi, le automobili più vendute in Giappone.
Le kei car, infatti, hanno una tassazione e dei costi di gestione agevolati, molto inferiori alle automobili tradizionali. In più, non necessitano di un particolare obbligo nelle grandi città, quello di dimostrare agli enti pubblici di essere in possesso di un posto auto o di un box lontano dalla strada. Queste regole, pensate proprio per favorire la diffusione di automobili piccole nelle grandi metropoli e ridurre traffico e occupazione del suolo, rendono le kei car spesso l’unica automobile acquistabile da diverse famiglie. Per questo, queste automobili devono riuscire a offrire prestazioni adeguate, consumi ridotti, spazio per almeno quattro persone, il tutto entro i 3,40 metri di lunghezza.
Questo ha portato alla creazione di vetture dallo stile assolutamente unico, sviluppate in altezza ed estremamente squadrate. Ci sono stati poi tantissimi tipi di kei car, dalle monovolume (come la Suzuki Wagon R, che abbiamo conosciuto anche in Italia) alle sportive come la Daihatsu Copen (anche lei arrivata in Europa) o la mitica Suzuki Cappuccino, fino alle folli Honda Beat e Autozam AZ-1. Le più diffuse sono le classiche compatte, come la Suzuki Alto, o modelli “suvveggianti”, come la Hustler.
Iniziamo allora proprio dallo stile, assolutamente lontano dai nostri canoni estetici, proporzionali e ideali di automobile. Le due kei car portate dal Giappone da Suzuki Italia, tra l’altro, sono davvero diverse in termini di impostazione e posizionamento. La Alto è la kei car più tradizionale tra le due, dotata non solo di un nome noto anche qui in Italia (anche se noi abbiamo ricevuto versioni “cresciute” della Alto, e mai le kei car vendute in Giappone). Dotata di un look razionale e senza troppi fronzoli, la Suzuki Alto ha il classico stile da kei car.
Cosa intendo? Il frontale è squadrato, alto e massiccio per un’auto così piccola, e si sviluppa più in altezza che in larghezza, come tutta l’auto del resto. Lateralmente, colpiscono ad un occhio europeo il parabrezza verticale, il passo lunghissimo per le dimensioni (siamo a 2,46 metri) e il tetto alto e squadrato. Il lato più particolare è sicuramente il posteriore, totalmente verticale. Qui si notano le limitazioni delle regole dimensionali delle kei car: per stare nei 3,40 metri, la coda è a dir poco tronca.
A livello estetico, la Suzuki Hustler dimostra quanto questo genere di vetture abbia da sempre scatenato la fantasia dei progettisti nipponici. Sebbene siano realizzate sulla stessa piattaforma, la Hustler riesce a presentare le medesime proporzioni con uno stile totalmente diverso. Il frontale è molto simpatico e ispirato ai fuoristrada, nello specifico al mitico Jimny, con fari tondi (molto curati dal punto di vista costruttivo), una mascherina cromata e il vistoso paraurti con inserti in plastica grezza.
Lateralmente, al passo sempre generoso si uniscono le barre sul tetto, i cerchi in ferro ispirati ai fuoristrada e gli immancabili passaruota in plastica. Dietro, invece, Hustler è davvero fuori dai nostri schemi: il posteriore appare quasi “tagliato con l’accetta”, con fari molto grandi e un paraurti posteriore molto alto, che lascia tanta luce a terra e le regala un angolo d’attacco di ben 50°, utile per la versione 4WD.
Da fuori, le piccole kei car sono davvero particolari. Salendo a bordo, invece, si rimane quasi spiazzati per l’attenzione alla praticità di queste vetture. Da fuori, infatti, si notano alcune caratteristiche che non vedevamo da almeno 15 anni sulle automobili “nostrane”. I montanti, ad esempio, sono sottilissimi, e ci sono enormi superfici vetrate, compresi il grande lunotto e il terzo finestrino sul montante C della Hustler.
Ne consegue un abitacolo molto luminoso e, grazie al passo lungo e al tetto davvero alto (la Hustler arriva a 1,68 metri, la Alto si “ferma” a 1,53 metri), estremamente spazioso. Guardate il video del nostro Direttore Federico Ferrero, alto oltre 1 metro e 90, he ha provato a sedersi sia davanti che dietro con un agio a dir poco sorprendente. Lo spazio a bordo è davvero tanto, soprattutto sulla Hustler che può contare su un tetto leggermente più alto, sui sedili posteriori scorrevoli e su un abitacolo ancora più luminoso. Ovviamente, questa abitabilità per i quattro passeggeri si ripercuote sullo spazio per i bagagli, con vani che non superano i 150 litri di capacità.
Anche la posizione di guida è abbastanza “strana” per noi europei, con un sedile posizionato in alto (molto in alto su Hustler) e un volante piuttosto inclinato in avanti. Lo spazio, poi, è “giapponese”, con una posizione di guida che costringe i più alti a piegare un po’ le gambe. Grazie alla leva del cambio automatico posizionata sulla plancia, comunque, lo spazio è buono, e si può guidare comodamente anche se si supera il metro e ottanta.
A livello di interni, poi, le due vetture sono molto diverse. La Suzuki Alto è razionale e concreta, con un abitacolo piuttosto scuro e non troppo vivace, ma dotato di tutto quello che serve, dal clima al sedile del conducente riscaldato fino al sistema di infotainment, di serie sulle versioni giapponesi ma non presente su questi esemplari importati. Questa Alto è poi la versione d’accesso della gamma: il volante in plastica e i materiali spartani non sono comuni a tutte le versioni, con le top di gamma più simili ad Hustler.
Gli interni della Suzuki Hustler sono infatti molto più personali e ispirati, con tre esagoni simmetrici sulla plancia che riprendono il colore della carrozzeria e ospitano in ordine un comodo vano portaoggetti, il sistema infotainment (anche qui assente) e il quadro strumenti analogico-digitale. Comodissima la leva del cambio CVT a fianco del volante, quest’ultimo dotato dei comandi per selezionare le marce “simulate” della trasmisssione e dei comandi per gli ADAS, completissimi sulla “nostra” Hustler. La simmetria della plancia, infine, fa pensare subito a quanto sarebbe facile convertire queste auto con la guida a sinistra…
Parliamo brevemente di meccanica, quasi identica tra le Suzuki Alto e Hustler. Entrambe sono realizzate sulla piattaforma Heartect, pensata per le automobili leggere della Casa giapponese. Dotate di acciai altoresistenziali e di un’attenzione più ricca alla sicurezza, nonché di un peso ridotto di 30 kg rispetto alla precedente, la piattaforma Heartect ha sospensioni McPherson all’anteriore e un classico ponte torcente al posteriore, con trazione anteriore o integrale.
Sotto il cofano, invece, troviamo il tre cilindri R06, propulsore realizzato specificatamente per l’utilizzo sulle kei car. Come tutte le automobili di questa categoria, ha una cilindrata limitata per legge a 660 cm3 (nello specifico siamo a 0.657 litri per la Alto e 0.658 litri per la Hustler), ma non manca di raffinatezze tecniche. Sia la Alto che la Hustler sono infatti dotate di variatore di fase, di catena di distribuzione e, sulle nostre versioni, di un sistema Mild Hybrid. La differenza principale tra la Alto e la Hustler è la presenza del turbocompressore sulla seconda.
La Alto Hybrid aspirata ha infatti 49 CV e 58 Nm di coppia suo motore R06D, mentre il motore elettrico ha una potenza di 2,3 CV e 40 Nm di coppia aggiuntivi. La più “potente” Hustler, invece, arriva al limite di potenza delle kei car, ovvero 64 CV, e 100 Nm di coppia, mentre il motore elettrico ha 3,1 CV e 50 Nm aggiuntivi. Il limite di potenza delle kei car non è però imposto: si tratta di un “gentleman’s agreement” introdotto dall’unione delle Case giapponesi per evitare che si verificasse una “corsa alla potenza” su queste piccole vetture. Il 660 tre cilindri, infatti, potrebbe dare molto di più: sulla Caterham 170, ad esempio, è capace di 85 CV e 116 Nm. Il cambio è sempre un CVT meccanico, automatico a variazione continua, mentre la velocità massima è per entrambe di 140 km/h. Le due versioni provate hanno la trazione anteriore, ma tutte e due sono disponibili anche con la trazione integrale.
Ora le conosciamo bene sulla carta. Le kei car Suzuki sono automobili molto particolari, che rispondono alle esigenze di un Paese così particolare come il Giappone. Provarle, quindi, significa avere un assaggio della cultura nipponica, del modo di viaggiare e di affrontare la vita quotidiana del Sol Levante. Come va su strada una kei car? Ho provato sia la Alto che la Hustler, concentrandomi maggiormente su quest’ultima, curioso di provare il suo 660 turbo da 64 CV. La guida a destra, complice la larghezza davvero ridotta e l’ottima visibilità, non è mai stata un problema, grazie anche al cambio CVT. La posizione di guida particolare e l’inusuale corpo vettura richiedono qualche momento di ambientamento, ma dopo qualche metro ci si accorge di quanto siano facili e leggere da guidare queste vetture.
Ciò che si nota immediatamente è la leggerezza di queste vetture: se la Hustler supera gli 800 kg, la Suzuki Alto ha un peso di soli 700 kg a secco. Per questo, nonostante i soli 49 CV, la piccola Alto ha una buona vivacità, che non la fa mai sembrare sottodimensionata. Certo, magari provandola in autostrada (terreno dove non mi sono spinto in questo breve primo contatto) potrebbe non essere così a suo agio. Grazie al cambio automatico CVT, però, il 660 ha sempre una riserva di potenza adeguata, risultando davvero a suo agio nella guida in città.
Sempre bistrattata, questa trasmissione a variazione continua è praticamente perfetta per un’auto di questo tipo. Fluidissima fin dalla partenza, non strappa e toglie lo stress della gestione del cambio manuale, riuscendo anche a sopperire anche sulla Alto alla inevitabile mancanza di potenza e di coppia di un motore così piccolo. La Hustler, dal canto suo, grazie al turbo è più vivace fin dai bassi regimi, con una buona progressione fino ai 100 km/h. Anche a velocità così “alte”, stupisce la stabilità, ai livelli di una normale citycar, ma soprattutto l’insonorizzazione, che fino ai 100 all’ora è nei canoni di vetture di segmento B moderne.
Lo sterzo è molto leggero e facile da usare, e con un raggio di sterzata davvero ridotto è adatto alla guida negli spazi stretti. Si tratta di un comando piuttosto demoltiplicato, che per effettuare le curve più strette richiede oltre due giri completi. Buona, per la sua categoria, la consistenza dello sterzo. Potenti i freni, complice anche il peso piuma, mentre il sistema ibrido aiuta nelle ripartenze con la sua coppia, mantenendo bassi i consumi. Il computer di bordo di Hustler, infatti, parlava di consumi di circa 16 km/l, mentre la Alto è di oltre 19 km/l. Le sensazioni? Nonostante il cambio CVT, alla guida di una kei car c’è una simpatia e un’allegria contagiosa, complice anche la grande luminosità dell’abitacolo. Ci fossero più auto così…
Arriviamo infine ad una delle caratteristiche più interessanti di queste automobili, il prezzo. Le kei car, infatti, sono economiche non grazie a incentivi statali, bensì costano poco tout-court. Le limitazioni tecniche e dimensionali, infatti, ha permesso alle Case nipponiche di realizzare automobili pensate per il loro utilizzo finale, senza sovra-ingegnerizzarle per renderle adatte ad altri utilizzi. Le kei car sono pensate per l’utilizzo cittadino, e per questo costano poco anche in Giappone.
Nello specifico, la Suzuki Alto è un’automobile molto economica, con un prezzo di partenza er la nostra versione d’accesso L con trazione anteriore di 1.119.800 yen, ovvero 6.905 euro. La Hustler, invece, ha un prezzo nella nostra versione top di gamma con trazione anteriore di 1.683.000 yen, circa 10.400 euro. Ovviamente, questi sono prezzi per il mercato domestico, che non tengono conto dei costi di importazione e di omologazione necessari per queste auto.
Difficilmente una Suzuki Hustler potrebbe arrivare in Italia a 10.000 euro. Aumentando però il prezzo, per esempio, del 30/40%, saremmo a circa 13-14.000 euro, e saremmo di fronte ad un’auto con cambio automatico, omologazione ibrida, ADAS di livello 2 idenitici alla più grande Swift, dal Cruise Control Adattivo al mantenitore di corsia, sistema di infotainment e retrocamera posteriore. Il tutto, con un’estetica originale e un’agilità con ben pochi rivali in città. Oggi, poi, l’auto più economica sul mercato è la Dacia Sandero, che parte da 13.250 euro.
Sulla carta, le kei car non sono mai state così vicine al loro arrivo in Italia. In Giappone, poi, stanno cominciando ad arrivare le kei car elettriche, con circa 180-200 km di autonomia, prezzi e dimensioni contenuti. Automobili simpatiche, furbe e utili, pensate per la città e per un’automobile che, anche con motore termico, inquinano poco e, soprattutto, occupano ben poco spazio. In un mondo dell’auto sempre più grande e con la moda dei SUV ormai inarrestabile, queste piccole auto hanno le sembianze di una boccata d’aria fresca, che speriamo di poter prendere a pieni polmoni presto.
Era il 1974 quando Alcantara fece il suo debutto nell’industria automobilistica con gli interni della…
Negli ultimi anni, la domanda di aggiornamenti per auto di generazioni precedenti è cresciuta significativamente.…
Il Regno Unito conferma lo stop alla vendita di auto a benzina e Diesel entro il 2030, con…
La Kia EV9 GT rappresenta l'allestimento più sportivo del SUV coreano a 7 posti, che…
In un panorama di grande incertezza per il futuro dell’auto, le case automobilistiche stanno sempre…
Il nuovo Codice della Strada 2024, in vigore fra qualche settimana (serve la pubblicazione in…