L’Italia chiude il 2024 con 119,1 g/km di CO2, un’onta che ci colloca in Europa come quel compagno di classe che copia male e prende pure 4. Intanto, Bruxelles ci ricorda che l’obiettivo 2025 è di 93,6 g/km, un Everest per un Paese che arranca sulle Alpi del buon senso. Andrea Cardinali, direttore di Unrae, in una recente intervista a Quattroruote è stato lapidario: senza certezze rapide dalla Commissione Europea, “si rischia una catastrofe industriale e occupazionale”. Tradotto: o si decide, o salta il banco definitivamente.
Le multe? Arriveranno nel 2026, ma l’industria non aspetta: le Case auto, per evitare stangate pesantissime, ridurranno la produzione di auto endotermiche di almeno 2,5 milioni di unità, con decine di migliaia di lavoratori parcheggiati in cassa integrazione. Alternativa? Alzare i prezzi, svuotare i concessionari e riempire le piazze di proteste. E Bruxelles? Convoca il “Dialogo strategico sull’industria automobilistica europea”. Una sorta di “Tavolo automotive” con 27 Paesi, un summit che potrebbe rivelarsi “solo un diversivo”(cit. Cardinali). In attesa di decisioni, il mercato auto 2025 parte già avvitato in una spirale negativa: meno auto vendute, meno Iva, meno lavoro per l’indotto, meno tutto.
La transizione ecologica è nobile, ma senza un piano concreto rischia di trasformarsi in una transizione alla disoccupazione per tutta l’Europa. Chissà se a Bruxelles capiranno che non si può spegnere il motore senza prima accendere le idee delle alternative.