Per i primi 30 anni della sua storia, la gamma Porsche è stata sostanzialmente basta su un solo modello. Prima la 356, che nel 1948 è stata l’auto con cui è iniziata la storia della Cavallina di Stoccarda, e poi la 911, che nel 1963 ne ha raccolto il testimone e la cui saga continua ancora oggi. Due capisaldi della produzione di Zuffenhausen tra i quali due nomi non possono passare in secondo piano: la 550 Spyder e la 718.
Si tratta sostanzialmente di due modelli da corsa, che nulla o quasi hanno a che fare con le due coupé con motore posteriore a sbalzo. Qui il motore è centrale, come si conviene ad un mezzo pensato esclusivamente per la pista. La 718 è sostanzialmente l’evoluzione della 550, ma è quest’ultima a essere più famosa, sia per i risultati sportivi ma soprattutto per essere stata l’auto preferita di James Dean e quella con cui morì il 30 settembre del 1955. Lui la chiamava “Little Bastard”…
Un soprannome, che suona malvagio, ma che all’epoca spiegava bene il carattere della vettura e che va ricondotto a un’epoca e al mercato americano degli anni Cinquanta, dove l’auto più piccola era lunga 5 metri, pesava due tonnellate ed era agile come un elefante. Pensate, dunque, che cosa potesse voler dire guidare una barchetta come la 550 Spyder, lunga appena 3,7 metri, larga 1,5 e alta 98 centimetri; senza contare la massa complessiva di poco inferiore ai 600 kg. Praticamente, agli occhi di un americano medio del Dopoguerra, un’auto giocattolo da dare ai figli in giardino.
Peccato che sotto il minuto cofano posteriore ci fosse un motore da 135 CV, una potenza che in quegli anni negli Stati Uniti si raggiungeva con un V8 da 5 litri, mentre alla piccola Porsche bastava un 1.5 boxer 4 cilindri. Questo “flat four” è un’opera darte ingegneristica, noto come il “Fuhrmann engine”, dal nome dell’ingegnere che l’ha progettato, l’austriaco Ernst Fuhrmann che sarebbe poi diventato il Presidente della Porsche AG dal 1972 al 1980.
La sua peculiarità era quella di avere quattro alberi a camme in testa, due per bancata. Un bel rischio considerando il raffreddamento ad aria. Il suo sistema di distribuzione era molto complesso e prevedeva nove alberi, quattordici coppie coniche e due cilindriche. Ci volevano 220 ore per produrlo, ma il risultato di tutta questa fatica era la possibilità di superare in scioltezza i 7.000 giri. Ad alimentarlo c’erano due carburatori doppio corpo Solex e l’unico sistema di raffreddamento era una ventola doppia posta sopra il motore. La potenza variava dai 70 ai 180 CV, a seconda del regime di rotazione massimo e delle versioni, ma la più diffusa era quella da 115 CV delle vetture “clienti”.
Il telaio della Porsche 550 Spyder è a traliccio di tubi di acciaio, con i due principali lungitudinali uniti da traverse trasversali più piccoli, mentre il disegno della carrozzeria fu studiato nella galleria del vento dell’Università di Stoccarda. Le sospensioni erano indipendenti sulle quattro ruote, con i bracci oscillanti, mentre l’impianto frenante era a tamburo. Non si conosce il numero di preciso di esemplari prodotti, ma siamo nell’ordine del centinaio. Oggi una Porsche 550 Spyder vale almeno 5 milioni di euro. Facendo due calcoli…
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