Pierre Gasly, un pilota sull’orlo del precipizio e, in questo momento, sul tetto del mondo. Un ottovolante di emozioni che, tra 2018 e 2019, lo ha visto promosso in prima squadra, così si direbbe in gergo calcistico, per poi essere retrocesso nel team satellite con conseguente crisi psicologica.
Dopo lo shock iniziale, uno di quei colpi capaci di affossare una carriera (chiedere all’altro lato del box, quello di Dani Kvyat), il nostro non si butta giù e piazza uno di quei garoni che gli regala un secondo posto in un’altra gara pazza, a Interlagos 2019, e i titoli dei giornali.
Nel frattempo, nel suo primo Gran Premio di ritorno nel box Toro Rosso, poi diventata Alpha Tauri, brand d’abbigliamento della galassia Red Bull, capita un altro di quei colpi che in un momento già non facilissimo potrebbe buttarti giù. A Spa, in un tragico incidente nella serie cadetta, muore Antoine Hubert, giovane francese di belle speranze molto amico sia di Pierre Gasly sia di Charles Leclerc, che il giorno dopo gli dedica la prima vittoria della carriera.
Da lì in poi, inizia la risalita. Arriva il famoso podio brasiliano, arriva il 2020 e arriva il Covid-19, con un’Alpha Tauri AT01 che mai si sarebbe immaginata bagnata dallo champagne sotto il podio sospeso di Monza pochi mesi dopo, tanto che nei test non brilla particolarmente.
Gasly, intanto, cresce, sotterra il compagno di squadra di russa provenienza e in tanti lo rivogliono sulla Red Bull al posto del pilota che pochi mesi prima lo sostituì, quell’Alex Albon in apparente crisi. Il pilota di Rouen, classe 1996, piazza una serie di arrivi a punti regalando ossigeno puro alle casse del piccolo team, sì sostenuto da Red Bull, ma sempre a Faenza là dove una volta sorgeva la Minardi, diventata Toro Rosso nel 2006.
Prima però, c’è da tenere in ballo l’ingresso nell’orbita Red Bull datato 2014, il titolo GP2, contro un certo Antonio Giovinazzi, nel 2016, e poi il debutto in Super Formula giapponese con il debutto, quasi improvviso, a fine 2017, nella massima serie. Nel frattempo, l’anno in Toro Rosso, con quel 4° posto in Bahrain, e la promozione in Red Bull, di cui già parlavamo.
Arriviamo a Monza, una gara pazza come Interlagos ma che il francesino ha saputo cogliere a suo vantaggio grazie a quelle occasioni, come successe a Olivier Panis, l’altro francese, prima di lui, a vincere in F1, a Monaco 1996. Gare imprevedibili che ti regalano le occasioni della vita, come tante volte è capitato nella storia di questo sport (ricordate Maldonano in Spagna 2012? Gli esempi non mancano).
Vince la Francia ma vince anche l’Italia (nonostante la proprietà, ma parliamo anche della residenza milanese del giovane pilota) e per il secondo anno consecutivo è suonato l’Inno di Mameli. Di questo dobbiamo andare tutti orgogliosi, anche quando non vince la Ferrari.
Bravo Pierre, brava Alpha Tauri. Ve lo siete meritato!