Dici Mini Cooper e pensi subito a quella Mini in grado di regalare sorrisi sul viso senza, per questo, far piangere il portafoglio. Dici Cooper SD e pensi: quanto l’efficienza di un motore Diesel da applausi avrà penalizzato il proverbiale divertimento che si vive ogni volta che ci si mette alla guida di una Mini, tralasciando l’ormai abusata definizione di go-kart feeling? La risposta, la trovate nelle righe qui sotto.
L’esemplare in prova è figlio del recente restyling presentato al Salone di Ginevra 2018 che ha fortemente puntato tutto sul suo DNA britannico, almeno esteticamente. È quindi ora di scoprire com’è e come va la Mini Cooper SD 5 porte spinta dal suo 2.0 da 170 CV rigorosamente a gasolio, il vertice della gamma Diesel del brand britannico.
Impossibile non rimanere subito attratti dalle novità introdotte dal recente restyling cui accennavamo. Si tratta di modifiche di carattere prettamente estetico che non hanno per niente snaturato il carattere sempre allegro e vivace della vettura. Per una volta, quindi, partiamo dal posteriore, dove le luci Full LED hanno assunto la forma della bandiera inglese, la famosa Union Jack. Una novità alquanto d’effetto che nessun brand britannico aveva mai lontanamente pensato di introdurre e va un plauso a Mini per aver osato in un’epoca, nella quale, la firma luminosa è forse l’aspetto più caratterizzante di una vettura. Nuovi sono anche i loghi, mentre il DNA british è ripreso all’interno grazie alla personalizzazione Mini Yours che riprende la trama dell’Union Jack davanti al sedile del passeggero con un affascinante gioco di luci regolabili dal menu (290 euro a richiesta).
L’auto che vedete nella nostra gallery è in vernice Emerald Grey (550 euro) con le immancabili Bonnet Stripes nere (115 euro), mentre gli aggressivi cerchi da 18” fanno parte del pacchetto John Cooper Works (+3.300 euro) ma sono in optional ugualmente a 510 euro. Mi piace molto il design circolare delle luci diurne Full LED che si commutano con gli indicatori di direzione mentre quella S sulla calandra, comune a Cooper S e SD, è sinonimo di un paraurti dal design molto racing. Una caratteristica sulla quale tornerò a breve sono invece le scarse dimensioni delle porte posteriori che già si evincono in linea laterale.
Sempre molto d’effetto il tappo del serbatoio cromato, sta bene sempre con qualsiasi tinta di carrozzeria anche se per alcuni potrebbe sembrare pacchiano, mentre è una gradita conferma il doppio scarico centrale: ha sempre un suo motivatissimo perché. Piace, prima di volgere uno sguardo agli interni, lo spoiler posteriore, profilato per adattarsi alla perfezione alle linee pepate della vettura.
Salendo a bordo la qualità percepibile è veramente alta, della serie che la prima sensazione è quella di aver speso bene i propri soldi. Belli, sportivi e dinamici i sedili in pelle Lounge Carbon Black, davvero un must (si pagano 1.150 euro) mentre il volante si avvale delle modifiche proprie del pacchetto John Cooper Works con le belle impunture rosse, mentre la sua firma è presente anche sul battitacco e nel logo dei cerchi. Se il LED Ring è di serie con l’allestimento Hype (sempre e comunque disattivabile dal menu) non manca sulla versione in prova il comando delle modalità di guida: non sono in una posizione felice da raggiungere (due levette a destra del comando per avviare la vettura) mentre si è impegnati al volante, anche se, sulla Mini, tutto è a misura di mano.
Non scopriamo invece oggi che l’accesso al divanetto posteriore è reso ostile dalla dimensione stessa , molto ridotte, delle porte. Inoltre, il quinto posto è inutilizzabile causa porta bevande centrale e i centimetri in più per le gambe, rispetto alla tre porte, sono solo cinque, troppo pochi. Comoda, invece, la seduta, specie con la selleria in pelle in optional. Auto per famiglie? Non diremmo, anche perché si può sempre optare per la più voluminosa Countryman. Se la Clubman è, notoriamente, la più lunga rimanendo sulla gamma “bassa” di Mini, con i suoi 4,25 metri e 360 litri di bagagliaio, la Mini 5 porte si posiziona giustamente a metà con la ultra compatta tre porte, con 3,98/4,01 metri (a seconda delle versioni) e 278 litri di capacità posteriore. A divanetti abbassati, rispettivamente, 941 per la 5 porte e un più rassicurante 1.250 per la Clubman.
In abitacolo compaiono l’ottimo head up display a 615 euro (utilissima la funzione richiamabile dal volante per cambiare stazione radio, dove la DAB si paga a parte, grazie al quale lo sguardo rimane sempre concentrato sulla strada), la sempre ottima radio Mini Visual Boost con Connected Services e l’impianto audio Harman Kardon: quest’ultimo aggiunge 800 euro al totale.
Chiamiamola pure un giocattolino per adulti mai troppo cresciuti o, che poi è la stessa cosa, papà a cui piace viziarsi un po’. Questa, d’altronde, è la vera forza del brand britannico.
Partiamo da quel gioiellino che è il cambio automatico Steptronic 8 rapporti, di scuola BMW e di serie su tutte le SD. Da solo, rende l’auto molto piacevole guidabile grazie alla sua “prontezza di riflessi” e alle notevoli capacità di allungo che garantiscono gli otto rapporti abbinati ai 170 CV del 2.0 quattro cilindri con quei 360 Nm disponibili praticamente subito, già a 1.500 giri.
Sensazioni che non sono da auto sportiva, se con sportiva intendiamo quella categoria dove l’accelerazione comporta quel piacevole fenomeno fisico che vede il vostro corpo cercare di diventare parte comune con il sedile che cerca di sostenervi, ma la Cooper SD non si può certo definire auto poco sveglia. Come tutti i Diesel, dicevamo, notevole è la capacità di ripresa anche con le marce più alte.
Lo 0 a 100 km/h è comunque più che discreto e, come vedremo tra poco, ha poco da invidiare a quello di una più cavallata Cooper S. Si può agire sul divertimento grazie alle tre modalità di guida che non sono più alla base del cambio ma si selezionano tramite una non troppo comoda levetta posta al di sotto dei comandi del clima. Modalità di guida che aiutano più che altro a risparmiare qualcosa sui consumi, già molto buoni e che permettono di avere una risposta più pronta del volante in Sport, con la grafica dedicata che compare sullo schermo centrale e fa capire che, quando vuole, questa Mini Cooper SD sa anche andare veloce. Difficile, poi, incappare nel sottosterzo nonostante la trazione anteriore, segno dell’ottimo lavoro svolto sul telaio e del proverbiale go-kart feeling che rende l’auto molto piatta e poco incline rollio e beccheggio. Non è più il go-kart feeling di una volta, ma ci accontentiamo.
Macchina spacca schiena? Nì, nel senso che per premiare l’inserimento e quell’assetto piatto di cui sopra, le molle e le sospensioni non sono certo tarate per viaggiare sul velluto. Tra le curve, però, i sorrisi sono assicurati a scapito di consumi tutto sommato molto buoni.
Nel corso di tutta la nostra prova (come sempre un mix tra urbano, extraurbano e misto nelle tre modalità Eco, Mid, Sport) non abbiamo mai superato i 6,2 l/100 km di media. Dato davvero promettente per chi cerca un’auto che sappia far divertire ma, anche, consumare poco visto comunque che si sfiorano i 200 CV. Altra nota di merito per il volante, sempre molto preciso ma morbido in città e capace di far svoltare la vettura nel proverbiale fazzoletto: i 4 metri scarsi di certo aiutano, ma la demoltiplicazione aiuta allo stesso modo.
Dal punto di vista della sicurezza, serve un esborso di 500 euro per i Driving Assistant, così come li chiama Mini nel suo configuratore: grazie a una telecamera sul parabrezza sono inclusi il Forward Collision Warning (prevenzione del tamponamento tramite segnale visivo, acustico, pre-attivazione dei freni e frenata automatica in caso di emergenza), Pedestrian Collision Warning (prevenzione dell’investimento dei pedoni), Traffic Sign Recognition (riconoscimento dei cartelli stradali indicanti limiti di velocità e divieti di sorpasso), e High Beam Assistant (controllo automatico dei fari abbaglianti). Nella versione Hype è invece incluso il cruise control con funzione freno utilissimo per i lunghi viaggi autostradali.
Direte voi, con il benzina ci si diverte di più. In parte vero, ma la sostanza, per usare una parola appropriata, è parte intrinseca di questo bel motore da 170 CV che ha tutto quello che serve per far divertire soprattutto senza fermarsi troppo spesso alla pompa di benzina. Ok, il sound è quello che è, ma vogliamo confrontare i dati, senza contare la solita “solfa” del se fai pochi chilometri meglio il benzina?
La trazione è anteriore per entrambe, mentre i cavalli sono a vantaggio della Cooper S, 190 contro 170. Sulla coppia, invece, vince la SD: 360 Nm a 1.500 giri contro i 300 Nm a 1.350 della Cooper S; si sa, però, che sulla coppia i Diesel non si battono. Velocità massima e 0-100 km/h? 235 km/h e 6,9 secondi della Cooper S contro i 223 km/h e 7,3 secondi della Cooper SD. Leggendo questi dati, la Cooper S regala più emozioni, sulla carta, mentre a livello di consumi il Diesel vince sempre (dichiarato 6,5 l/100 km di Cooper S contro 4,5 l/100 km di Cooper SD). Sta a voi scegliere tra portafoglio e cuore che batte più forte.
Per quanto riguarda i prezzi, invece, il prossimo capitolo risolverà i vostri dubbi.
Il listino della Mini Cooper SD, cinque porte, parte da 30.850 euro (contro i 28.100 euro della Cooper S, per chiudere la questione), prezzo che scende a 22.850 euro (- 8.000) per il motore d’ingresso della gamma Diesel One D da 95 CV. 5.700 euro ballano invece tra una Cooper SD e una Cooper D, sempre 5 porte. Peccato per il prezzo degli optional, sempre la variabile con la quale è veramente troppo facile superare con destrezza prezzi ben lontani su altre tipologie di auto. Se alcuni optional possono apparire veramente superflui, è innegabile che la qualità, e non lo scopriamo oggi, si paga.
La versione da noi provata, nel già abbastanza ricco allestimento Hype (da 33.950 euro) ha comunque raggiunto la cifra di 41.600 euro a causa della dotazione a richiesta che vi abbiamo narrato. Tanti, pochi? Considerando che l’auto è lunga “solo” quattro metri e lo spazio è quello che è, possono sembrare tanti ma non è detto che lo siano, non per tutti almeno. Cara, questa Mini Cooper SD 5 porte, lo è oggettivamente e questo non è un sicuramente un punto a suo favore, specie considerando la troppo folta, e non certo economica, lista degli optional.
Tra le rivali conclamate, almeno per quanto riguarda potenze e range di prezzo, basta cercare nel segmento segmento C, peccato che a livello di dimensioni sarebbe il caso di scendere di un segmento. A titolo di paragone, una Renault Clio è addirittura di qualche centimetro più lunga ma non arriva a tali livelli di potenze (e ovviamente di prezzo). Giocando tra le B che puntano al premium, potremmo eleggere la nuova Audi A1 Sportback come sua degna rivale: cresce di dimensioni rispetto alla precedente generazione, offre le cinque porte, ma non ha, per ora, motori Diesel in gamma. Il 1.0 TFSI da 116 CV con cambio S Tronic parte da 24.350 euro per arrivare ai 28.300 della S Line Edition.
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