E’ dal 2012 che nessun motore Wankel viene più assemblato nelle linee produttive di Hiroshima, da quando Mazda ha messo fine alla produzione della RX-8. Chiunque sia appassionato di motori spera di tornare ad ascoltare presto un rotativo ruggire come solo lui sa fare, ma intanto consoliamoci ricordando un po’ di storia, quella della mitica Mazda RX-7, un’auto che ha attraversato quasi un quarto di secolo – 1978-2002 – in tre diverse generazioni.
Se pensate che l’aggettivo “mitico” sia troppo, ricordate che la RX-7 è stata l’unica auto al mondo a usare il motore Wankel in modo efficace e affidabile. Ma prima di parlare della vettura, ricordiamoci per un attimo come funziona questo tipo di propulsore (qui il nostro approfondimento sul motore Wankel): il principio di base è che non ci sono pistoni singoli con un moto rettilineo, ma un solo pistone a tre lobi che si muove in modo rotatorio all’interno di una camera toroidale.
Questo movimento crea le fasi di aspirazione, compressione, scoppio e scarico, configurando un motore composto da poche parti che si muovono e che rendono il “meccanismo” semplice, oltre a combinare doti di leggerezza e potenza.
Porta il nome dell’ingegnere tedesco che lo ha inventato – Felix Wankel – mentre i difetti sono quelli noti: consumi elevati, lubrificazione complessa e, soprattutto, un alto livello di idrocarburi incombusti. In altre parole, allo stadio attuale dello sviluppo il Wankel inquina troppo.
Veniamo alla Mazda RX-7, simbolo del “Wankel”
Con la RX-7, ad ogni modo, questi problemi non c’erano e la prima generazione aveva un motore rotativo anteriore da 1,2 litri capace di erogare 102 CV, la trazione posteriore e una carrozzeria che in un certo senso la faceva somigliare alla Porsche 924. Nel 1985 il motore sale a 1,3 litri e 137 CV e l’auto ottiene globalmente molto successo, con ben 474.565 esemplari prodotti. La seconda generazione arriva nel 1986 e l’ispirazione questa volta arriva dalla Porsche 944.
Il motore è disponibile in due versioni, aspirata da 146 CV e turbocompressa da 185 CV, potenze che nel 1989 salgono già a 160 e 250 CV, grazie all’alleggerimento del rotore e all’aumento del rapporto di compressione.
La seconda generazione viene sostituita nel 1991, dopo 272.027 esemplari prodotti. La generazione numero tre deve sfidare concorrenti come Honda NS-X, Nissan 300ZX, Toyota Supra, Mitsubishi 3000GT e Subaru SVX. Per questo il motore sale fino a 255 CV (diventati poi 265) grazie a due turbine sequenziali Hitachi.
Stavolta lo stile è molto più originale e il livello di prestazioni ha reso la RX-7 quasi una piccola supercar. Ne vengono realizzate molte serie speciali: la Type RS da 280 CV, con sospensioni Bilstein e cerchi BBS e 1.280 kg di peso; la Type RZ con interni rossi, ABS sportivo e 1.270 kg di peso; e poi ci sono le varie Spirit R, SP e Bathurst R. La RX-7 chiude la propria carriera nel 2002 a quota 68.589 vetture prodotte.
Stante una certa diffusione, le quotazioni sono piuttosto basse. Comprarne una oggi vuol dire spendere tra i 5.000 e i 20.000 euro a seconda delle generazioni, con le più recenti che costano di più. Bisogna fare attenzione però, perché molte di queste sono anche pesantemente elaborate.