Anche se ci sono almeno tre costruttori che si auto-assegnano la paternità del primo SUV della storia, è certo che nei primi anni Ottanta l’unica cosa che potesse vagamente avvicinare questo concetto era la Range Rover. Ma si trattava comunque di un’auto pensata principalmente per il fuoristrada e poi ingentilita. La Lamborghini LM002, invece, no.
Lei era completamente fuori agli schemi e probabilmente non aveva nemmeno alcun senso logico. Ma noi appassionati la amiamo esattamente per questo. A inizio anni Settanta a Sant’Agata Bolognese le cose non andavano particolarmente bene. Il fondatore Ferruccio Lamborghini se n’era andato da poco lasciando tutto in mano agli svizzeri, che pensarono bene di partecipare a un bando di gara indetto dall’esercito americano, da cui scaturì il prototipo Cheetah. L’avventura oltreoceano finì male: il bando fu assegnato dalla Humvee cioè la progenitrice dell’Hummer, ma da quel progetto derivarono prima la LM001 e poi la LM002, la cui versione definitiva fu presentata al Salone di Bruxelles nel 1986.
Il suo pezzo forte era il V12 derivato da quello della Countach Quattrovalvole che in questa versione aveva una cilindrata di 5.167 cc e 450 CV a 6.800 giri/min. Numeri completamente folli, accompagnati da una scheda tecnica da vera fuoristrada: la trazione era posteriore, con quella integrale inseribile così come le ridotte.
In configurazione “hard”, la LM002 poteva affrontare pendenze fino al 120%. Le dimensioni, tuttavia, la rendevando più adatta a scalare le dune del deserto che qualsiasi strada montana e il peso era un limite, perché nonostante la carrozzeria in alluminio e fibra di vetro, la massa superava di slancio le 2,6 tonnellate. Ma questo non conta, visto che con i suoi quasi 220 km/h di punta massima, la LM002 è stata per molto tempo la fuoristrada più veloce del mondo, nonostante un’aerodinamica terribile. Continuando coi numeri, per scattare da 0 a 100 km/h “bastavano” circa 8 secondi e e i consumi erano nell’ordine dei 3-4 chilometri con un litro, ovviamente senza esagerare.
Pirelli aveva sviluppato dei pneumatici apposta per lei, gli Scorpion, che permettevano di affrontare superfici morbide come la sabbia. Inoltre, offrivano un’ottima resistenza nei climi caldi, per cui la Lamborghini era effettivamente progettata: il vano posteriore con le protezioni dal calore per non far evapoare le scorte d’acqua non era una casualità.
Anche il processo produttivo era peculiare visto che le carrozzerie venivano realizzate a Bilbao, poi gli elementi semi-assemblati arrivavano a Sant’Agata Bolognese per essere completati con motore, componenti meccaniche e finiture. Il tocco finale era dato dai lussuosi interni, realizzati sulla base delle specifiche esigenze dei clienti, che nei sei anni di produzione (1986-1992) sono stati trecento. Ovviamente usare questa vettura in fuoristrada è una cosa da pazzi, soprattutto per le dimensioni, ma fa parte del suo fascino.
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