A volte anche nell’industria automobilistica qualcuno fa il passo più lungo della gamba e la storia cambia di conseguenza. La vicenda della Jaguar XJ220 è proprio un perfetto esempio di aspettative non mantenute.
È la fine degli anni Ottanta e nel panorama delle supercar sono sostanzialmente due le auto che comandano, la Ferrari F40 e la Porsche 959. Ci sarebbe anche la Lamborghini Countach che però ormai è giunta alla fine della sua lunga carriera.
Dalla Gran Bretagna buio pesto. Ma qualcosa bolliva in pentola alla Jaguar, anche se non ufficialmente. Un gruppo di appassionati dipendenti, infatti, si riuniva il sabato per portare avanti progetti autonomi, uno dei quali sarebbe poi diventato la Jaguar XJ220, dopo essere stato deliberato ufficialmente nel 1987. Una berlinetta due posti a motore centrale capace di superare le 220 miglia orarie, ovvero andare oltre il 350 km/h.
Il primo prototipo fu mostrato al British Motor Show del 1988, dichiarando che sotto il cofano ci sarebbe stato un bel motore V12 aspirato realizzato dalla TWR.
L’accoglienza fu entusiastica, tanto da parte degli addetti ai lavori quanto da parte del grande pubblico. Inoltre, le prenotazioni fioccarono subito, tanto che arrivarono a oltre 1.400 in breve tempo. La versione di serie fu pronta per il Salone di Tokyo nell’ottobre 1991.
Ma era assai diversa dalla concept, non tanto nell’estetica, quanto nella meccanica. Sotto il lungo cofano posteriore, anziché il 12 cilindri da 6.2 litri e 500 CV, c’era un ben meno nobile V6 biturbo, derivato da quello della Austin Metro Gruppo B da rally.
Il V12 era stato giudicato troppo difficile e costoso da realizzare; inoltre sarebbe stato troppo grande e troppo pesante, senza riuscire ad avere la potenza dichiarata rispettando allo stesso tempo le norme antinquinamento. Inoltre, la Jaguar XJ220 definitiva non era più a trazione integrale come il prototipo, ma semplicemente a due ruote motrici.
Avendo visto le proprie aspettative deluse, la maggior parte delle 1.400 persone che avevano pagato 50.000 sterline di anticipo, le vollero indietro e l’auto nacque subito sotto una cattiva stella, tanto che la produzione totale non raggiunse mai le 350 unità previste.
Il problema era prettamente di immagine, perché le prestazioni erano più che consistenti: il 3.5 V6 biturbo erogava 550 CV a 7.000 giri e 645 Nm a 4.500, ma come tutti i motori sovralimentati non poteva certo competere in sound con un plurifrazionato. In aggiunta, il turbo lag era piuttosto evidente e rendeva l’auto poco sfruttabile su strada. In pista, invece, la Jaguar XJ220 faceva faville.
Nel 1992 il record di velocità per una vettura di serie, a 349 km/h, ma il primato durò solo un anno, visto che nel 1993, la McLaren F1 lo spostò a 372 km/h (in seguito il record ufficiale fu 386.7 km/h – 240.3 mph). Il suo tempo di 7 minuti, 46 secondi e 36 decimi al Nurburgring, invece, resistette fino al 2000 prima di cedere il passo alla nuova generazione di supercar.
Oggi la Jaguar XJ220 è un’auto molto rara visto che ne sono state prodotte solo 281, ma ,nonostante questo, le sue quotazioni non superano i 300.000-400.000 euro, una cifra irrisoria se paragonata a quella delle sue concorrenti dell’epoca.
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