Personalizzazione insolita per una Fiat Panda diventata virale su internet. Dagli anni ’80 ad oggi, la Fiat Panda è un’automobile decisamente iconica per il mondo dell’automobilismo, a prescindere dai cambiamenti e dalle varie modifiche ed evoluzioni che l’hanno interessata in circa quarant’anni. Parliamo di un’utilitaria che identifica al meglio il brand Fiat e che è conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo per versatilità, comodità ed utilità.
Ma c’è un esemplare di Fiat Panda che ha fatto molto parlare di sé negli ultimi giorni. Bisogna spostarsi in Giappone per localizzare l’accaduto, precisamente a Tokyo, dove una Panda è stata personalizzata dal suo nipponico proprietario con delle modifiche (solamente estetiche) dei Carabinieri.
È palese che si tratti di una riproduzione tutt’altro che fedele a quella in dotazione alle Forze dell’Ordine, sono quindi diversi gli “errori” come il blu molto più chiaro, il font che porta la scritta “Carabinieri” è simile ma non esatto, la guida non è a sinistra ma a destra e sul cofano manca del tutto la scritta della Forza Armata in questione.
Una signora che guida una panda
— フラ -pesceriso- (@pesceriso) October 29, 2021
con la livrea dell'arma
all'incrocio di Roppongi,
centro di Tokyo.
Con oggi le cose strane da vedere nella vita sono una di meno.#nsf #ultragiappone pic.twitter.com/jRhL6ouwtA
Di conseguenza, la Fiat Panda di Tokyo non viaggiava in Italia con la livrea dei Carabinieri, per poi essere trasferita in Giappone, anzi, l’auto è stata prodotta direttamente lì.
Oltrepassando sulla personalizzazione decisamente inaspettata, in Italia compiere qualcosa di simile è proibito ed a regolamentare il tutto non è il Codice della Strada, bensì il Codice Penale. L’articolo 497 ter. punisce chi illecitamente detiene segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai Corpi di polizia, ovvero oggetti o documenti che ne simulano la funzione. E punisce chi illecitamente fabbrica o comunque forma gli oggetti ed i documenti, od illecitamente ne fa uso. La sanzione prevede da 2 a 5 anni di galera.
Autore: Angelo Petrucci
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