Storiche

De Tomaso Pantera, la supercar emiliana abbandonata dagli americani

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Innocenti, Maserati, Benelli, Moto Guzzi, Ghia e Vignale. Sono queste le aziende più famose che l’imprenditore ed ex-pilota Alejandro De Tomaso ha guidato nel corso della sua carriera. Inoltre, ovviamente c’è quella che portava il suo stesso nome, fondata nel 1959 e fallita nei primi anni 2000, senza considerare le tristi e inutili operazioni successive.

Di tutti i modelli marchiati dall’italo-argentino usciti in mezzo secolo di storia, quello più famoso è senza dubbio la De Tomaso Pantera, una supercar a motore centrale arrivata sul mercato nel 1971 per fare concorrenza alle varie Ferrari, Lamborghini e Maserati. L’auto, in realtà, era nata per volere della Ford che da un lato voleva sfruttare l’onda lunga dei successi ottenuti a Le Mans con la GT 40 e dall’altro voleva una vettura da contrappore alla Chevrolet Corvette. A Dearborn, però, decisero di affidare la realizzazione e la produzione di questa sportiva all’esterno, impegnandosi solo a fornire il motore, che poi è lo stesso della Mustang.

La prima Pantera, prodotta nel 1971

La De Tomaso Pantera viene affidata a un certo Giampaolo Dallara, mentre il design è firmato da Tom Tjarda – papà anche delle Fiat 124 Spider e Croma, della Y10 e della Thema – che definisce una linea a cuneo molto all’avanguardia per l’epoca. Il telaio non è a traliccio come su molte supercar anni Sessanta/Settanta ma monoscocca, una soluzione scelta per contenere i costi e garantire buoni numeri di produzione. Le sospensioni sono indipendenti a triangoli sovrapposti, i freni a disco autoventilanti e il cambio manuale a 5 marce della ZF è collegato con un differenziale autobloccante. Il 5,8 litri V8 della serie Cleveland non è raffinato come i plurifrazionati emiliani, ma tira fuori comunque 350 CV di potenza ed è molto solido, dunque molto facile da elaborare. Le prestazioni, in ogni caso, sono buone già in partenza, con una velocità massima superiore ai 250 km/h e l’accelerazione da 0 a 100 km/h conclusa in circa 5,5 secondi.

I problemi della Pantera sono piuttosto di qualità, a livello di assemblaggi e materiali. L’auto viene inizialmente prodotta nello stabilimento della carrozzeria Vignale, poi dopo i primi 382 esemplari viene spostato tutto a Modena, con l’intento di spendere meno e migliorare le finiture. Il mercato, in ogni caso, apprezza la berlinetta De Tomaso Pantera, tanto che tra il 1971 e il 1974 ne vengono venduti circa 5.500 esemplari. Ma la crisi petrolifera del 1973, unitamente alle nuove norme che rendevano più difficile omologare l’auto negli Stati Uniti, portarono la Ford a chiamarsi fuori dal progetto proprio nel 1974.

La Pantera Gr.3, prodotta dal 1980 al 1984

De Tomaso, però, continuò da solo anche perché la Pantera era piuttosto richiesta anche per l’utilizzo sportivo nel Mondiale Marche. Ovviamente senza l’esportazione in America curata direttamente dalla Ford attraverso l’ormai defunto marchio Mercury, i numeri scesero drasticamente. La Pantera fu comunque evoluta in varie versioni e costruita fino al 1991, in poco meno di altre 2.000 unità. Oggi per averne una bisogna sborsare almeno 100.000 euro.

La più cattiva Pantera, la GT5-S, dal 1984 al 1990

Oggi De Tomaso ci riprova (un’azienda cinese ha rilevato la storica azienda), con la presentazione della P72, un nuovo gioiello visto per la prima volta al Festival of Speed di Goodwood.

Alessandro Vai

Le auto e i motori, una passione diventata una ragione di vita. Volevo fare il pilota ma poi ho studiato marketing e ora il mio mestiere è scrivere

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Alessandro Vai

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