Cos’è e a cosa serve la coppia motrice di un’auto? Quanta ne basta per muovere una vettura o per regalare del piacere di guida? In questo articolo rispondiamo alle vostre domande.
Quando si parla di motori, la tradizione vuole che, in genere, vengano snocciolati una serie infinita di dati, i più importanti sono quelli relativi alla coppia motrice e alla potenza massima del mezzo.
L’importanza di questi riferimenti è fondamentale per avere un quadro generale delle prestazioni che un motore può esprimere.
La coppia motrice è la capacità del propulsore di compiere uno sforzo, ossia il suo “vigore”. Essa si calcola moltiplicando la forza che agisce sul pistone per la lunghezza del braccio della manovella dell’albero a gomiti. Immaginiamo che la forza applicata sia pari a 100 Newton e che la lunghezza del braccio sia pari ad 1 metro: in questo caso la coppia motrice sarebbe uguale a 100 Newtonmetri (Nm). È bene ricordare che la forza che agisce sul pistone può essere espressa anche in chilogrammi e che un chilogrammo equivale a circa 10 Newton (9,81 per la precisione); pertanto affermare che un motore ha una coppia di 100 Nm è lo stesso che dire che ne ha una di circa 10 Chilogrammetri (Kgm).
La potenza è la capacità del propulsore di svolgere un lavoro diviso il tempo impiegato per compierlo. Essa si esprime in kilowatt oppure in cavalli vapore (1 kW = 1,36 CV) e si calcola moltiplicando la coppia per il numero di giri al quale essa si ottiene. Immaginiamo che la coppia sia pari a 300 Nm e che venga sviluppata a 3000 giri: in questo caso la potenza, espressa in kw sarà uguale a (300*3000) : 9550, dove 9550 è il numero fisso; il risultato sarà che a 3000 g/min la potenza erogata da questo propulsore è di 94 kW o 128 CV.
Quindi la definizione di potenza è molto simile a quella di coppia, però vi si aggiunge un altro elemento, ossia il tempo; infatti due motori potrebbero avere lo stesso valore di coppia, ma uno di essi potrebbe raggiungerlo ad un numero di giri più elevato, in questo caso si direbbe che quest’ultimo motore ha una potenza massima maggiore. In genere un motore dotato di grande coppia non raggiunge alti regimi di rotazione, come nel caso dei motori da camion, mentre uno più potente, pur non esprimendo lo stesso vigore (coppia), riesce a girare più velocemente (le motociclette) e, quindi, ad avere più kW (o più cavalli).
Ecco spiegato perché, nell’affrontare una salita, alcuni motori, pur avendo tanti cavalli, richiedono la scalata mentre altri, dotati di maggiore coppia, non necessitano del rapporto inferiore.
Si noti che il motore più “vigoroso” non è quello che ha il valore di coppia massima più elevato, ma quello che riesce a mantenere i suoi valori di coppia quanto più alti possibile fin dai bassi regimi e poi fino ai regimi più elevati (facendo riferimento al diagramma si dice che la curva di coppia deve essere “piatta”).
La coppia e la potenza variano in base al regime di rotazione: il valore che viene di solito dichiarato dai costruttori è il valore di coppia e potenza massima.
Abbiamo visto come la coppia sviluppata dal motore rappresenta la forza espressa dal motore, mentre la coppia trasmessa alle ruote dipende sia dalla coppia del motore, sia dal rapporto di trasmissione e determina l’accelerazione.
La coppia dipende dalla cilindrata e dalla presenza o meno del compressore, che pompando aria nei cilindri, rende più elevate le performance del motore. Quindi se due auto hanno la stessa potenza, quella con la coppia più abbondante ha un motore più energico. Tanto più la coppia è elevata, tanto più facilmente e rapidamente il motore sarà messo in rotazione, con tutti i suoi organi collegati, con evidenti effetti positivi sulla qualità e sulla piacevolezza della guida.
A parità di cilindrata i motori diesel, per le loro caratteristiche intrinseche, presentano valori di coppia massima superiori rispetto ai motori a benzina, ma valori di rotazione inferiori. Inoltre, a parità di potenza massima, i propulsori con un’elevata coppia a bassi regimi (appunto diesel o motori sovralimentati) vantano una ripresa migliore perché iniziano a generare una buona coppia motrice “prima”, cioè sviluppano una potenza elevata ad un numero di giri basso.
Un esempio chiaro lo si trova nelle moderne supercar: nei modelli precedenti spesso era montato un potente aspirato, mentre oggigiorno molte vetture hanno un turbo. E i numeri parlano chiaro: se il salto a livello di potenza o CV è limitato, la coppia è quasi raddoppiata con l’adozione dei turbocompressori.
Nulla a confronto con modelli elettrici BEV come la Tesla Model S, che nella versione più potente eroga 930 Nm, a “zero giri” motore. E nei video di accelerazione è praticamente imbattibile anche per le più blasonate supercar.
Per misurare la coppia, il motore viene posizionato su un banco-prova e fatto funzionare con l’acceleratore premuto “full-gas”; modulando un apposito freno applicato all’albero motore, è possibile variarne la velocità di rotazione, e misurando i valori di coppia per un certo numero di giri-motore, si ottiene la curva di coppia. Il valore di coppia riportato nelle schede tecniche dei motori, corrisponde al picco della curva ed è generalmente situato circa a metà del campo di utilizzo di un motore.
La curva della coppia motrice ha grande importanza perché determina il carattere di un motore. Per elasticità di un motore si intende la sua capacità di sopperire alla riduzione di potenza, dovuta all’aumento di resistenze esterne (es.: passaggio da una strada piana ad una in salita), con un incremento di coppia. Maggiore è l’intervallo di regime fra i due massimi, più il motore è elastico (o propriamente detto, stabile) ovvero in grado di mantenere in moto il veicolo senza la necessità di scalare marcia.
Nei motori termici a regimi bassi, parte della miscela o dell’aria ha tempo di fuoriuscire dal cilindro tramite la valvola di aspirazione per riflusso, peggiorando la qualità della combustione. Pertanto la curva di coppia diminuisce sotto certi regimi, come diminuisce inoltre ad alti regimi in quanto vengono raggiunte le condizioni soniche, ovvero non può essere richiamata più portata (necessaria a regimi sempre più elevati), una condizione fluidodinamica che impedisce incrementi di velocità del fluido e, di conseguenza, di portata e di coppia.
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