In tutto il mondo ormai da diversi anni è iniziata la lotta all’inquinamento. La rapida crescita della popolazione e il grande traffico stanno causando un aumento della concentrazione di inquinamento, colpendo principalmente i centri urbani densamente popolati.
La sempre maggiore presa di coscienza della popolazione e dei governi nei confronti del problema dell’inquinamento sta aiutando a compiere passi importanti verso un mondo “più pulito”, ma questo non basta ad affrontare una questione così grande. La crescita costante della tecnologia, invece, può aiutare la società in modo concreto su questo fronte.
Da anni Bosch si impegna anche in questo campo per risolvere in maniera oggettiva e comprensibile gli aspetti e le correlazioni legate al tema della qualità dell’aria, applicando le sue conoscenze e competenze nel campo della mobilità e della tecnologia nel tentativo di migliorare a lungo termine la situazione attuale.
Noi per questo abbiamo intervistato Giulio Lancellotti, Manager Connectivity & IoT Solutions per Bosch, che ci ha raccontato le tecnologie realizzate dall’azienda per aiutare enormemente questo comparto, tecnologie che sono raccolte sotto il “cappello” di Bosch Air quality solutions. Prima però è doverosa una premessa.
L’inquinamento ha cause complesse, il che significa che non può essere risolta con metodi semplici. La qualità dell’aria intorno a noi dipende da molti fattori, può variare notevolmente da un luogo all’altro, e spesso, pochi metri possono fare la differenza. Gli ossidi di azoto e il particolato sono attualmente considerati gli elementi più rilevanti per l’inquinamento atmosferico, in particolare all’interno del tema della qualità dell’aria nelle grandi città. Questi non sono gli unici, però, perché anche fattori naturali come la temperatura, le condizioni del vento e la radiazione solare hanno un forte impatto su di essa.
A tal proposito, il traffico stradale non è l’unica fonte di emissioni, anzi, insieme a lui i principali emettitori di particolato sono l’agricoltura, l’industria, le centrali elettriche, i caminetti e il riscaldamento delle abitazioni. Inoltre, le emissioni di particolato sono prodotte indipendentemente dal tipo di alimentazione del veicolo, poiché un’alta percentuale è causata dalle particelle di usura della strada e degli pneumatici e dalla polvere dei freni.
Inoltre, è importante distinguere tra emissioni e immissioni: le emissioni si riferiscono all’uscita dalla rispettiva fonte, come l’ossido di azoto emesso da un’auto direttamente al suo tubo di scarico. Le immissioni, invece, denotano il volume di queste emissioni in un determinato luogo con i relativi impatti. Le emissioni di particolato non hanno lo stesso effetto ovunque: una certa percentuale aderisce al suolo, viene spazzata via dal vento o dalla pioggia. Di conseguenza, solo una piccola percentuale viene effettivamente inalata dalle persone. Le stazioni di misurazione della qualità dell’aria non registrano, quindi, tutte le emissioni nella loro interezza, ma solo la percentuale che effettivamente le raggiunge sotto forma di immissioni.
Il prodotto rivoluzionario creato da Bosch per tenere conto nel migliore dei modi l’inquinamento delle città è l’Immission Monitoring Box (IMB), il dispositivo di misurazione di emissioni atmosferiche certificato CE, in grado di monitorare gli agenti inquinanti e il loro valore specifico. A questo, si aggiungono due servizi basati sul cloud: l’Environmental Sensitive Traffic Management (ESTM) che, tramite simulazioni, consente di creare mappe delle emissioni provenienti da traffico veicolare, e l’Eco-Loop, un sistema di mappatura real time della qualità dell’aria che include non solo il traffico veicolare ma tutti i possibili agenti inquinanti del territorio in esame.
Buongiorno Giulio. Dunque, perché nascono la Bosch Air quality solutions?
Perché abbiamo pensato a una soluzione per il monitoraggio dell’aria? Stiamo cercando da più di 5 anni di capire dove sta andando il mondo della mobilità. Questo comparto per noi rappresenta circa il 60% del fatturato di Gruppo e noi, per il nostro storico, siamo legati al motore endotermico, cioè tutti i componenti Diesel e benzina. A valle di questo, abbiamo voluto rinforzare il tema legato alla nostra neutralità tecnologica rispetto alle motorizzazioni e per promuoverlo abbiamo creato soluzioni che dimostrino il nostro impegno verso l’ambiente, non solo intorno alla mobilità, anche per demistificare il fatto che tutto quello che è inquinante viene dal motore endotermico, perché non è questo il caso. Questa tecnologia, quindi, fa parte di un messaggio molto più ampio che volevamo dare in questo senso.
Che cos’è la Immission Monitoring Box e a cosa serve?
È la prima delle tre soluzioni di Air quality solutions e si tratta di un sensore certificato (come i sensori di Arpa che tutti noi conosciamo) secondo la normativa 2850 dell’Unione Europea, attraverso un iter che abbiamo seguito per dare delle misure che fossero in linea con i parametri che la legge richiede, distinguendoci da molti player che non godono di tale certificazione.
In sostanza, si tratta di un sensore che monitora i parametri su cui andiamo a lavorare, che sono i più significativi per quello che riguarda gli inquinanti atmosferici, quindi PM10, PM2.5, NO2, O3. Nella configurazione base ha 6 elementi capacitivi e di rilevazione, ma c’è anche la configurazione a 9 sensori di rilevazione che include anche anidride carbonica, SO2, umidità, temperatura e pressione. Questo fornisce una fotografia di tutto quello che succede nell’aria, un’istantanea data dai sensori installati in qualsiasi contesto urbano.
Ipotizzando l’applicazione in una città: quanti ne devono essere presenti per poter monitorare l’intera area urbana?
In base all’esperienza di campo che abbiamo svolto, anche se poi va tutto dimensionato su cartine per essere più precisi, in una città di 150.000 abitanti circa il numero di stazioni viaggia tra le 4 e 5, mentre nelle grandi metropoli il numero va da 10 a 20 unità. Ci tengo a precisare che queste centraline sono nettamente più piccole di quelle tradizionali, permettendo di fare misurazioni più capillari senza impattare sull’ambiente. L’Italia è composta da moltissimi comuni medio-piccoli e noi stiamo spingendo per lavorare con loro; il nostro strumento in questo senso sarebbe molto efficace.
A livello tecnico come è fatta la IMB e dove si installa?
Il sensore è molto compatto, viene installato a circa 2 metri e mezzo di altezza e può essere montato anche su strutture già esistenti (pali della luce o simili) a seguito della tradizionale prova di carico. Una volta tirato il cavo che gli dà la corrente, il prodotto è operativo.
Una serie di specifiche che la rendono veramente vantaggiosa. A che punto è la sperimentazione?
La pianificazione è quella di continuare fino alla fine dell’anno e di proseguire poi offline con la validazione dei dati. Quello che posso dire è che i risultati ad oggi sono assolutamente in linea con le rilevazioni di Arpa e se pensiamo al calcolo costi/benefici credo che sia una attività di grande successo dal punto di vista tecnico ed economico. Il tema più importante è sensibilizzare i player sul “perché devo investire in soluzioni di monitoraggio della qualità dell’aria?”. Non è un tema di semplice gestione perché, ad oggi, non esiste una normativa stringente a riguardo, quindi, il più delle volte vengono fatte campionature annuali e se sei oltre la soglia vengono fatte due o tre domeniche ecologiche e ci si “pulisce la coscienza”. C’è un grande potenziale, soprattutto su problematiche puntuali, come inceneritori o fabbriche che inquinano in modo importante ed è qui il grande plus che può dare questo tipo di tecnologia in modo preciso, non eseguito su grandi campionature.
Qual è vero valore aggiunto di questa tecnologia rispetto ai competitor?
Detto che dati sono in linea con quelli dei punti di riferimento nel settore, detto delle dimensioni compatte, dell’estrema facilità di installazione e della certificazione di questo strumento in regola con la legislazione in merito, un altro grande pro è il costo di questo prodotto per il cliente finale, che risulta molto vantaggioso.
Inoltre, se l’IMB viene accompagnato alle altre due tecnologie, l’Environmental Sensitive Traffic Management e l’Eco-Loop, riesce a dare una panoramica completa del territorio che si vuole analizzare, per tutti i tipi di inquinante.
L’ESTM è un modulo software che, rispetto alla nostra esperienza nel settore automotive, fornisce uno status relativo agli inquinanti. Conoscendo tutte le centraline di controllo motore è possibile avere un dato complessivo riguardo frenate e accelerazioni, che sono i due fattori che creano i maggiori agenti inquinanti. Questo crea una mappatura di aree più o meno critiche.
L’Eco-Loop svolge un lavoro similare, ma aggiunge altri fattori all’analisi, come topografia, temperatura, condizioni meteo. In questo modo forniamo una soluzione completa a livello di software. L’Immission Monitoring Box da solo, infatti, non permette di capire tutto il lavoro di ricerca e sviluppo che c’è dietro, oltre alla precisione dei dati che queste tre tecnologie permettono di avere.
Con un lavoro estremamente complicato si arriva a risultati semplici da capire, per agire nella maniera corretta.
Esatto, così è possibile prevedere quale effetto avranno le emissioni legate al movimento delle auto sulla qualità dell’aria e, con i dati rilevati, si può intervenire sulla gestione del traffico con largo anticipo e capire come e in quale misura interventi come la deviazione del traffico o la modifica delle fasi semaforiche possano contribuire a migliorare il flusso automobilistico in città e, quindi, alla qualità dell’aria. Il risultato sono delle semplici, ma molto precise, mappe delle immissioni, per fare previsioni sul traffico stradale o ancora, nel caso le previsioni indichino un aumento dei volumi di traffico, adattare l’infrastruttura in anticipo in modo da impedire il superamento dei valori limite di immissione specificati.
Tutto questo permette di agire a livello molto mirato anziché “colpire” nel mucchio, potendo anche capire dov’è il problema e risolvendolo. La tecnologia è qui per dare un supporto a chi deve intraprendere le azioni correttive e va sfruttata senza timori anche dalle amministrazioni.
Questo permetterebbe anche di capire una volta per tutte quanto sono colpevoli le auto, dove e in che misura. L’obiettivo di Bosch, finita la sperimentazione e la raccolta dei dati, qual è? In che direzione pensate di muovere i primi passi?
Abbiamo intrapreso due strade: la prima è legata alle aziende che fanno traffic management che potrebbero integrare i nostri moduli software mettendoli al servizio delle agenzie della mobilità dei grandi comuni o direttamente all’assessorato alla mobilità in quelli piccoli e medi.
La seconda è di promuoverlo in maniera capillare alle realtà che lavorano sul territorio, quindi business park, porti, aeroporti, stazioni e grandi centri commerciali, andando sul B2B. La sfida più ardua è far comprendere, non essendoci una normativa ben definita, l’importanza di spendere budget sul miglioramento della qualità dell’aria.
Detto questo, stiamo facendo proposte anche a enti della pubblica amministrazione, come i comuni o le comunità montane e stiamo pensando di intraprendere azioni nei confronti del Ministero per la sensibilizzazione verso queste tematiche. L’obiettivo rimane quello di dare la nostra tecnologia, in modo che questo tema molto importante riceva le giuste risposte.
A oggi, chi è che sta già utilizzando le vostre Air quality solutions?
La città di Londra ha già equipaggiato una zona per il monitoraggio con le nostre soluzioni, così come Stoccarda e Ludwigsburg, e in generale questa tecnologia sta subendo un roll out a livello globale, ad esempio con Cina, India e USA, che hanno già iniziato a utilizzare i nostri prodotti.
C’è anche in corso una sperimentazione della IMB a livello mobile, invece, che sta avvenendo nella città di Cremona per capire quale può essere il valore aggiunto rispetto alle già citate postazioni fisse.
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