Un impatto talmente violento da sembrare irreale. Un SUV Mercedes ribaltato, incendiato e letteralmente spezzato in due in mezzo alla carreggiata. Un ragazzo di 19 anni che perde la vita, altri tre giovani feriti e un conducente che tenta di confondere gli agenti fingendosi un passante appena sceso dal tram.
È questo lo scenario drammatico consumatosi all’alba di domenica 16 novembre lungo viale Fulvio Testi, a Milano, in quello che non è solo un incidente mortale, ma anche un caso estremo dal punto di vista ingegneristico e investigativo.
Aggiornamento sulla vicenda: nuovi dubbi sul ruolo del 20enne e un possibile cambio di responsabilità
Le indagini sul tragico incidente di viale Fulvio Testi stanno assumendo contorni più complessi rispetto alle prime ricostruzioni. Il 20enne inizialmente indicato come conducente del SUV — riconosciuto da un testimone e trovato con i vestiti sporchi di sangue — non sarebbe necessariamente alla guida al momento dell’impatto.
La sua versione, secondo cui sarebbe arrivato in zona in tram per soccorrere gli amici, è stata smentita dall’assenza di immagini del suo arrivo su qualunque mezzo pubblico. Eppure, gli investigatori ritengono plausibile che il ragazzo fosse sceso dal SUV prima dello schianto: l’alcoltest positivo, la conoscenza degli occupanti e soprattutto l’assenza di traumi compatibili con un impatto così devastante suggeriscono che non fosse a bordo durante la collisione.
Gli inquirenti stanno valutando la possibilità che il 20enne abbia agito in stato confusionale e, nella concitazione, abbia tentato di aiutare i feriti perdendo la scarpa ritrovata nell’abitacolo.
Indagato un 23enne con patente: le nuove ipotesi sulla dinamica
Al centro del fascicolo per omicidio stradale potrebbe finire invece Enrico R., 23 anni, incensurato e titolare della patente, che ha dichiarato spontaneamente alla polizia locale di essere lui alla guida della Mercedes Classe G presa a noleggio (non era una Brabus da 700 CV come molti riportano).
Il giovane, attualmente ricoverato e in attesa dei risultati dell’alcoltest, avrebbe passato la serata con la vittima, Pietro Silva Orrego, e con la 30enne rimasta gravemente ferita ma ora fuori pericolo. Anche il conducente dell’Opel Corsa, L.C., 32 anni, è al centro delle verifiche dopo essere risultato positivo al pre-test antidroga: anche il suo ruolo verrà definito con esami più approfonditi.
Intanto la Polizia Locale sta analizzando nel dettaglio le immagini delle telecamere di zona e i dati del GPS installato sul SUV, che potrebbe chiarire velocità, tracciato e dinamica istante per istante. Proprio la velocità e la possibile mancata precedenza sono al centro delle perizie tecniche, mentre resta da verificare se uno dei due veicoli abbia superato il semaforo con il rosso.
Solo l’incrocio tra accertamenti tossicologici, dati telematici e perizie ingegneristiche permetterà di ricostruire con precisione la responsabilità del violentissimo impatto che ha spezzato il Mercedes in due e provocato la morte del 19enne.
L’impatto devastante in viale Esperia
Erano circa le 6.30 quando la Classe G diretta verso il centro ha colpito lateralmente un’Opel Corsa che arrivava da sinistra, nei pressi della fermata della metro M5 Bicocca. La violenza dello schianto è stata tale da far ribaltare il SUV e innescare un incendio immediato. A bordo del fuoristrada c’erano tre giovani di 20, 21 e 30 anni; sull’utilitaria un uomo di 32 anni, poi risultato positivo al pre-test antidroga.
Pietro Silva Orrego, uno dei passeggeri della Mercedes, è deceduto poco dopo il ricovero in ospedale. Gli altri due occupanti del SUV sono stati trasportati in codice giallo al Policlinico e al Fatebenefratelli, dove le condizioni della 30enne si sarebbero aggravate nel corso del pomeriggio. Il 32enne alla guida dell’Opel si trova invece al San Raffaele.
Perché il SUV si è separato dal telaio
Oltre alla tragedia umana, l’incidente ha rivelato un comportamento meccanico molto raro: la carrozzeria della Mercedes Classe G si è staccata completamente dal telaio, lasciando da una parte la parte superiore della vettura e dall’altra il pianale con motore, sospensioni e organi meccanici.
Un evento eccezionale, ma non impossibile. La Classe G utilizza ancora una costruzione “body-on-frame”, tipica dei fuoristrada tradizionali: telaio separato e carrozzeria imbullonata sopra con elementi che filtrano vibrazioni e movimenti. In condizioni normali questa architettura garantisce robustezza e capacità off-road. In un impatto trasversale ad altissima velocità, però, i punti di fissaggio non sono progettati per reggere forze laterali così estreme, soprattutto su un mezzo potente e molto pesante.
Non è una “rottura strutturale” della vettura, ma un limite fisico della tecnologia quando utilizzata in contesti molto diversi da quelli per cui è stata concepita.