Ci sono voluti diversi anni, forse troppi, ma finalmente il 2019 sarà una sorta di risorgimento per l’Italia in F1. Ferrari a parte, è ormai balzata agli onori della cronaca la notizia della trasformazione di Sauber F1 Team in Alfa Romeo Racing. I motori, sono sempre quelli di Maranello, ma è innegabile che il richiamo storico, dopo un anno di rodaggio, si sta facendo sempre più coinvolgente. Mettici il ritorno di un pilota italiano, il buon Antonio Giovinazzi, che reputa il 2019 un anno di partenza più che di arrivo, e il quadro è completo.
Gli ultimi piloti italiani a solcare le scene dei GP furono, a fine 2011, Jarno Trulli e Vitantonio Liuzzi, al volante, rispettivamente, delle vituperate Lotus e HRT. Ben altra sorte, ma la speranze ci sono tutte, per Giovinazzi, che si troverà una Alfa Romeo Racing C38 il cui retrotreno è preso pari pari dalla rossa e, dopo un anno di grande crescita per il team, l’ambizione è quella di arrivare stabilmente nella top ten, cercando di dare fastidio alla zona podio.
Antonio Giovinazzi ci crede, è carico a mille, e dopo l’annuncio del 25 settembre scorso, quando gli occhi del mondo si sono accorti che l’Italia è ancora capace di produrre talenti del volante, è cresciuta la curiosità attorno al pilota pugliese. In attesa di vederlo scendere in pista per i primi test stagionali, vi raccontiamo chi è Antonio Giovinazzi e come è arrivato a meritarsi quel volante accanto al campione del mondo Kimi Raikkonen.
Nato a Martina Franca, Taranto, il 14 dicembre 1993, il venticinquenne di belle speranze ha sempre dimostrato, fin dalla più tenera età, un forte attaccamento ai motori. A tre anni il primo kart, quando gli altri bimbi potevano aspirare alla bici con le ruotine, e una scintilla che scocca. Proprio Giovinazzi raccontò in un’intervista a Sky Sport F1 di ricordarsi di essersi spaventato la prima volta che suo padre Vito accese il kart, paura che passò quasi subito.
Da lì alle domeniche sui kart, inizialmente nei campionati regionali, il passo fu breve. A 13 anni Giovinazzi vince il Trofeo Nazionale Italiano e il titolo europeo con i 60 cc. Nelle categorie superiori i risultati non furono gli stessi ma di questo giovane talento, amico fraterno di suoi figlio Sean, si accorse un certo Ricardo Gelael, tra gli azionisti della catena di fast food KFC, ormai la norma anche nelle grandi città italiane. Il supporto della famiglia indonesiana fu quindi fondamentale per permettere ad Antonio di fare il salto di qualità, con le giuste coperture economiche.
A 18 anni il pilota Alfa Romeo Racing si trova a correre in Asia, dove vince la Formula Pilota China nel 2012, un po’ in ritardo rispetto alla norma (se si pensa che a 17 anni Max Verstappen, un caso limite che mai più si ripeterà, esordiva in F1…). Da lì il passaggio alla F3 britannica, da sempre liceo dei piloti europei, e secondo in F3 europea nel 2015. Il 2016 è l’anno della GP2, dove la battaglia interna nel team italiano Prema con Pierre Gasly, ora pilota ufficiale Red Bull in F1, si fa intensa e affascinante.
Giovinazzi si rende protagonista di gare memorabili che iniziano a incuriosire i team di F1. Ne è un esempio Baku, dove il Nostro colse due vittorie in entrambe le manche, una sorta di consacrazione che lo spinse a contendersi il titolo fino ad Abu Dhabi. Proprio qui, dove Antonio non aveva mai girato, “le prese” dal più esperto Gasly, già pilota tester Red Bull fresco fresco di più di 200 giri al volante della RB12 di Ricciardo-Verstappen.
Titolo sfumato ma non la speranza di salire di livello, quello più importante. Proprio a fine 2016 arriva la chiamata che ti cambia la vita, quella della Ferrari, che lo mette in Ferrari Driver Academy promuovendolo a pilota del simulatore e terzo pilota Sauber. A causa dell’incidente occorso a Pascal Wehrlein alla Race of Champions, la grande chance arriva a Melbourne 2017, round inaugurale della stagione. Il circuito, mai visto prima, la macchina pure, giusto qualche chilometro nelle prove libere dove viene chiamato in fretta e furia.
Non è la prima volta assoluta di Antonio su una F1 ma il suo talento gli permette di superare le difficoltà oggettive, cogliendo un 12° posto finale che impressiona tutti. La gara dopo, corsa a Shanghai, rappresenta l’esempio perfetto di come in F1 le porte siano sempre pronte a sbatterti forte in faccia nel giro di un amen, anche quando pensi di essere arrivato. Prima sei un Dio osannato da tutti, poi sprofondi e gli stessi che ti osannavano ti deridono. Inutile ricordare i due incidenti, su pista bagnata, nello stesso punto, sulla piega a 90° che immette sul rettilineo di partenza.
Marchionne, che ha sempre creduto in lui, e la Ferrari, fanno quadrato attorno al frastornato pilota, già vittima dei maligni e della stampa inglese, più che italiana, prima ancora di essere tornato al box. Per lui inizia un periodo di “panchina” e allo stesso tempo di grande cambiamento che lo vede impegnato dietro le quinte, dove i suoi giri al simulatore di Maranello il venerdì notte aiutano, e non poco, a trovare il set up giusto per la SF70H e la successiva SF71H di Vettel e Raikkonen, impegnata nella lotta mondiale.
Siamo al 2019 e Giovinazzi ha già la mente in Australia. Ci arriva preparato, dopo aver affrontato molte sessioni di prove libere e test per Ferrari, Haas e la stessa Sauber, ora Alfa Romeo Racing. Proprio del brand del Biscione ne diventa simbolo nel mondo, sperando che la sua “nuova” carriera possa portargli tanta soddisfazione e possa rappresentare un primo passo verso qualcosa di più importante.
Ai microfoni della Gazzetta dello Sport, appena saputo del suo annuncio, così parlava Giovinazzi: “Inizia una nuova carriera, mi sento pronto e carico, ho sempre avuto tanta pazienza e ho capito che se ci credi veramente, i sogni si realizzano”. Il suo idolo? “Michael Schumacher, l’idolo della mia infanzia, vederlo vincere sulla Ferrari è stata la scintilla che mi ha acceso“.
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