Vincere è difficile, ripetere il successo è straordinariamente arduo: sono pochissimi i modelli che ci riescono, e fra questi rientra di sicuro la Toyota Yaris. Sbarcata in Italia nel 1999, l’utilitaria giapponese ha inanellato 25 anni di sorrisi, irrompendo in una categoria iper affollata come le piccole, che brillavano alla fine dello scorso millennio, come FIAT Punto, Ford Fiesta, Lancia Y, Peugeot 206 e Renault Clio, le quali si pappavano addirittura il 28% del mercato dell’epoca. In quel periodo che ormai può considerarsi preistoria automotive, quand’ancora i SUV non erano nella mente delle Case e nei cuori dei clienti, la Yaris rappresentò il Cavallo di Troia per far breccia in Europa, mostrando ai consumatori del Vecchio Continente le qualità delle auto del costruttore nipponico.
Si rivelò azzeccatissimo anche il nome della Yaris, derivante da “Charis” (Cariti o Grazie), le dee greche che incarnavano fascino e armonia. Non per nulla, la vettura nacque dalla matita del designer greco Sotiris Kovos. Tanto che nel 2000 venne eletta “Auto dell’anno”, andando a sconfiggere mostri sacri come Fiat Multipla e Opel Zafira. Fra le chiavi dell’exploit nel nostro Paese, il claim pubblicitario del “piccolo genio”: tanti contenuti, inclusi cifra tecnica e stilistica, nel modello compatto che arrivava dalla nazione del Sol Levante.
Fu un colpo di fantasia la Yaris, col suo design davvero originale, staccandosi nettamente dalla grigia, anonima, noiosa quinta generazione della Toyota Starlet che soppiantò d’un colpo. Venne in parte anticipata dalla concept Funtime, sempre disegnata da Kovos nel progetto NBC (New Basic Car) Funcars, che si rivelò fra le protagoniste del Salone di Francoforte di settembre 1997.
Serviva creatività per dimostrare al pianeta che anche in tre metri e sessanta a disposizione di lunghezza potesse esserci bellezza, col muso che pareva sorridere e linee filanti. Nonostante le dimensioni ridotte (1,66 metri di larghezza, 1,5 di altezza, per un passo di 2,37), offriva un’abitabilità da segmento superiore. Tanta comodità col divano scorrevole. Per quei tempi, poi, l’abitacolo era avveniristico: comandi a portata di mano e strumentazione a centro plancia dall’effetto 3D.
All’inizio, quel motore a benzina sedici valvole da un litro di cilindrata fece colpo, in quanto molto meno grande di parecchie moto sportive. Spettacolare il sistema di distribuzione a variazione continua delle valvole: la tecnologia VVT-i (Variable Valve Timing Intelligent) consentiva di variare la fasatura delle valvole di aspirazione e del loro incrocio con quelle di scarico. Risultato: più coppia e meno consumi. Tanto che il primo International Engine of the Year assegnò alla giapponesina il premio di miglior motore al mondo. Meccanica raffinata, col cambio manuale a cinque rapporti.
Presi dal desiderio di stupire, i tecnici di Toyota nel 2000 portarono al debutto la Yaris Verso, variante rialzata più spaziosa, e propulsori più potenti, come il 1.3 benzina da 86 CV, il turbodiesel 1.4 D4-D da 75 CV e il 1.5 a benzina da 106 CV. Nel 2003, il restyling, con gli “occhi a goccia” nella parte inferiore, e motori riomologati per rispettare la norma Euro 4. Di serie inoltre ABS e quattro airbag. Due anni dopo, la nuova Yaris, giunta alla seconda generazione, cresceva a 3,75 metri e, come optional, aveva il pulsante d’accensione al posto della tradizionale chiave: baule da 272 litri a 737 litri a divano giù. Ripartitore di frenata, sette airbag su richiesta (incluso quello per le ginocchia del guidatore), più un 1.0 tre cilindri da 69 CV derivato dalla Aygo, il 1.3 da 87 CV e il 1.4 turbodiesel da 90 CV.
Facelift del 2009 con lunghezza di 3,78 metri, e un jack audio per collegare dispositivi esterni. Il nuovo 1.3 benzina da 100 CV era dotato di un inedito sistema Start & Stop, con cronometro che conta i secondi in cui il motore rimaneva spento. Nel 2010 arrivava un nuovo 1.0 tre cilindri VVT-i bifuel sviluppato con la collaborazione della Landi Renzo: Toyota intercettò subito il fenomeno del gas. La terza serie del 2011 rompeva col passato: 3,89 metri, linee spigolose. E indicatori di direzione sugli specchietti, che oggi sono su parecchi modelli di numerose marche. Quadro strumenti dietro il volante e cluster dell’infotainment centrale. Baule di 275 litri, allinenandosi alle rivali Peugeot 207 e Volkswagen Polo.
Nel 2012, la Yaris HSD full hybrid (già presente su Prius e Auris): la magia fu di fa coesistere un doppio motore in un modello compatto, senza sottrarre spazio a occupanti e bagagli: il trucco? Piazzare la batteria sotto il divano. Il tutto grazie a un 1.5 da 80 CV abbinato a un’unità elettrica che dava energia in partenza consentendo il full electric per brevi spostamenti urbani. Ottimo il cambio a variazione continua. Nel 2014 il primo restyling curato dal centro stile di Nizza, di Elvio D’Aprile. Nel frontale, il motivo a ”X” derivato dalla Aygo. Tre anni dopo, secondo restyling, muso più sportivo, aerodinamica migliore. L’ibrido faceva sfracelli, soppiantando il Diesel.
Nel 2020, quarta generazione per la Yaris lunga 3,94 metri, larga 1,75 e alta 1,52: nel 2021, il bis come “Auto dell’anno”. Veniva spinta da un 1.5 a tre cilindri da 92 CV abbinato a un’unità elettrica da 59 kW integrata nella trasmissione e-Cvt, per 116 CV. Siccome SUV e crossover tiravano parecchio, nel 2020 ecco una versione a ruote alte della sua compatta, realizzata sulla piattaforma TNGA: nel primo semestre 2024, la Toyota Yaris Cross era la terza ibrida più venduta in Italia, e la sesta più immatricolata in assoluto. Talento nipponico. C’è ancora tempo, inizio 2024, per l’innesto di un nuovo motore ibrido più performante (qui il nostro primo contatto della Yaris da 130 CV). Il resto è storia.
Autore: Mr. Limone
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