La prova su strada della Suzuki Swift Sport, la cittadina elettrica dal Sol Levante. Ecco come va, gli esterni, gli interni, le prestazioni e il prezzo della piccola giapponesina Swift Sport.
Le Hot Hatch sono una delle categorie di vetture più amate (e raggiungibili) dagli appassionati di auto e, nonostante, le difficoltà degli ultimi anni, ci regalano ancora tante soddisfazioni. Tra le più piccole in tante hanno abbandonato il “campo di battaglia”, ma non la Suzuki Swift Sport, che è giunta alla sua terza interpretazione con tante novità.
Meno peso, più cavalli e uno stile aggressivo, sono i tre capisaldi che hanno guidato la creazione di questa ultima generazione, seguendo la tendenza del downsizing e della continua “turbizzazione”, abbandonando il 1.6 aspirato in favore del nuovo 1.4 Boosterjet che allunga meno, ma guadagna una “schiena” robusta.
Per renderla più sportiva gli uomini Suzuki sono intervenuti sul look con diversi dettagli marcatamente sportivi: le ruote in lega da 17”, le minigonne carbon look non troppo esagerate e la griglia anteriore a nido d’ape. Utili e belli i fari full LED: molto accattivanti.
Piace lo spoiler, l’estrattore e il doppio scarico sul lato B, incastonato nel paraurti, peccato non “suoni” come ci si aspetterebbe, come la rivale dello “Scorpione” insomma, ma le giapponesi sono così… discrete. Ancora una volta la pepata giapponese riesce a farsi notare, rimanendo tuttavia fedele alla versione normale, dal family feeling che ricorda la Mini…
Il passo è 2 cm più lungo rispetto al modello precedente, mentre le carreggiate sono state allargate di 40 mm, sia all’anteriore sia al posteriore, di pari passo con la carrozzeria, anch’essa ampliata e abbassata, grazie al nuovo assetto di 15 mm. Il colore più rappresentativo di questo modello è l’esclusivo Giallo Champion, che prende ispirazione dalla livrea della Swift ufficiale che dominò il Junior World Rally Championship nelle annate 2007 e 2010.
Il rosso e il nero sono i colori dominanti nell’abitacolo della Swift Sport, a partire dal cruscotto e dal pannello strumenti. Gli strumenti principali spiccano grazie al rosso del contagiri, con il display LCD da 4,2 pollici che, oltre a mostrare i classici dati del computer di bordo, fornisce informazioni interessanti come i dati della forza G, della pressione del turbo e della potenza erogata.
Troviamo inoltre la comoda e sportiva pedaliera in alluminio, il volante dalla comoda impugnatura ha cuciture rosse e vari dettagli dello stesso colore sul quadro strumenti, tinta che sottolinea la volontà della nuova compatta giapponese di voler aggredire l’asfalto. I sedili anteriori sono piuttosto contenitivi, hanno il poggiatesta integrato e presentano cuciture rosse a contrasto, peccato per la seduta piuttosto alta.
I rivestimenti e i materiali utilizzati non sono particolarmente “premium”, ma qualità e precisione dell’assemblaggio sono veramente di alto livello. Inesistenti, infatti, gli scricchiolii, nonostante ci siano inserti duri che si presterebbero a questo “gioco”, come la striscia che attraversa il cruscotto, caratterizzata da forme geometriche che passano dal rosso al nero.
Anche sulla Suzuki Swift Sport è presente un sistema di replica dello schermo dello smartphone (SLDA), compatibile con Bluetooth, dotato di touchscreen da 7 pollici e navigatore a mappe 3D con slot per SD Card, che permette di azionare gli smartphone attraverso le applicazioni di Apple CarPlay, Android Auto o MirrorLink. A dir la verità la grafica ormai è sorpassata, tanto che una “rinfrescatina” al softare l’avremmo gradita.
Omologata è per cinque persone, ma a bordo si sta comodi in quattro, mentre guadagna spazio il bagagliaio rispetto alla serie precedente: con 265 litri (prima 210) espandibili a 579.
Con il 1.4 Boosterjet da 140 CV (+4 rispetto al vecchio modello aspirato) a 5.500 giri e 230 Nm (+70) di coppia da 2.500-3.500 giri, la Suzuki Swift Sport abbandona definitivamente i propulsori aspirati, in favore di una maggiore spinta ai bassi regimi, rinunciando ovviamente ad un po’ di allungo. Il lavoro più importante però è stato svolto a livello di peso, dove sono 80 i kg in meno rispetto alla precedente generazione, per un peso di 975 kg, unica del segmento sotto la fatidica soglia dei 1.000 kg.
E il complesso non è affatto male: ora ad ogni regime la Swift spinge in modo corposo, con una progressione vivace anche alle alte velocità. Fin dai bassi regimi, il piccolo 1.4 non soffre di turbo lag, ma spingere oltre i 5-5.300 giri è inutile: meglio cambiare rapporto poichè il meglio lo dà fin da subito e poco prima di quota 6 mila giri interviene il limitatore.
Le prestazioni si traducono in uno 0-100 km/h coperto in circa 8.1 secondi e una velocità massima di 210 km/h, dati ottenuti grazie al miglior rapporto peso/coppia motrice del segmento, pari a 4,2 kg/Nm. Solo il cambio a sei marce lascia perplessi: ha la giusta spaziatura, ma pecca per l’inserimento dei rapporti, molto contrastati, specie la prima.
Se il look non è stato estremizzato, grandi novità arrivano invece dalla meccanica: i tecnici giapponesi hanno messo mano all’assetto, irrigidendo molle e ammortizzatori: il posteriore è stato completamente rivisto, per “piantare” il retrotreno a terra, anche se nelle staccate “violente” con volante già curvato il retrotreno tende ad allargare parecchio, anche se poi l’elettronica (disinseribile) interviene per circoscrivere la situazione.
Neanche a dirlo, il terreno di caccia preferito dalla Swift Sport è il misto stretto, dove la piccola giapponese miete vittime anche tra le concorrenti più potenti e blasonate. Tra le curve, il muso s’inserisce con grande decisione, mentre il posteriore – ballerino – si agita un po’ ma rimane sempre fedele alle traiettorie, divertendo in totale sicurezza. Il controllo di trazione è disinseribile contribuendo a rendere la Swift ancor più divertente, soprattutto quando si adotta una guida più “sporca”. Il tutto è merito di un assetto semplice, ma molto ben tarato ed efficace, e di un telaio veramente genuino. Le sospensioni MacPherson all’anteriore, con ammortizzatori Monroe, e ponte torcente al posteriore, garantiscono un inserimento piuttosto preciso: la Swift soffre solo leggermente in uscita di curva di un fisiologico “sottosterzo”, data la grande quantità di coppia. Ad aiutare i pneumatici 195/45 R17 non sarebbe stato male un bel differenziale autobloccante, ma, forse per la categoria, stiamo chiedendo troppo…
Lo sterzo, invece, si è rivelato abbastanza convincente, grazie a un buon “peso” e una precisione notevole, è anche diretto, ma meno preciso e sempre troppo vuoto al centro. Ottimo il freno a mano “vecchia scuola” e non elettronico, che può tornare utile durante la guida sportiva…
Nonostante la rigidità aumentata, le prestazioni e il divertimento da hot hatch, la Suzuki Swift Sport è capace di ben figurare anche in città, merito, ancora una volta dell’assetto, che non è così estremo da creare fastidiosi mal di schiena.
Al capitolo consumi la Swift si rivela parca per la sua potenza. Si varia da un 10 km/litro nella giuda sportiveggiante, fino a oltre 14 se si tiene un passo normale. Peccato per il piccolo serbatoio da 37 litri, che non permette un’autonomia superiore di 500 km.
Gli ADAS più avanzati poi sono tutti presenti: troviamo di serie i sistemi dalla nomenclatura commerciale amichevole “occhiodilince” (Advanced forward detection system), “attentofrena” (Dual Sensor Brake Support), “guidadritto” (Lane departure warning e assist), “restasveglio” (Weaving alert function) e “nontiabbaglio” (High beam assist).
La Suzuki Swift Sport parte da 21.190 euro, prezzo che comprende una dotazione di serie da top del segmento e che non richiede aggiunte: fari full LED, retrocamera, clima automatico, navigatore, cruise control adattivo e tutti i sistemi di sicurezza di serie prima citati. Rimangono fuori dal prezzo iniziale solamente la vernice metallizzata o l’opzione del bicolore.
La rivale nel mirino è l’Abarth 595 nella sua versione entry level e perché no, complice l’assetto ottimo e il peso ridotto della giapponese, magari anche tentare il colpaccio su rivali più cavallate.
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