Grande anticipatrice delle auto che seguirono il secondo conflitto mondiale, l’ Alfa Romeo 6C 1750 protagonista degli anni ‘30 esprimeva al meglio ciò che ha fatto grande il Biscione: il suo DNA sportivo, la voglia di primeggiare nelle competizioni e l’innegabile bellezza che ha reso queste vetture le più ammirate nei concorsi di bellezza.
Dopo aver dedicato la prima puntata alle origini del brand, con le prime vittorie sportive e le prime vetture dedicate alla serie, la seconda puntata di Storie Alfa Romeo si concentra su di lei, la 6C, forse la vettura storica più importante se andiamo a scavare nel lontano passato della Casa di Arese. Partiamo dal 1930, più precisamente dal 13 aprile di novant’anni fa. Un’ Alfa Romeo 6C 1750 Gran Sport spider Zagato irrompe nella quiete del Lago di Garda, al volante un certo Tazio Nuvolari.
Si sta correndo la Mille Miglia e Nuvolari vuole vincere ma in testa c’è Achille Varzi. Al duo Nuvolari – Guidotti, quest’ultimo capo-collaudatore Alfa Romeo al Portello, viene in mente di spegnere le luci, a velocità folli per l’epoca, per sorprendere l’avversario; erano le prime ore dell’alba e il traguardo a Brescia era dietro l’angolo.
Il “sorpasso” avviene infatti prima di accedere a Brescia e Nuvolari va a vincere a una media di 100,45 km/h, prima volta che si infrange il muro dei 100 in questa competizione. Tutti i giornali parlano dell’impresa del “nivola” ma la protagonista è lei: i primi quattro classificati guidavano tutti la Alfa Romeo 6C 1750, per un totale di 8 vetture nei primi 11 posti! Oggi, sarebbe impensabile.
La più veloce del suo tempo
Nata nel 1926 dalla matita di Vittorio Jano, geniale progettista che già abbiamo imparato a conoscere nella prima puntata di “ Storie Alfa Romeo “, la C6 nacque col presupposto di creare una vettura leggera con prestazioni brillanti, così il diktat dei piani alti del Portello.
Si inizia a intravedere un tratto che rimarrà sulle Alfa Romeo fino ai giorni nostri: l’elevata potenza specifica. L’Ing. Jano è bravo a estrarre più cavalli possibili da motori di piccoli cilindrata, una moda tornata d’attualità se pensiamo al downsizing degli ultimi anni. Potenza specifica, lo sanno anche i muri, si traduce in un miglior rapporto peso/potenza, non dovendo installare ingombranti e pesanti propulsori. La 6C è un laboratorio d’idee: si va oltre al motore. Sulla 6C 1900 GT (e successivamente sulle 6C 2300 e 6C 2500) vengono introdotte altre novità: le sospensioni a ruote indipendenti, e un nuovo telaio con componenti saldati (anziché chiodati). Nel vocabolario Alfa Romeo entra la parola handling, o manegevolezza.
La 6C 1750 trionfatrice alla Targa Florio 1930 rappresenta però il culmine di questo progetto. Il motore è un’evoluzione del precedente 1500 sei cilindri in linea e viene prodotto in varie versioni, con potenze da 42 a 102 CV della Gran Sport “Testa Fissa”, una serie limitata, quasi una one-off come la chiameremmo oggi, dove la testata viene fusa in blocco col basamento cilindri per eliminare le guarnizioni (e il rischio di bruciarle), il peso è di soli 840 kg e la velocità massima di 170 km/h. Una hypercar d’altri tempi…
Le soluzioni applicate sia sulla vettura da corsa sia sulla stradale non si contano sulle dita di una mano. Sarà anche per questo motivo che l’Alfa Romeo 6C 1750 viene venduta a un prezzo variabile tra le 40 e le 60.000 lire dell’epoca, l’equivalente di 7 anni di uno stipendio medio, una sorta di Ferrari prima che ci fosse la Ferrari (nata nel 1947).
Abbiamo accennato alla sua bellezza e dietro questo aspetto si apre un mondo: era l’epoca dei grandi carrozzieri, maestri artigiani capaci di unire il mestiere di sellaio, di battilastra, di verniciatore e di tappezziere – ma soprattutto creativi e stilisti capaci di lasciare un segno nella loro epoca. Era normale all’epoca che il cliente ritirasse il telaio nudo e crudo, con installati appena il motore, il cambio e le sospensioni, per poi rivolgersi all’atelier di fiducia. Al Portello sopperirono a questa “moda”, solo nel 1933, quando venne aperto un reparto di carrozzeria interno, che affiancò (ma non sostituì) la produzione di chassis meccanizzati venduti direttamente a clienti e carrozzieri.
Vediamo, quindi, un esempio di auto nata attorno a quel capolavoro di meccanica che è stata l’Alfa 6C 1750, la Touring “Flying Star”.
Nata per soddisfare il gusto della sua affascinante proprietaria, la milionaria modella Josette Pozzo, questa vettura nacque con un unico scopo grazie alle idee della Carrozzeria Touring di Felice Bianchi Anderloni, partecipare al Concorso d’Eleganza di Villa d’Este del 1931. Con questo modello, Touring dà alla 1750 nuove proporzioni e inserisce una serie di dettagli estetici che le danno un fascino “liberty”, testimoniato dai predellini anteriore e posteriore sospesi, che nascono dai passaruote per incrociarsi sotto le porte senza toccarsi.
Inutile dire che a Villa d’Este la 6C 1750 GS Touring vince la “Coppa d’Oro” per l’auto più bella di quell’edizione.