Se nella 2° puntata di Storie Alfa Romeo l’attenzione è stata dedicata alla 6C 1750, oggi, nel terzo episodio della collana web diffusa sui canali media del Biscione, è tempo di occuparsi della 6C 2500, auto simbolo del passaggio tra due concezioni profondamente diverse del modo d’intendere un’automobile, a cavallo tra anni ‘30 e ‘40.
La 6C 2500 è un laboratorio viaggiante, come lo è stato la sua progenitrice, sia per quanto riguarda l’eleganza, sia per le novità tecniche di cui è dotata (tra cui sospensioni posteriori a barre di torsione con ammortizzatori telescopici, e i freni non più meccanici ma idraulici) e, in ultimo, per le sue prestazioni. La potenza sale fino ai 110 cavalli della Super Sport, capace di 170 chilometri orari. L’auto debutta nelle corse vincendo la Tobruk-Tripoli del 1939 con una carrozzeria “ad ala spessa”, che integra i paraurti nella scocca.
È soprattutto un grande successo di fatturato: le 159 unità vendute valgono quanto 1.200 Fiat 508 Balilla.
La sua nascita va fatta risalire nell’anno in cui la Germania invase la Polonia scatenando così la Seconda Guerra Mondiale, il 1939. Alla guida del Portello troviamo l’Ing. Ugo Gobbato, forte di esperienze all’estero e di anni passati al Lingotto a imparare i segreti della gestione di una grande industria. Del 1932 è suo il manuale “Organizzazione dei fattori della produzione”, e da lì parte la sua idea di moderno sistema industriale senza tralasciare la precisione artigianale che ha distinto l’azienda fino a quel momento.
Nasce la 6C 2500 ma c’è la guerra dietro l’angolo e tutto rimane in stand-by, complici i pesanti bombardamenti inflitti al Portello nel frattempo riconvertito per la produzione bellica. Nel 1945 vengono assemblati solo pochissimi esemplari della 6C 2500 Sport. Nel 1946 la produzione è già salita a 146 unità, tra vetture e chassis consegnati ai carrozzieri. Uno di questi ultimi viene allestito in versione cabriolet, e portato al Salone dell’Auto di Parigi.
L’Italia, Paese sconfitto, è esclusa dalla manifestazione, cosicchè l’allora intraprendente carrozziere decide di piazzare le sue vetture di fronte all’ingresso del Gran Palais, per poi spostarle a sera a Place de l’Opéra. Questo è sufficiente a sancire il successo del modello e del suo creatore, un certo Battista Farina, detto “Pinin”.
A partire da questo modello nascono realizzazioni di grande rilievo, tanto che anche i divi di Hollywood sognano di poterla guidare: Tyrone Power gira per Roma con la sua Alfa Romeo 6C 2500, Juan Peron e la moglie Evita la vogliono per sfilare a Milano. L’acquistano personaggi come Re Farouk d’Egitto e Ranieri III di Monaco. Quando il 27 maggio del 1949 Rita Hayworth raggiunge il Principe Ali Khan al municipio di Cannes per convolare a nozze, lo fa a bordo della 6C 2500 cabriolet Pinin Farina che ha appena ricevuto come regalo di matrimonio. Il modello ha un’elegante carrozzeria grigia, con capote e interni blu perfettamente intonati all’abito della sposa.
Inizialmente il matrimonio era previsto ai primi del mese; ma la data delle nozze viene spostata a causa della tragedia di Superga, per espressa volontà del Principe, torinese di nascita, e grande tifoso di calcio. Si arriva, dunque, al Concorso d’Eleganza Villa d’Este 1949, e la 6C 2500 SS “Villa d’Este” è la sintesi finale di un sogno durato più di dieci anni, complice la guerra. Viene prodotta in soli 36 esemplari, uno diverso dall’altro, a seconda dei desideri dei clienti e dell’estro dei carrozzieri.
Nell’edizione 1949 del Concorso d’Eleganza di Villa d’Este la vettura si aggiudica il “Gran Premio Referendum”, il premio attribuito dal pubblico, e fa suo per sempre il nome dell’evento che la consacra. Premiata dalla critica, la 6C 2500 Villa d’Este è universalmente riconosciuta come una delle ultime rappresentati, se non punto d’arrivo, del modo artigianale di fare auto, nonché il punto di svolta che annuncia una organizzazione produttiva più moderna.
Nel narrare la storia di questa vettura, Alfa Romeo ha svelato un retroscena da cultori della marca. Nel 1938 nel Gruppo Calcio Alfa Romeo figura un giovane promettente, attirato dalla prospettiva di un’occupazione stabile come meccanico al Portello. È il futuro capitano della Nazionale e del Grande Torino Valentino Mazzola. Nessuno sa se Mazzola mise mai le mani effettivamente sulla 6C ma fu presente al lancio della vettura nel 1939, dieci anni prima di perdere la vita nella tragedia che sconvolse la storia del calcio.
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