Per comprendere i progetti e le ambizioni della vetturetta FOD 18 HP del 1926, occorre partire dal suo creatore, Francesco De Benedetti che seppe costruire un prodotto geniale ed economico attraverso la sua avanzata esperienza tecnica.
Nato a Omegna il 23 luglio 1890 figlio maggiore di un’imprenditore agricolo. Questo status di “maggiore” gli consentì di studiare ingegneria meccanica a Parigi, con tirocini in Belgio e Germania, realtà al tempo più avanzate nel campo delle tecnologie metallurgiche e meccaniche. Queste esperienze gli permisero di approfondire le tecniche di fusione in conchiglia delle leghe leggere come l’alluminio, metallo dalle applicazioni innovative per il quale svilupperà vera passione.
Nel 1915 si trasferì a Torino, fervente fucina dell’automobile Italiana, dove aprì la “Stabilimenti Metallurgici e Fonderia Metalli” in via Galvani 26. L’attività crebbe a tal punto da richiedere il 1° gennaio 1919 il trasferimento delle attività in via Sagra di San Michele 16, mutando la ragione sociale in “Officine Meccaniche De Benedetti” con circa 150/200 operai. In quegli anni De Benedetti non si limitò solo alle fusioni, ma si specializzò anche nella lavorazione di semilavorati e componenti tramite macchine, curandone forma e finitura. Una capacità progettuale che si rivelerà molto utile per il suo futuro nell’automobile; la sua esperienza nel campo arrivò al punto da sperimentare un sistema che permetteva di innestare durante la fusione in alluminio parti in acciaio nei punti di sollecitazione.
Dalle fusioni alle “vetturette”
Conscio di queste sue capacità e perfettamente inserito all’interno di quel mondo che subiva il fascino (anche economico) dell’automobile, il 1° marzo 1924 decise ufficialmente di diventarne costruttore e nell’ottobre dello stesso anno sarà pronto il primo esemplare prototipale. Ciò richiese una riorganizzazione delle attività: il 3 agosto 1925 nasce la “Società Anonima Fonderie Officine de Benedetti - Fabbrica Vetturette FOD” (dove FOD stava per Fonderie Officine De Benedetti).
Il termine “vetturette” è molto indicativo, perché identifica un tipo preciso di produzione: questa è di tipo economico nell’acquisto e nella gestione, di piccola cubatura e dimensioni, progettata per una motorizzazione “di massa”, ed inserita dunque in quella tendenza che vuole un’automobile “per tutti” sulla scia di Ford (con la Model T), della Fiat (con i modelli 501 e 509) e delle minimali Cyclecar che spopolavano in Francia e Inghilterra. Ma De Benedetti vuole costruire un’auto economica grazie all’avanzamento tecnico, e non solo togliendo o riducendo al minimo: l’economico ed efficiente modello FOD 18 HP è la perfetta sintesi di questa visione.
Entra in produzione nel 1926 formando un primo lotto di vetture ad un ritmo di produzione che parte da un’esemplare al giorno, con programma di aumento per novembre/dicembre dello stesso anno a 4/6 esemplari giornalieri ma con previsioni a regime di 25/30 pezzi, cosa ritenuta eventualmente possibile mediante l’apporto delle strutture della “SAM” (Società Automobili e Motori) di Legnano.
Tecnica inventiva
La vetturetta vanta un telaio monoblocco costituito da un solo getto di fusione in lega speciale di alluminio che sostituisce il basamento ordinario di ogni vettura; è attraversato da una serie di armature in acciaio fuse nel pezzo stesso, così da evitare chiodature e saldature. Venne chiamato tipo “Baty” secondo uno speciale brevetto. Questo comporta minori vibrazioni generali, grande leggerezza (l’auto finita di carrozzeria pesa circa 450 chili) e ottimi risultati nelle prove d’urto in velocità oltre che di carico (ben 10 tonnellate).
Anche il comparto meccanico è un piccolo capolavoro di tecnica ed efficienza: il motore è un 4 cilindri monoblocco 2 tempi (ma non occorre miscela perché la lubrificazione è separata) in alluminio da 565 cc e circa 18 cv, con valvole in testa, pistoni in lega leggera, iniezione (per un rendimento del 50% superiore ai motori dello stesso tipo), raffreddamento ad aria, cambio 3 marce più retromarcia (con scatola fusa insieme al telaio), sospensione indipendenti sulle 4 ruote, freni posteriori, cerchi scomponibili in alluminio con raggi tubolari cilindrici in acciaio (per ridurre il peso delle masse non sospese), consumo di 3,4 L/100 km (serbatoio da 22 litri) ed una velocità massima di 75 km/h (che in realtà superò arrivando ad 81 km/h).
L’auto è un trionfo di tecnica declinata per la massima economia, tanto che l’azienda dichiarava: “Ogni particolare di questa vetturetta è stato studiato per essere prodotto col sistema più economico (massimo impiego di pezzi fusi e stampati) e ancora cercando di eliminare ogni organo meccanico che il tipo di vetturetta poteva permettere”. Ma nonostante un centinaio di esemplari prodotti, il mancato decollo definitivo e sopratutto il fallimento della Banca Italiana di Sconto posero fine all’avventura già il 28 marzo 1927. Resta oggi un solo esemplare, perfettamente conservato all’interno del Museo Nazionale dell’Automobile di Torino che ringraziamo per aver fornito la documentazione necessaria.
Autore: Federico Signorelli