Bizzarrini Manta. Supercar “monovolume”

Storiche
10 ottobre 2025, 8.30
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La genesi sull’origine di quel capolavoro del car design italiano che legittimamente è la Bizzarrini Manta è intricato, oltre che ricco di colpi di scena. La sua storia iniziò ben prima della nascita ufficiale dell’auto, ed incrociò avventure imprenditoriali diverse.
È il 1966, Giotto Bizzarrini presso la sua Prototipi Bizzarrini (poi Bizzarrini S.p.A) fondata nel 1964 dopo l’uscita dalla prestigiosa Iso Rivolta di Bresso, ha appena terminato la costruzione del terzo esemplare di un’auto che considera la sua “arma per le corse”, e che crede gli porterà grandi risultati nel motorsport internazionale: la Bizzarrini P538 S.
L’auto è una Sport Prototipo tipo Barchetta a due posti con una leggera carrozzeria in vetroresina che veste un telaio a traliccio in acciaio, e reca nel nome le caratteristiche tecniche della vettura spiegando bene anche le intenzioni del progettista: la “P” sta per la posizione posteriore del motore, il “53” si riferisce all’unità 5.359 cc di origine Chevrolet Corvette Tipo 327 Small Block da 400 CV (serie C2), il numero “8” sottolinea il numero di cilindri mentre la “S” sta per Sportscar. I primi due esemplari vengono però motorizzati Lamborghini V12, allestiti per un cliente americano che desiderava un’auto italiana in ogni componente.
bizzarrini manta

Un debutto sfortunato

La n°003, quella appunto con motore americano, avrebbe dovuto partecipare alla 24 Ore di Le Mans di quell’anno con i colori della Scuderia Bizzarrini. Purtroppo però, il destino le fu avverso: dopo appena due ore di gara e una ottima posizione contro avversarie ben più titolate, la vettura n.10 nelle mani di Edgar Berney e Andre Wicky causa un’errore ai box durante un pit-stop, venne estromessa dai giochi causa rottura del radiatore.
Rientrata in Italia la Bizzarrini P538 S n°003 riuscì a partecipare solo ad una gara in salita dove arrivò quarta assoluta. Nonostante i tentativi di riportarla in auge e in pista, dalle federazioni internazionali arrivò una vera e propria tegola: i regolamenti di gara per la stagione 1967 furono radicalmente cambiati. Per la categoria Prototipi (quella della P538 S) sarebbe stato necessario un motore da 5 litri tondi (il V8 Corvette era un 5.3 litri) e almeno 25 esemplari dovevano essere prodotti come stradali per raggiungere l’omologazione, e avere dunque la possibilità di partecipare alle gare. Bizzarrini, che aveva speso già molto denaro per lo sviluppo della vettura, si trovò in difficoltà finanziarie che lo portarono a fermare il progetto. Convertì la Nostra in stradale cercando di venderla per risolvere almeno i propri problemi economici, ma senza successo. Purtroppo la Bizzarrini P538 S anziché essere l’auto della vittoria, fu quella che portò al declino l’azienda di Livorno. Ma non finì qui.

Una nuova vita, nel segno di Giugiaro

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Nel frattempo il giovane quanto già conosciuto e talentuoso designer Giorgetto Giugiaro, ancora ventenne, dopo la sua ultima esperienza come stilista in Ghia (dove disegnerà ad esempio la De Tomaso Mangusta) decise nel 1967 di investire per mettersi in proprio insieme ad altri professionisti; tra questi il tecnico Aldo Mantovani. Ma per lanciare il suo studio, che è in grado di seguire un’auto dal foglio di carta al prototipo marciante, sente la necessità di dover proporre per il Salone di Torino del 1968 (al tempo un riferimento nel mondo del design dell’automobile) un’idea capace di stupire visitatori, giornalisti, addetti ai lavori e capitani d’industria. Pensò ad una Show Car sportiva, innovativa, sorprendente ma realizzabile, così da raccogliere i più ampi consensi. Giugiaro cercò una base utilizzabile che potesse fare al caso trovandola proprio nella sfortunata P538 S telaio n°003: su quella base in appena 40 giorni la nacque la Bizzarrini Manta, prima automobile nata sotto l’insegna della neonata Italdesign di Moncalieri, vicino Torino.
La Manta fu verniciata in un volutamente sgargiante color verde/azzurro acido con filetti arancioni ed una curiosa configurazione interna a tre posti, portando all’attenzione dell’industria tematiche sulla sicurezza proponendo il piantone dello sterzo “collassabile”. Ma su tutti destò scalpore l’ardita scansione formale delle proporzioni, continua, di tipo monovolume per la prima volta utilizzata su un’auto sportiva; forma che anticiperà le tendenze degli anni Settanta influenzando l’estetica a venire di tutte le auto di questo genere, ovvero supercar con motore posteriore centrale.

Ardita in ogni dettaglio

interni bizzarrini manta
Il collegamento continuo tra il cofano ed il padiglione permise di disegnare un parabrezza inclinato di 15° davvero estremo per l’epoca, ed un’abitacolo molto spazioso reso possibile dalla generosa larghezza di 185 cm della vettura. Questa soluzione impose l’uso di un finestrino coperto da una “veneziana”, posto immediatamente sotto il parabrezza, celato come carrozzeria e manovrabile dall’interno che permetteva al guidatore di aumentare la visibilità nella guida in città. La coda tronca, figlia di ragionamenti aerodinamici già sperimentati le donò un profilo già cuneiforme, altro elemento estetico che divenne simbolo degli anni Settanta: la generale suggestione formale le varrà il nome di “Manta”, in riferimento al sottile, ampio e “aerodinamico” animale marino.
L’auto venne decenni dopo tributata dallo stesso Giugiaro nel 2008 con la Concept Car “Quaranta”, auto commemorativa che omaggiò la Manta per i quarant’anni dell’azienda.
La Bizzarini Manta esiste ancora, facendo capolino in giro per i Saloni ed i Concorsi d’Eleganza di tutto il mondo, portatrice visionaria di idee ancora sorprendenti.
Autore: Federico Signorelli
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