Ieri è caduto il ventesimo anniversario dalla morte di Michele Alboreto. Un uomo giusto, un uomo gentile, un pilota veloce che con la Ferrari andò vicino a vincere il titolo nel 1985 e che fu pienamente ammirato da un certo Enzo Ferrari, nella fase finale della sua vita.
Un uomo che seppe riciclarsi nel mondo dell’endurance già a partire da metà anni ’90 fino a quel tragico schianto il 25 aprile del 2001, sul circuito tedesco del Lausitzring, sul prototipo di quell’Audi R8 che da lì a breve avrebbe iniziato a dominare la 24 Ore di Le Mans, ma questa è un’altra storia.
Riavvolgiamo il rullino al 1987, quando a Maranello vennero tolti i veli alla magica F40. Passato il Natale, il buon Ezio Zermiani, allora inviato sui campi di gara per la Rai, si dirige gradevolmente a Fiorano dove ad aspettarlo c’è proprio lui, l’idolo dei ferraristi, Michele Alboreto, al quarto anno, di cinque, alla corte del cavallino.
Ad aspettare Zermiani non c’era solo Alboreto, bensì la nuovissima Ferrari F40 che già era entrata nel cuore degli appassionati con il suo V8 e le sue forme senza tempo, ineguagliabili ancora oggi. Un giro d’ordinanza a Fiorano, già allora “culla” delle Ferrari stradali e sede dei test della scuderia, verso Milano, la città di Alboreto che non lo ha mai dimenticato. Nel frattempo “svariate” soste di rifornimento con gli incosapevoli spettatori stupiti dalla presenza di tale connubio e del famoso giornalista.
Il resto? Se non lo avete ancora visto ve lo proponiamo noi oggi, in ricordo e alla memoria di Michele Alboreto (1956-2001). Ciao Michele!
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