Opel Performance Center, o se preferite OPC, è la storica sigla che accompagna le Opel più sportive degli ultimi vent’anni. Sì perchè proprio nel 2000 nacque la prima Opel OPC, la Astra OPC, versione vitaminizzata della berlina 3 porte con lo storico colore azzurro metalizzato.
Un’auto da appassionati. Cosa cerca un patito di motori in un’automobile? Ponendosi questa domanda, gli ingegneri della Casa del fulmine partirono con la progettazione della prima Astra OPC per cui scelsero un bel motore aspirato 2.0 da 160 CV, un assetto irrigidito, un look dedicato e, non ultimo, un impianto frenante all’altezza. Gli 8,2 secondi per passare da 0 a 100 km/h non devono stupire, oggi alcune sportive meno ambiziose fanno di meglio, ma era il rapporto prodotto/prezzo il suo punto forte.
Proprio grazie a questo fattore, le 3.000 unità di Astra OPC che Opel decise di produrre finirono nel giro di soli quattro mesi. Spinti da questo successo, nel 2002 venne adottato un turbocompressore e la potenza salì a un più rotondo dato di 200 CV, così da far entrare la seconda generazione di Astra OPC nel novero delle sportive più apprezzate dell’ultimo ventennio.
Euforici per questo apprezzamento, presto la sigla OPC si affiancò ad altri modelli, compresa la storica Zafira OPC, uno dei primi SUV ad aver voglia di misurarsi in un segmento sicuramente inedito. Nacquero, sempre nel 2002, la Opel Astra Station Wagon OPC e la stessa Zafira OPC, una monovolume (allora si chiamavano ancora così) capace di raggiungere i 220 km/h pur offrendo i suoi comodi 7 posti.
I dati di vendita della prima generazione di Opel Zafira OPC, la “monovolume prodotta in serie più veloce del mondo” parlano da soli: ne furono venduti infatti 12.000 esemplari. La fame di successo delle Opel OPC era comunque lontana dall’affievolirsi. Nel 2005 le nuove generazioni di Astra OPC e di Zafira OPC furono equipaggiate con una versione ulteriormente evoluta del motore 2.000 turbo benzina che sviluppava 240 CV.
La prima raggiungeva i 100 km/h in 6,4 secondi e una velocità massima di 244 km/h, mentre la seconda ne impiegava 7,8 secondi per una velocità massima di 231 km/h. Ampi margini di tenuta di strada e di sicurezza erano assicurati dall’autotelaio elettronico interattivo (IDSPlus su Astra, IDSPlus2 su Zafira).
Spinta dalla competizione in DTM, dove Opel corse fino al 2005, è di quell’anno la Vectra OPC, spinta da un generoso V6 2,8 litri con turbocompressore a doppia girante e fasatura variabile delle valvole da 255 CV che consentiva loro di raggiungere i 100 km/h con partenza da fermo rispettivamente in 6,7 e in 6,9 secondi. Le velocità massime (260 km/h e 254 km/h) erano degne di una granturismo di ben altro prezzo.
“Automobilismo e altro ancora” era la parola d’ordine dell’Opel Performance Center diretto da Bernd Wiesenhütter e Volker Strycek, e formato da un fulcro di lavoro di sole 15 persone. “La nostra forza è data dall’abilità dei singoli, dalla flessibilità, dalle distanze interne ridotte e dalla rapidità nel prendere le decisioni. Per un’azienda come OPC non conta solo il numero delle persone impiegate” diceva allora Strycek, parlando di come era strutturata l’azienda e del suo metodo di lavoro.
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