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In Nuova Zelanda la storia della Ferrari 166 Inter, la più antica ancora marciante

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Arriva dalla remota Nuova Zelanda una storia di quelle che strappano un sorriso. Si tratta della storia di due attempati ma ancora molto appassionati ferraristi, Amanda e Philip, la cui Ferrari 166 Inter del 1948, riportata all’antico splenodre, sfreccia ancora sulle strade neozelandesi. C’è di più: questa storia è nata quasi per caso, quando Ferrari ha organizzato un tour a bordo delle nuove Ferrari Purosangue, quando si dice i casi della vita.

Prima, però, un po’ di storia. La Ferrari 166 Inter nacque nel 1948, il secondo anno di esistenza della Casa di Maranello. Montava un V12 da 110 CV per 2 litri di cilindrata, da cui il frazionamento di 116 cc per cilindro che le ha donato il nome. Numero di telaio 007-S, questa 166 si fregiò per prima della sigla “Inter” e nel 1949 fu esposta al Salone di Ginevra. Altra curiosità: Ferrari all’epoca assegnava numeri di serie pari alle vetture destinate alle corse e numeri di serie dispari alle stradali. La 007-S fu la quarta vettura stradale mai prodotta da Ferrari a vedere la luce e, considerando che la 001 e la 003 sono andate perdute e che la 005 è conservata al museo Enzo Ferrari di Modena, la 166 Inter di Amanda e Philip è la più antica Ferrari stradale a livello mondiale!

Una storia da raccontare: la Ferrari 166 Inter venuta da lontano

Si torna al luglio del 1949 quando questo esemplare finisce a Genova nelle mani del primo proprietario, per passare successivamente a un certo Pietro Barbetti che ci gareggiò alla Mille Miglia del 1952. La vettura finì, poi, nelle mani di un capitano dell’Esercito Americano, tale Henry Bartecchi, che la incidentò durante una cronoscalata. Fu allora, siamo nel 1954, che la vettura per essere riparata finisce negli Stati Uniti dove telaio e carrozzeria vengono separati. Qui inizia l’oblio: la carrozzeria rimase abbandonata per due anni, fino al 1956. 15 anni dopo Thomas Wiggins, il nuovo proprietario, le trovò il nuovo “vestito”: si trattava di un lavoro fatto dalla carrozzeria Farina, sì quella che poi sarebbe diventata Pininfarina in onore di Battista Farina. Furono loro a unire una carrozzeria recuperata da una seconda 166 finita in disgrazia al telaio originale, ma anche in questo caso il progetto si arenò e tutto rimase com’era per ben 23 anni.

Tempo di presentazioni per Amanda e Philip, già possessori di due modelli Ferrari del 1966 (330 GT e 330 GTC). Nel 1994 si imbattono nell’annuncio che vede protagonista la 166 Inter protagonista di questa storia, appena trasferitisi dall’Alaska alla Nuova Zelanda per iniziare una nuova vita. Il colpo di fulmine è istantaneo e dopo mesi di trattative possono dire di essere i nuovi possessori. Qui inizia il duro lavoro. I due si rivolsero a un’officina specializzata in restauri, la quale si dimostrò ottimista circa il riutilizzo del motore che era ancora funzionante. Tre anni di restauri e, nel 1997, un bel viaggio a Roma invitati dal cavallino per partecipare ai festeggiamenti per il cinquatenario dove se non a Maranello.

In questi 27 anni, sono 50.000 i chilometri percorsi dalla coppia: “Non ci facciamo particolari scrupoli a guidarla. Non ci è mai interessato troppo sfoggiare la vettura in occasione di eventi. Ci piace condividere l’auto con le persone, ma guidandola”. Alla veneranda età di 76 anni, la 166 Inter ancora partecipa a gare per auto storiche. Un vero e proprio capolavoro finito nel dimenticatoio per poi essere riportato a nuova vita grazie alla passione di due simpatici ferraristi. Una storia che sia da esempio per tutti, soprattutto per le generazioni future così abituate al consumismo sfrenato.

Fonte: FerrariMagazine

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