Lo schema motoristico dei tre cilindri in linea fronte marcia fu utilizzato da Carlo Guzzi alla fine degli anni ’30 per sostituire il bicilindrico a V e contrastare con un motore più frazionato la Gilera quattro cilindri sovralimentata e la BMW Kompressor.
Essendo consentito dal regolamento, l’utilizzo del compressore divenne praticamente un obbligo, se si voleva competere ai massimi livelli, e per questo Guzzi diede ulteriore dimostrazione della sua creatività tecnica disegnando un tre cilindri con distribuzione bialbero comandata da un giro di catena.
L’albero motore era monolitico e montava bielle con la testa scomponibile, come sui motori automobilistici. Anche il compressore a palette fu costruito a Mandello. Il cambio, in blocco col motore, era a quattro rapporti.
Per quanto riguarda la ciclistica, essa riprendeva la classica sospensione posteriore Guzzi e utilizzava una forcella a parallelogramma con singola molla centrale biconica, mentre il massiccio motore era integrato nella struttura del telaio, costituita sostanzialmente da una trave scatolata che correva sotto il serbatoio e due piastre verticali a cui era infulcrato il perno del forcellone.
Inizialmente i freni erano gli stessi utilizzati all’epoca sulla Condor 500 ma poi l’anteriore fu sostituito da un nuovo tamburo di diametro 280 mm che ritroveremo poi sulle Moto Guzzi da corsa del dopoguerra.
Allestita lasciando trapelare poche notizie tecniche, la Tre Cilindri fu testata sull’autostrada Bergamo-Brescia nella primavera del 1940 da Guglielmo Sandri che ne ricavò un’ottima impressione.
La Tre Cilindri debuttò in gara a Genova, sull’omonimo circuito cittadino, il 26 maggio, ma non fece bella figura: problemi a una candela e irregolarità di funzionamento non le consentirono a Sandri di farle esprimere il suo potenziale, che peraltro non poté mai essere dimostrato poiché poche settimane dopo il debutto l’Italia entrò in guerra e alla Moto Guzzi, si dovette pensare a tutt’altro che non le competizioni.
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