L’Unione Europea spinge per l’espansione delle infrastrutture di ricarica, ritenendola cruciale per la transizione verso la mobilità elettrica entro il 2035. Si tratta di un’opinione tutt’altro che condivisa da tutti, in quanto molti ritengono che il vero problema sia il costo elevato delle auto elettriche, ancora inaccessibili per gran parte dei consumatori. L’UE dovrebbe concentrare maggiori sforzi sulla riduzione dei prezzi e dei costi di produzione, oltre che sulle colonnine, per garantire una transizione elettrica davvero efficace.
Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Europea, ha ribadito l’urgenza di potenziare le infrastrutture di ricarica per supportare la transizione verso la mobilità elettrica. Con l’imminente divieto di vendita di auto a benzina e Diesel nel 2035, l’Europa deve prepararsi adeguatamente. Durante una seduta del Parlamento Europeo a Strasburgo, Dombrovskis ha sottolineato che è fondamentale raddoppiare gli sforzi per garantire una transizione sostenibile e accettata da tutti.
Dombrovskis ha descritto la transizione all’elettrico come un’enorme opportunità di mercato per l’industria automobilistica europea, che potrebbe generare nuovi posti di lavoro. Il tutto senza considerare che permangono difficoltà importanti, soprattutto in merito alla disomogenea distribuzione delle colonnine di ricarica. Per rispondere all’aumento (seppur flebile) della domanda di veicoli elettrici, è urgente espandere e migliorare l’accesso alle infrastrutture di ricarica in tutto il Vecchio Continente.
Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, una vettura su cinque venduta nel 2024 sarà elettrica. Dombrovskis ha avvertito che l’Europa non può permettersi di perdere il suo vantaggio competitivo, e che deve mantenersi in linea con i crescenti investimenti globali nel settore.
Un altro tema cruciale riguarda i costi di produzione, che in Europa sono circa il 30% più alti rispetto a quelli cinesi, a causa di prezzi maggiori di energia, manodopera e materie prime. Sebbene l’industria europea mantenga un primato tecnologico in molti ambiti, le case automobilistiche cinesi sono in vantaggio nelle batterie, software e tempi di sviluppo. Anche i sussidi esteri rappresentano un’ulteriore sfida per i produttori europei. L’UE, ha garantito Dombrovskis, lavorerà per creare condizioni favorevoli che permettano all’industria europea di competere efficacemente.
Nonostante l’enfasi posta sull’espansione delle colonnine di ricarica, molti ritengono che il vero ostacolo alla diffusione delle auto elettriche non risieda solo nelle infrastrutture, ma nei prezzi ancora elevati dei veicoli alla spina. La Commissione Europea sembra concentrarsi principalmente sulla disponibilità dei punti di ricarica, ma ignorare i costi elevati potrebbe essere un errore strategico. Infatti, nonostante i progressi tecnologici e gli incentivi, l’acquisto di un’auto elettrica rimane ancora proibitivo per molti consumatori, specialmente se confrontato con i prezzi delle auto tradizionali, basti pensare che per acquistare l’auto elettrica più economica sul mercato, una Dacia Spring, occorrono qualcosa come 17.900 euro a fronte dei 15.900 euro con cui si porta a casa una FIAT Panda a benzina.
L’Unione Europea dovrebbe quindi ampliare il suo intervento, mirando non solo all’infrastruttura, ma anche alla riduzione dei costi di produzione e di vendita delle auto elettriche, che risultano ancora elevati rispetto a quelli dei produttori cinesi. Interventi mirati per abbassare il prezzo delle materie prime e migliorare gli incentivi per l’acquisto potrebbero avere un impatto più rapido e significativo rispetto al solo potenziamento delle colonnine di ricarica. In sostanza, per accelerare la transizione verso l’elettrico, è essenziale affrontare le radici economiche del problema, piuttosto che limitarci alle sue manifestazioni superficiali.
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