Motorsport

Licenziato Binotto, dimissioni accettate dalla Ferrari

Tempo di lettura: 6 minuti

Dopo le indiscrezioni delle ultime settimane riguardanti Mattia Binotto licenziato, nella mattinata di oggi le speculazioni sono diventate realtà. Il tanto atteso Binotto Out è arrivato: l’ormai ex Team Principal della Scuderia Ferrari ha rassegnato le sue dimissioni alla dirigenza di Maranello, che ha deciso di accettarle. Le dimissioni di Binotto seguono le tantissime voci degli ultimi mesi e le speculazioni su un possibile sostituto dell’ingegnere italo-svizzero. Binotto lascia la Ferrari dopo 28 anni di permanenza e una trafila lunghissima, da giovane motorista a Direttore Tecnico delle operazioni in Formula 1 del Cavallino. Le dimissioni di Mattia Binotto saranno effettive dal 31 dicembre 2022. In quella data lascerà il suo incarico di Team Principal, ricoperta con alterne fortune dal 2019 al 2022. Scopriamo allora tutto sulle dimissioni di Binotto, e le opzioni per il futuro della Ferrari e dello stesso Mattia.

Licenziato Binotto, dimissioni accettate. Vigna, a.d. Ferrari: “Grazie per i 28 anni in Ferrari”

La possibilità di vedere un Mattia Binotto licenziato è quindi diventata realtà, anche se non proprio come ce la si aspettava. Da settimane infatti si rincorrevano le voci di una Ferrari insoddisfatta dei risultati di questa stagione. Presunte pressioni interne tra tecnici e piloti sull’ingegnere a capo della Scuderia portavano quindi alla possibilità di un licenziamento da parte del Consiglio di Amministrazione del 53enne italo-svizzero. Tutte queste indiscrezioni però hanno alla fine portato alla decisione da parte dello stesso Mattia Binotto di rassegnare le proprie dimissioni. Nella mattinata di oggi Ferrari ha diramato un comunicato che raccoglie le dichiarazioni dell’amministratore delegato di Maranello, Benedetto Vigna, e quelle dello stesso Binotto.

“Desidero ringraziare Mattia per i suoi numerosi e fondamentali contributi nei 28 anni passati in Ferrari.”, ha dichiarato Vigna. “In particolare, lo ringrazio per la sua guida che ha portato il team ad essere di nuovo competitivo nella scorsa stagione. Grazie a questo, siamo in una posizione di forza per rinnovare il nostro impegno, in primo luogo per i nostri incredibili fan in tutto il mondo, per vincere il più importante trofeo nel motorsport. Tutti noi della Scuderia e nella più vasta comunità Ferrari auguriamo a Mattia tutto il meglio per il futuro”.

“Con il dispiacere che ciò comporta, ho deciso di concludere la mia collaborazione con Ferrari.”. Inizia così la dichiarazione, dopo le sue dimissioni, di Binotto, che chiude un enorme capitolo della sua vita con l’allontanamento dalla Ferrari. “Lascio un’azienda che amo, della quale faccio parte da 28 anni, con la serenità che viene dalla convinzione di aver compiuto ogni sforzo per raggiungere gli obiettivi prefissati. Lascio una squadra unita e in crescita. Una squadra forte, pronta, ne sono certo, per ottenere i massimi traguardi, alla quale auguro ogni bene per il futuro. Credo sia giusto compiere questo passo, per quanto sia stata per me una decisione difficile. Ringrazio tutte le persone della Gestione Sportiva che hanno condiviso con me questo percorso, fatto di difficoltà ma anche di grandi soddisfazioni.”.

Qual è futuro dopo le dimissioni di Binotto? E quello della Ferrari?

Dopo le dimissioni di Binotto, arriva ora il momento di capire (citando uno dei tormentoni dello stesso Mattia) cosa succederà all’ingegnere ormai ex Ferrari e alla Scuderia. Quando le indiscrezioni su Binotto licenziato si rincorrevano, erano tantissime le voci che portavano il nome di Frederic Vasseur, attuale Team Principal Alfa Romeo, alla corte di Maranello. Ancora oggi, Vasseur sembra essere in pole per la successione dopo le dimissioni di Binotto.

Negli scorsi giorni, poi, sono stati fatti tantissimi nomi, da Andreas Seidl (McLaren) a Franz Tost (Alpha Tauri), dagli ex ferraristi Gerhard Berger alla leggenda Ross Brawn. Come indica anche il comunicato stampa Ferrari, però, la ricerca di un nuovo Team Principal inizia ora, e dovrebbe concludersi, secondo la Scuderia, nel nuovo anno. Dovremo quindi attendere realisticamente i primi di gennaio per scoprire chi sarà il successore di Binotto. Si sono inoltre susseguite ulteriori voci secondo le quali, dopo le sue volontarie dimissioni, Binotto sia diventato un pezzo pregiato sul mercato dei degli ingegneri, inseguito da diverse squadre.

Il suo valore da tecnico non è mai stato in dubbio, in quanto è dietro i più grandi successi della Rossa dal 1994 ad oggi. Per questo non stupisce che squadre come Alpine, Aston Martin e persino un top team (che dovrebbe essere Mercedes) siano interessati all’ingegnere nato a Losanna. Anche in questo caso, però, dovremo aspettare qualche mese per scoprire il futuro dopo le dimissioni di Binotto e quello della Scuderia Ferrari.

La gestione Binotto: 7 vittorie in quattro anni e risultati sotto le attese

Nel corso dei mesi, il movimento Binotto out è stato sempre più partecipato e forte tra i tantissimi tifosi della Ferrari in giro per il mondo. Un po’ come succede nel calcio (anche lì per la famiglia Agnelli/Elkann non sono giorni semplici, dopo il terremoto-Juventus…), infatti, spesso si pensa basti cacciare l’allenatore per risolvere tutti i problemi di una squadra. Con la spettacolarizzazione e la rinata popolarità della Formula 1, questo movimento di “epurazione” ha preso piede, e ha colpito in pieno la squadra più amata e seguita al mondo.

Binotto, del resto, ha sempre fatto da vero e proprio parafulmine, addossando su se stesso le colpe della squadra, delle strategie e delle mancanze della squadra. Questa sua sovraesposizione lo ha portato anche su palcoscenici come quello di Maurizio Crozza. Il comico ligure ha impersonato spesso nel suo spettacolo Fratelli di Crozza l’ingegnere di Losanna, che ne hanno inevitabilmente aumentato la popolarità, e di conseguenza le critiche. La verità, però, è che come spesso accade nel calcio non basta allontanare l’allenatore per risolvere i problemi. Anzi.

Soprattutto in un ambiente come la Formula 1, le dimissioni di Binotto non saranno la soluzione a tutti i mali della Scuderia. La Ferrari ha infatti cambiato quattro Team Principal in 10 anni. Nel 2014, infatti, Stefano Domenicali ha lasciato l’incarico a Marco Mattiacci. Il manager romano però già alla fine dello stesso anno salutò la Ferrari, facendo posto a Maurizio Arrivabene. L’attuale ad della Juventus ha portato nuovamente alla vittoria la Scuderia con alterne fortune fino al 2019, quando ha lasciato il posto all’oggi dimissionario Mattia Binotto.

Durante la gestione Binotto, la Ferrari ha totalizzato 7 vittorie in quattro stagioni, quattro nel 2019 e tre quest’anno. Si tratta di certo di un bottino un po’ magro in 82 Gran Premi, soprattutto per il blasone del Cavallino. Ma non sono state tanto le poche vittorie a lasciare l’amaro in bocca durante la gestione Binotto. Gli errori enormi a livello di strategia, il rapporto tra piloti, ingegneri di pista e squadra sempre più teso, e non per ultimo vetture che, nonostante spesso fossero sulla carta interessanti, non hanno mai raccolto quanto meritato hanno pesato più di tutti sul giudizio dell’era Binotto in Ferrari. Secondo quanto rivelato da Leo Turrini, giornalista storicamente vicino a Ferrari, Binotto avrebbe avuto la nomea all’interno della Scuderia da “arrampicatore”. Turrini ha riportato anche di un soprannome, “Il Faraone”, attribuito a Binotto dai membri della GES (la Gestione Sportiva di Ferrari.

Perché le dimissioni di Binotto non risolveranno i problemi della Ferrari

Binotto, ovviamente, non è esente da colpe. Come nelle relazioni, la colpa di una rottura non è mai unilaterale. L’errore più grande che si può imputare a Mattia Binotto è quello di aver voluto arrivare al vertice, al posto del suo mentore Jean Todt. Binotto è infatti un eccellente ingegnere, dietro alle ere più vittoriose della Ferrari. Per questo, Binotto oggi è estremamente ricercato all’interno della F1, come abbiamo detto in precedenza. Per fare il Team Principal, però, non serve solo la competenza tecnica. Servono polso, capacità di parlare con i media, la bravura a indirizzare anche con il proprio carisma il lavoro di una squadra di migliaia di persone verso la vittoria. Queste sono caratteristiche che vengono subito in mente pensando a Toto Wolff o a Christian Horner, ma purtroppo non pensando a Mattia Binotto.

Il momento in cui arrivano le dimissioni di Binotto, poi, è particolarmente delicato. Sebbene per noi appassionati la pausa invernale può sembrare un momento “fermo”, per la F1 è un periodo cruciale. Tra novembre e febbraio si conclude lo sviluppo della vettura per la stagione successiva. Per ottenere il massimo dalla nuova monoposto, serve una squadra coesa, unita e che viaggia nella stessa direzione. Una squadra senza un direttore, queste cose, non può farle. Si preannuncia quindi già in salita la sfida che si porrà davanti al prossimo TP Ferrari, che dovrà essere in grado di mettere subito in piedi una squadra capace di rendere la prossima monoposto in grado di puntare al campionato.

Con le dimissioni di Binotto, infine, rimangono al loro posto le figure che più di tutte hanno deluso in questa stagione. Il responsabile delle strategie, infatti, è Inaki Rueda, mentre il Direttore Sportivo è Laurent Mekies. Anche l’ingegnere di pista di Leclerc, Xavier Marcos Padros, è stato molto criticato per il rapporto che ha con il pilota monegasco. Proprio Leclerc è stato sempre piuttosto critico con la direzione della Scuderia, accusata secondo le indiscrezioni di non farlo sentire al centro del progetto come succede con Verstappen. Non deve stupire, quindi, che sembra proprio che sia stato l’entourage di Charles a far trapelare le prime voci delle possibili dimissioni di Binotto.

Tutte queste figure sono rimaste al loro ruolo, e difficilmente cambieranno per evitare rivoluzioni che complicherebbero ancora di più le prossime stagioni. Si era parlato di un allontanamento di entrambi entro la fine della stagione. Oggi però, dopo le dimissioni di Binotto, sarebbe un clamoroso autogol per Ferrari che dovrebbe così sostituire tre figure apicali in meno di 3 mesi. L’addio di Binotto è un segnale che le cose, in Ferrari, non funzionano come dovrebbero.

Binotto, con queste dimissioni, è come se dichiarasse che, allo stato attuale delle cose, non è possibile migliorare e progredire. E questo, al netto della gioia degli anti-Binotto, è un segnale preoccupante da non sottovalutare. Per ultimo, ma non meno importante, Binotto era un uomo di fiducia di Sergio Marchionne, che vedeva in lui il futuro della Scuderia. Con la morte improvvisa di Marchionne e l’arrivo di John Elkann, però, Binotto rimane un uomo della precedente dirigenza, in contrapposizione con l’attuale Board della Casa. Quale sarà quindi il futuro della Ferrari? Non è affatto facile dirlo. Chi si aspetta un cambio di passo totale già dal 2023 con l’addio di Binotto si metta il cuore in pace: non sarà facile cambiare tutto sostituendo una sola persona. Neanche se ti chiami Ferrari.

Giulio Verdiraimo

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Giulio Verdiraimo

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