Correva l’anno 2000, il nuovo millennio era appena iniziato ma a Maranello la voglia di vincere iniziava a creare un’aria pesante attorno al cavallino, un’aria che solo l’arrivo di Schumacher cinque stagioni prima, nel 1996, stava cercando di dipanare. Il Gran Premio di Suzuka 2000, disputatosi proprio l’8 ottobre di 20 anni fa, quella domenica autunnale profumava di giornata che sarebbe entrata, in un modo o nell’altro, nella memoria degli appassionati di motorsport. Puntata la sveglia, allora in Italia il GP veniva trasmesso all’alba se non prima, tutti collegati con Suzuka.
Schumacher arrivava al penultimo appuntamento iridato con 8 punti di vantaggio sul rivale Hakkinen, forte di 7 vittorie contro le quattro del finlandese. Memorabile la quarta vittoria stagionale del finnico a SPA, con quel magico sorpasso ai danni di Schumi sfruttando il doppiato Zonta, roba da cineteca delle corse. Stagione apertissima dunque, specie dopo il tripudio di Monza che iniziò a far innamorare i ferraristi del pilota che poche settimane dopo avrebbe regalato loro la gioia più grande di tutte, quel mondiale che mancava dal 1979.
Si arriva dunque alla qualifica con Schumacher in pole davanti a Hakkinen per soli 9 millesimi di secondo, un’inezia che dava l’idea del livello di competizione in gioco nel corso nonostante la stagione 2000 fosse agli sgoccioli. All’epoca il sistema di punteggio attribuiva i punti solo ai primi sei classificati quindi il finlandese doveva per forza di cose piazzarsi davanti al tedesco con almeno 8 punti di margine, già un’impresa in partenza.
Forse non memore della partenza del 1998, quando la Ferrari sprecò proprio sulla stessa piazzola in Giappone il primo match point della squadra che tante soddisfazioni avrebbe regalato negli anni a venire, Schumi scattò male dal via e lasciò sopravanzare Hakkinen. La gara, chi l’ha vissuta troverà conferma in queste parole, sembrava un film tanto il copione era ben scritto e tanto venne vissuta da tutti i tifosi praticamente in apnea.
Un giro dopo l’altro il distacco tra i due si manteneva sempre costante, almeno fino al primo round di pit stop. Fu però alla seconda sosta, al giro 37, che Schumi compì il miracolo. Fermatosi l’ex campione del mondo 1999, l’allora due volte campione del mondo con la Benetton spinse al massimo per ancora tre tornate tentando quello che oggi chiameremmo l’overcut e compì l’impresa. Al rientro dal suo secondo pit Schumi era davanti a Hakkinen e si trattò solo di controllare il distacco nonostante la rimonta dello scandinavo volante.
A Maranello, nonostante l’ora mattiniera, fu festa grande. Le campane suonarono quella domenica mattina di inizio autunno come non accadeva da troppi anni e il titolo tornò finalmente in Emilia a distanza di più di vent’anni, e di tante occasioni perse, per quello che fu il decimo titolo piloti della Scuderia, terzo per Schumacher cui seguirono altri quattro titoli (2001, 2002, 2003 e 2004). Due settimane più tardi, il coronamento dell’impresa e l’avvio dell’era Schumacher: in Malesia seguì il titolo costruttori. L’inizio di un’era rimasta nella storia del motorsport.
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