Prosegue la battaglia (delle auto) fra USA e Cina: dopo i dazi di oltre il 100% piazzati dal presidente Biden sulle vetture provenienti dal Paese del Dragone, ora l’attenzione si sposta sulle auto connesse prodotte dagli orientali. La Casa Bianca intende, infatti, blindare i software delle macchine made in China. Se proprio un mezzo deve essere connesso, allora la sua provenienza non dev’essere la nazione della Grande Muraglia.
Se la burocrazia dell’Unione Europea prevede tempi lunghissimi per gli extra dazi anti auto elettriche cinesi, con voti segreti e riunioni fiume, gli yankee giocano la loro partita contro Pechino sfruttando la propria incontestabile virtù: la velocità di esecuzione. Il Dipartimento del commercio statunitense ha in mente di avviare la regolamentazione del software delle auto connesse cinesi già a inizio agosto 2024, come anticipato a maggio dalla super efficiente segretaria Gina Raimondo.
I veicoli collegati al web farebbero paura, sarebbero pericolosi, stando agli States: il rischio è che finisca nelle mani sbagliate la mole immensa di informazioni raccolte, ossia spostamenti, abitudini, tipo di acquisti, ricerche, tendenze. Dati sensibili che fanno gola a società di vario genere, disposte a sborsare fior di soldoni pur di impadronirsene a fini economici e politici. Il sottosegretario per l’Industria e la sicurezza, Alan Estevez, arriva a definire “oggetti spaventosi” le auto connesse: “La vostra macchina sa un sacco di cose su di voi. Scatta foto in continuazione, gestisce la propulsione, è connessa al vostro telefono, sa chi chiamate e dove andate. Quindi il software che la gestisce dovrebbe essere sviluppato in un Paese alleato”.
Trattasi di un tema di carattere sia automotive sia geopolitico, come accade da tempo quando si parla di auto cinesi, specie se elettriche e connesse. Non per nulla Internet è nato come strumento militare, e il nome (rete) richiama la ragnatela fatta dagli aracnidi per intrappolare i nemici.
Autore: Mr. Limone