Il 14 agosto 2018 è stato uno dei giorni più tristi della storia italiana. A Genova crollò il Ponte Morandi (ufficialmente Viadotto Polcevera), dando vita ad una delle più gravi tragedie stradali italiane. Sotto un’incessante pioggia morirono 43 persone, che si trovarono di fronte al loro triste destino.
Il ponte era chiaramente in condizioni a dir poco critiche per via dell’insufficiente manutenzione da parte di Autostrade per l’Italia. I possibili colpevoli sono stati individuati, ma nulla potrà mai dare un vero senso di giustizia a chi ha perso delle persone in questa pagina tragica di storia.
In merito a questa tragedia, il quotidiano “la Repubblica”, ha pubblicato un’intervista al colonnello della Guardia di Finanza Ivan Bixio, uomo a capo del team che condusse le indagini sul crollo. Dalle dichiarazioni del militare sarebbero emersi dei tentativi di insabbiamento verificatisi nel corso delle indagini.
Queste le parole del colonnello Bixio: “Il 14 agosto di quattro anni fa anche io ero lì, rientrato di corsa dalle ferie. Gli uomini del mio Primo Gruppo stavano scavando fra le macerie insieme agli altri soccorritori, hanno tirato fuori cadaveri. Faceva impressione quanto fossimo così piccoli di fronte all’enormità delle macerie e della tragedia. Due giorni dopo la Procura ci ha dato la delega ad indagare. Adesso, ad inchiesta chiusa e processo iniziato, tutto ha un filo logico. Ma allora ci siamo trovati davanti ad una montagna. Abbiamo fatto delle corse contro il tempo, soprattutto all’inizio. Da una parte c’era il rischio che qualcuno tentasse di eliminare eventuali prove, come per altro in qualche caso è successo. Dall’altra dovevamo cercare filmati, era la settimana di Ferragosto e le aziende della zona chiuse, quelle telecamere dopo 48-72 ore sovra-registrano. Trovammo diversi video, il più noto, quello della società Ferrometal, è l’unico che restituisce il disastro integralmente. Nonostante ciò abbiamo cercato di indagare senza alcun pregiudizio, prendendo in considerazione ogni possibile causa del disastro. Lavorando sul crollo del Morandi abbiamo trovato elementi nuovi sul conto di Autostrade e della società gemella Spea, allora addetta ai controlli. I report sulle condizioni di salute degli altri viadotti a parer nostro ammorbiditi, le barriere anti-rumore pericolose e fuori norma, fino ai problemi delle gallerie dopo il crollo della Berté sulla A26. Ci siamo molto preoccupati quando su disposizione della Procura siamo andati letteralmente a chiudere il traffico su due ponti liguri. Io stesso ho viaggiato fino a Roma per sollecitare il ministero a effettuare controlli serrati sulla rete. […] Noi ci sentivamo in dovere di dare una risposta a persone che avevano perso tutto. Da padre mi sono immedesimato in un bambino che cresce senza genitori dopo una simile enormità. Sapevamo che loro si aspettavano fatti, ma solo noi avevamo ben presente i possibili scenari futuri dell’inchiesta. La loro determinazione ci ha aiutato tantissimo”.
Fonte: LaRepubblica.it
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