Una sfida nata dalla mano di Flaminio Bertoni, che portò al lancio di un’auto che segnò la storia dal 1961: la Citroen AMI 6.
La storia della Citroen AMI 6 inizia a metà degli anni ‘50, quando serviva una vettura da inserire in gamma tra la 2CV e la DS19. Tra il 1956/57 ebbe luogo una riunione tra capi del Centro Studi Citroen e Pierre Bercot, che dall’anno successivo fu Presidente e Direttore Generale del brand.
La richiesta di Bercot era di creare una “media” a 4 porte, con motore di meno di un litro, per 4 persone con bagagli inclusi e un comfort di stampo Citroen. Senza dotare l’auto di portellone (che Bercot non amava) ma con una linea di carrozzeria a tre volumi.
Una consegna difficile, a cui Bercot aggiunse: “tutto questo usando il pianale e la maggior parte degli organi meccanici della 2CV”.
La discussione della futura Citroen AMI 6 si spostò al Centro Studi con Flaminio Bertoni, il quale ascoltò il resoconto e rispose: “beh, si può fare […] ma devo parlare direttamente con Pierre Bercot”.
Bertoni incontrò Bercot, si fece ripetere il piano e disse “scommettiamo che io ci riesco?”. Bercot sorrise e in risposta accennò: “non amo scommettere, ma farò un’eccezione”. Bertoni si ripresentò da Bercot pochi giorni dopo con un modello in gesso della futura Citroen AMI 6.
C’era il cofano anteriore profilato e aerodinamico, fari anteriori integrati nel frontale, una linea Ponton che collegava il frontale al retro della vettura e un grande bagagliaio di oltre 350cm³ di volume.
E il tetto in resina come quello della DS. Partiva dal parabrezza anteriore e arrivava ben oltre la testa dei passeggeri, per poi “tornare” indietro fino alle loro spalle, lasciando abbondante spazio alle teste degli occupanti del sedile posteriore. Una linea a “Z” inedita.
Bercot rimase impressionato: tutti gli organi meccanici della 2CV, col motore portato a 602cc di cilindrata dai 425 della 2CV. Telaio irrigidito ma del tipo 2CV: stesse quote, carrozzeria con piani sagomati ed ampie scalfature per permettere l’uso di lamiere più sottili a parità di rigidezza dell’insieme.
Alla fine la soluzione di Bertoni era funzionale, efficace e rispondeva alle richieste.
Ma come arrivarono al nome Citroen AMI 6? Un gioco di lettere e di pronuncia: si trattava di una “A” (sigla della 2CV) per il “Mi” inteso come “gamma media” con un “6” che letto alla francese rendeva la parola “L’Amicizia”!
Si decise che questa Citroen AMI 6 sarebbe stata prodotta a Rennes, in una nuova fabbrica a ciclo completo pronta entro la fine del 1960. La costruzione del nuovo stabilimento proseguì fino all’inizio del ’61.
Nel frattempo i reparti completati avevano già avviato le macchine da lavoro e così i primi esemplari erano già pronti a febbraio.
Bercot ad aprile convocò i giornalisti presso l’aeroporto militare di Villacoublay (Parigi) per presentare loro la nuova Citroen AMI 6. Contemporaneamente l’auto veniva presentata anche in Belgio, Germania, Svizzera e Italia.
In Francia la situazione era diversa: era in corso il “Putsch di Algeri” da parte dei generali ribelli e dalla location scelta (l’aeroporto di Villacoublay) partivano e atterravano gli aerei dei reparti speciali francesi. Per questo motivo lo show fu spostato all’interno del salone sugli Champs-Élysées, dove una vettura era presente (coperta) da alcuni giorni.
L’evoluzione della Citroen AMI 6 portò una versione Break nel 1964 e ad un incremento delle prestazioni grazie a motori più compressi ed altri totalmente nuovi (dal 1968).
La potenza passò da 18 a 35 cavalli, a parità di cilindrata e quando nel 1969 Citroen AMI 6 lasciò il testimone ad AMI 8, la vettura mantenne la sua fetta di mercato.
La berlina di Bertoni fu prodotta in oltre 2.500.000 esemplari, rimase a listino Citroen per 17 anni fino al luglio del 1978, quando fu progressivamente sostituita dalla Visa, appena lanciata.
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