Era il 2006, più precisamente a inizio marzo al Salone di Ginevra, quando il mondo vide per la prima volta la Alfa Romeo Diva. Ecco il design, il motore, la potenza e tutte le informazioni.
Il Centro Stile Alfa Romeo e il designer svizzero Franco Sbarro, con il finanziamento della società di ingegneria Elasis (di FCA Group), crearono una concept che portava con un sé una responsabilità gigantesca, quasi insostenibile: essere l’erede spirituale e concettuale della più bella Alfa Romeo di sempre, la 33 Stradale.
Questa vettura non a caso è stata chiamata Diva e oggi, a 14 anni dal suo debutto, ci chiediamo se sia stata una grande occasione persa oppure abbia dato la possibilità alla successiva 4C di entrare nell’olimpo delle più affascinanti vetture della Casa di Arese.
Già, perché la somiglianza, che in origine è della 33 Stradale, oggi la vediamo anche con la successiva baby supercar nata nel 2013, 7 anni dopo la Alfa Romeo Diva.
Le forme sinuose, le grosse prese d’aria sui passaruota posteriori, la forma compatta e “scattante” della silhouette, sono caratteri comune a entrambe. Il tocco della concept deriva dalle porte ad ali di gabbiano e i due specchietti incernierati nella parte alta degli ampi finestrini delle portiere.
Gli interni della Alfa Romeo Diva sono semplici, ma perfettamente realizzati e curati, con sedili sportivi, cinture a quattro punti, volante sportivo targato Momo e plancia ricca di tasti dedicati a regolazioni in stile racing.
Proprio così. La Alfa Romeo Diva era equipaggiata con uno dei motori che più hanno amato gli appassionati del Biscione, che prende il soprannome dal suo progettista Giuseppe Busso. Questo propulsore nasce 2.5, si evolve in 3.0 equipaggiando mostri sacri come la Alfa 75 e la SZ, e ripreso nel 2002 con le indimenticabili 3.2 156 e 147 GTA, oltre a 166 e GT.
In questo caso il Busso 3.2 raggiunge la potenza di 290 CV scaricati sulla sola trazione posteriore, per 270 km/h di velocità massima e circa 1.000 kg di peso, ottenuti tramite la cellula del telaio in carbonio. Un motore abbinato al poco performante cambio Selespeed a 6 rapporti, alle sospensioni push-rod a quadrilatero e ad una aerodinamica curata nel minimo dettaglio.
Vuoi per la partnership determinante con Sbarro, vuoi per qualche soluzione che non ha mai convinto appieno (vedi Selespeed e design azzardato se paragonato alla “33”), la Alfa Romeo Diva è stata presto dimenticata, anche per il fatto che poco dopo a dominare il palcoscenico internazionale è arriva la 8C Competizione, un’auto che, nonostante – o forse grazie – una tiratura limitatissima (500 esemplari coupé e 329 spider), ha lasciato un solco nei cuori degli appassionati, che l’hanno cancellata definitivamente dai loro pensieri quando è arrivata la 4C.
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