Nel panorama automobilistico attuale le cosiddette “hot hatch” da 250-300 cavalli sono praticamente la normalità. Quasi tutti i marchi hanno la loro proposta, a trazione anteriore oppure integrale. Ma una dozzina di anni fa, la situazione era un po’ diversa.
Le berline compatte più potenti erano ancora lontane dai 200 CV e non avevano quella specializzazione corsaiola che vediamo oggi, fatta di impianti frenanti pronto-gara, differenziali autobloccanti e sospensioni elettroniche. Per questo quando l’Alfa Romeo presentò la 147 GTA tutti rimasero a bocca aperta.
Non era a trazione posteriore, certo, ma era tutto quello che un fan del Biscione si potesse aspettare in quegli anni difficili per il Gruppo Fiat. La base di partenza, del resto, era ottima e non importa se buona parte del pianale derivasse ancora da quello della Tipo degli anni Ottanta. Erano le sospensioni a fare la differenza: l’ormai leggendario quadrilatero alto all’anteriore – a cui poi si sono ispirati svariati concorrenti – e il McPherson a doppio braccio al posteriore.
Ma era quello che si celava sotto il cofano anteriore che scaldava maggiormente il cuore degli appassionati, alfisti e non. Anche un tifoso sfegatato dell’unica concorrente dell’epoca, la iper-tecnologica Golf R32, non poteva rimanere insensibile al fascino del V6 italiano. Il mitico Busso nella sua ultima evoluzione, con 3.179 cc capaci di generare 250 CV a 6.200 giri e 300 Nm di coppia a 4.800 giri.
Un motore vecchia scuola, senza particolari artifici tecnologici, assetato di benzina, con tanto cuore e un sound da pelle d’oca. La 147 GTA, pur non avendo proprio un’aerodinamica “missilistica” raggiungeva i 248 km/h e scattava da 0 a 100 km/h in 6,3 secondi, ma poteva vantare anche una grande elasticità nelle marce alte. Insomma, questa Alfa era una vera e propria sportiva anche se andava guidata con perizia. La distribuzione dei pesi sbilanciata sull’anteriore, tipica delle tutt’avanti ma qui ancora più accentuata dalla massa del “motorone”, richiedeva una guida precisa e assai pulita.
Il principale limite dell’auto e anche la difficoltà tecnica da tenere presente nella guida, era l’assenza di un differenziale autobloccante anteriore. Scaricare bene la potenza in uscita di curva era dunque una questione di sensibilità e allo stesso modo serviva grande padronanza per governare uno sterzo ultra diretto – solo due giri da un fine corsa all’altro – e molto sensibile alle variazioni del manto stradale.
Sui freni, invece, si poteva contare senza riserve, grazie a un impianto Brembo ben dimensionato e anche nell’allestimento interno la 147 GTA non prestava il fianco a critiche, con una dotazione da top di gamma e i fantastici sedili in pelle a “cannelloni” tipici delle Alfa del passato.
Infine l’estetica, che a nostro avviso è semplicemente spettacolare. Già la 147 base, quella con le coppe ruote in plastica, era una delle auto più belle del suo tempo: elegante, aggressiva e sportiva ma equilibrata. La GTA portava tutto questo all’ennesima potenza, con un uso sapiente delle appendici aerodinamiche e alcuni dei cerchi in lega più belli mai disegnati. Una vera supercar compatta e un’auto ottimamente riuscita, che infatti sta diventando un oggetto da collezioni con quotazioni in constante salita.
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