La cura aerodinamica delle proprie realizzazioni da parte della Carrozzeria Pininfarina è sempre stata un giusto vanto per l’azienda, fortemente sottolineata dall’apertura della famosa e avveniristica Galleria del Vento inaugurata nel 1972 dall’allora Presidente Sergio Pininfarina a Grugliasco, nella prima cintura di Torino.
L’appassionato quanto rigoroso interesse per questa scienza che si fece estetica fu sempre presente in Pininfarina, dando forma ad alcune delle vetture più straordinarie di sempre come le Alfa Romeo 6C 2300 “Pescara” Coupé Aerodinamico del 1936 e la FIAT 527 Ardita 2500 Limousine Aerodinamica del 1935; per festeggiare l’importante 95° anniversario dalla fondazione nel 1930 (corso Trapani 107, Torino) vogliamo raccontarvi di questa avventura attraverso il “trittico” delle Lancia Aprilia Coupé Aerodinamico che l’azienda progettò dal 1936 al 1937 segnando un’epoca.
Siamo alla fine del 1934, e l’allora produzione Lancia si articolava partendo dalla piccola di casa Lancia Augusta, passando poi per la media Artena, la grande Astura e la monumentale Dilambda che, seppur ormai ben sostituita dalla stessa Astura veniva ancora proposta su richiesta. Ma nella gamma proposta anche la valida Artena iniziò a sentire il peso degli anni e, per un marchio sempre con lo sguardo rivolto verso il futuro nel segno dell’innovazione come Lancia, e con le nuove istanze dell’aerodinamica applicata all’automobile in grande serie, occorreva proporre qualcosa di profondamente nuovo, che potesse dare una scossa al mercato distinguendosi dalla concorrenza. Si pensò quindi ad un’auto rivoluzionaria, ardita, anticonvenzionale e caratterizzata dall’aerodinamica, in grado di fornire prestazioni medie superiori, stabilità, maneggevolezza e velocità.
Vincenzo Lancia, insieme ai propri collaboratori fissò le caratteristiche del nuovo modello: peso non oltre i 900 kg, linea fortemente aerodinamica, scocca portante, ampio abitacolo per cinque persone, sospensioni indipendenti sulle quattro ruote, motore V4 stretto in posizione avanzata per contenere lo spazio destinato alla meccanica, cilindrata fra i poco più di 1.000 cc dell’Augusta e i 1.500 cc.
In funzione dell’aerodinamica
L’arduo progetto prese forma con il direttore tecnico ing. Baggi e il direttore d’officina sig. Alghisi; l’ufficio esperienze era diretto dal Cav. Battista Falchetto per la parte generale dei veicoli e dagli ingegneri Sola e Verga per i motori. Gli studi iniziarono attraverso diversi modellini presso il laboratorio aerodinamico in collaborazione con il Politecnico di Torino, concretizzandosi poi in un modello in scala reale di legno: esteticamente presentava una lunga e stretta coda, molto profilata e con coperture sulle ruote posteriori. Pur sposandone le intenzioni, Vincenzo Lancia indicò di ridurla regolando al contempo la curvatura del padiglione in modo da rendere la vettura più compatta. Altre novità dal punto di vista aerodinamico furono ad esempio i fari carenati collocati sui parafanghi, il parabrezza molto inclinato e l’assenza di gocciolatoio sopra le porte; il coefficiente aerodinamico della vettura risultò essere 0.47.
Presentata al Salone di Milano il 28 ottobre del 1937 (dopo la prima a Parigi) forte della sua linea avveniristica e del particolare motore V4 tipo monoblocco in alluminio, con testata a camere emisferiche e valvole in testa da 1.351 cc e 47 CV a 4.000 giri/min, la Lancia Aprilia (Tipo 238) fece scalpore. Immediatamente venne predisposto l’autotelaio da far allestire ai Carrozzieri, chiamato “Tipo 239”, per essere di volta in volta aggiornato con le varie serie presentate negli anni: nel 1939 il “Tipo 439” e nel 1946 il “Tipo 549”.
Dal capolavoro di Lancia a quelli di Pininfarina
L’autotelaio carrozzabile dell’Aprilia per dimensioni, qualità e caratteristiche tecniche si prestò alle più svariate interpretazioni durante tutto l’arco della vita del modello (dal 1937 al 1949), nel quale i più celebri e famosi carrozzieri come ad esempio Stabilimenti Farina, Ghia, Castagna, Vignale, Colli, Viberti e Touring diedero il loro meglio; fra questi anche Carrozzieri esteri come gli svizzeri Graber e Worblaufen. Ma forte dell’amicizia che legava Battista Pininfarina a Vincenzo Lancia, in quanto Battista lavorò dal fratello Giovanni presso i suoi “Stabilimenti Farina” collaborando alla definizione di alcune proposte su telai Lancia, la carrozzeria di “Monsù” Pininfarina riuscì a progettare alcune delle realizzazioni più peculiari. Da non dimenticare che la Pininfarina potè fondarsi anche grazie al finanziamento di Vincenzo Lancia che ebbe la perspicacia di intravvedere le potenzialità di Battista: talento che si declinò presto nelle protagoniste del nostro racconto.
Dal 1936 Pininfarina impostò una serie di vetture estremamente aerodinamiche con l’obiettivo di portare ad un’altro livello lo studio di questa disciplina generando nuove estetiche e livelli di prestazione.
Tutte le sperimentazioni partirono dai principi base delineati dal tecnico Paul Jaray, che già nel 1922 intuì e verificò che l’adozione di un profilo ad ala rovesciata nelle automobili sormontato da un abitacolo con parabrezza curvo e continuo che riproduceva la forma di una goccia (al tempo considerata la forma perfetta in termini aerodinamici) rendeva l’automobile estremamente più veloce, stabile ed efficiente. Difatti tali volumetrie le ritroviamo su tutti e tre i modelli, ma via via evolute secondo progressivi perfezionamenti. Queste scelte tecniche generarono estetiche inedite, abbandonando le tradizionali carrozzerie squadrate e segmentate per introdurre una forma singola, fluida e continua, nella quale tutte le parti sono integrate e raccordate (in leggero alluminio).
Sorelle diverse
I tre modelli di Lancia Aprilia Coupé Aerodinamico che si sono succeduti nel 1936 e 1937 presentano alcune differenze dovute ai continui affinamenti: nel modello 1936 abbiamo la calandra in orizzontale sormontata sulla carrozzeria da un grande marchio Lancia, le quattro ruote carenate e i fari anteriori più aggettanti, nel primo del 1937 la calandra si estese invece sul cofano anteriore, le ruote carenate sono solo al posteriore con alettature e i fari anteriori sono quasi del tutto integrati con la carrozzeria, mentre, nel secondo modello dello stesso anno (forse il più estremo e fascinoso dei tre) se la calandra è ancora stesa sul cofano, i fari anteriori sono bassi e completamente inseriti nel profilo, le quattro ruote tornano ad essere carenate con l’adozione di alettature e al posteriore spicca il doppio lunotto in Perspex (il vetro così curvato non era ancora realizzabile) con il secondo che faceva da “punta” del terminale a goccia dell’abitacolo per una migliore visibilità.
Delle tre, la versione “1936” raggiunse la velocità di 161 km/h nel tratto autostradale Roma-Ostia, mentre la seconda del 1937 venne condotta da Luigi Villoresi alla Mille Miglia del 1938 (ruote anteriori non carenate): per quanto sperimentali esteticamente influenzarono altri modelli, tra questi la Lancia Aprilia Coupé Spider Aerodinamico del 1938 che ne “normalizzava” le istanze, ed un’altra versione del 1940 che accennava il volume continuo della fiancata tipo “ponton”.
Queste vetture sono pietre miliari del car design e ci mostrano ancora una volta lo sguardo rivolto al futuro, tra tecnica ed estetica, che animava il fondatore Battista “Pinin” Farina.