Interrompere una
collaborazione di lunga durata non è mai semplice, soprattutto se ha segnato la crescita di un intero settore. Per
SEAT e
FIAT, il
divorzio arrivò all’inizio degli
anni Ottanta dopo oltre trent’anni di positiva e collaborazione.
L’accordo nato dalla collaborazione tra la FIAT ed il Governo Spagnolo nel 1950 permise al paese iberico di costruire la propria industria automobilistica con la fondazione della SEAT (Sociedad Española de Automóviles de Turismo, ovvero Società Spagnola di Automobili da Turismo) diventando il moderno marchio nazionale per eccellenza destinato a motorizzare il Paese. Per decenni i modelli SEAT furono sostanzialmente vetture FIAT riadattate e rimarchiate, prodotte dunque su licenza, proponendo una soluzione che garantì competitività e diffusione.
Ma gli anni Settanta portarono la crisi petrolifera, la fine del “miracolo economico” spagnolo e difficoltà politiche interne. L’inflazione fu devastante, con prezzi delle auto quasi raddoppiati da un anno all’altro. Le vendite crollarono, SEAT accumulò auto invendute e la situazione finanziaria divenne critica. La FIAT, che sfruttò per anni l’occasione di vendere le proprie vetture aggirando i pesanti dazi costruendole direttamente in Spagna, prese inizialmente in considerazione l’idea dell’acquisto del marchio, ma infine preferì interrompere direttamente la partnership. Con il nuovo decennio si chiudeva così uno dei rapporti più solidi e proficui dell’industria europea.
Il difficile cammino verso l’indipendenza
È chiaro come la separazione segnò un punto di svolta, con SEAT che si trovò costretta ad affrontare il futuro da sola ma ottenendo in cambio per la prima volta totale libertà di azione, divenendo un costruttore indipendente, senza il sostegno diretto ed influente di un partner industriale. Nonostante ciò, le tracce della collaborazione non sparirono subito: nel 1981 furono firmati gli Accordi di transazione e cooperazione, che garantirono per qualche anno ancora supporto tecnico da parte italiana. L’obiettivo era consentire a SEAT di rinnovare i modelli derivati, differenziandoli da quelli FIAT; una sfida complessa, perché la gamma era composta quasi interamente da “copie” FIAT.
Nel 1980 i modelli principali erano la 127, la 131 e la 132, ormai a fine carriera. Per sopravvivere, l’azienda doveva introdurre novità rapidamente. Le speranze si concentrarono quindi sui modelli più recenti Ritmo e Panda, che pur derivate da FIAT, offrivano potenzialità di sviluppo e la possibilità di avviare un nuovo capitolo. Questa fase, pur complicata, rappresentò il primo passo verso una SEAT autonoma e con una propria identità.
La nascita della Ronda e la disputa legale
Anche la possibilità di esportare fu una conquista decisiva, ma per riuscirci, SEAT doveva dimostrare che i propri modelli non erano più repliche FIAT, e la Ritmo divenne il banco di prova. Fu sottoposta a un restyling profondo, portando alla nascita della SEAT Ronda, nel 1983 con 565 componenti modificati rispetto al modello italiano. Ma FIAT reagì accusando SEAT di plagio e cercò di bloccarne la diffusione internazionale. La disputa approdò in tribunale e attirò grande attenzione con SEAT che, con l’intento di mostrare la sua buona fede presento come prova definitiva una particolare Ronda verniciata di giallo e nero, dove quelle in giallo sottolineavano tutte le parti inedite, sostituite, modificate e in nero quelle “mantenute”.
Alla fine, il Tribunale Arbitrale Europeo di Parigi “De-la-Haya” (che diede anche il nome a questa curiosa Ronda bicolore) diede il 23 novembre 1983 la sentenza definitiva premiando la buona fede di SEAT, riconoscendo la legittimità delle modifiche. Questa vittoria permise di vendere la Ronda fuori dalla Spagna e sancì ufficialmente la nascita di un marchio indipendente: per la prima volta, l’azienda non era più un semplice costruttore su licenza, ma un marchio capace di proporre modelli propri (o almeno di avventurarsi in questa impresa) destinati anche ai mercati esteri.
SEAT Ibiza, Marbella e Màlaga: la svolta definitiva
Il vero salto di qualità arrivò nel 1984 con la SEAT Ibiza, prima auto sviluppata senza dipendere da FIAT. Basata sulla Ronda ma completamente rivista, nacque dal design di Giorgetto Giugiaro e dai motori Porsche. Fu un modello moderno, competitivo e pronto a conquistare i mercati internazionali; il suo successo assicurò la sopravvivenza e la credibilità del marchio.
Accanto a essa debuttò la Málaga nel 1985, berlina a tre volumi basata sulla Ibiza e, parallelamente, la SEAT Panda introdotta nel 1980 che, oltre a continuare a riscuotere consensi veniva ancora venduta con le vesti del modello italiano, grazie alla scadenza degli accordi con FIAT che sarebbe avvenuta solo nel 1985. Difatti nel 1986 venne sostituita dalla Marbella, una sorta di restyling della Panda che riscontròun enorme successo commerciale rimanendo in produzione fino al 1998.
Simbolo di praticità ed economicità, rappresentò l’ultimo legame con l’era FIAT e una delle auto più redditizie della storia SEAT. Insieme all’Ibiza, sancì la definitiva indipendenza del marchio e la sua affermazione in Europa. Una curiosità: è interessante notare come da questa vicenda in poi le SEAT vennero chiamate con nomi di città spagnole, come a sottolineare la ritrovata dimensione nazionale del marchio. Almeno fino all’ingresso nel Gruppo Volkswagen.
Autore: Federico Signorelli