Carlo Felice Trossi, Guido Cattaneo ed “un’auto giocattolo”

Storiche
27 giugno 2025, 12.42
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Il 15 maggio 2025 si è aperta presso il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino una mostra peculiare, in quanto dedicata alla figura spesso dimenticata ma indimenticabile di Carlo Felice Trossi dal titolo “Carlo Felice Trossi. Eroe incompiuto” curata da Giordano Bruno Guerri con la direzione artistica di Maurizio Cilli, il contributo di Francesco Foppiano, di Ilaria Pani e Davide Lorenzone, questi ultimi rispettivamente Responsabile del Centro di Documentazione e del Centro di Conservazione e restauro del MAUTO.
Una figura davvero poliedrica quella di Carlo Felice Trossi, pilota si aerei, automobili e imbarcazioni da competizione, innamorato dell’ebrezza del correre, filantropo, sperimentatore e costruttore di prototipi, fine esteta, imprenditore e “gran viveur”. Nonostante la vita drammarticamente breve è stato tante cose, con una densità non comune che fa pensare a personaggi letterari come Gatsby ma privo di quella frivolezza e talvolta spietatezza tipica degli anni ruggenti.
Un’esposizione che spazia dai documenti agli oggetti, dalle automobili agli scooter, arrivando ai motori aeronautici e alle barche da corsa: tra questi cattura l’attenzione una curiosa piccola automobile bianca con filetti neri, che sembra quasi un “giocattolo” e in effetti lo fu prima di diventare una vera automobile, questa è l’Isotta-Fraschini ABC “Cattaneo-Trossi” del 1934.

Come un’auto vera

Partiamo dal suo progettista Guido Cattaneo, che svolse un lungo quanto proficuo percorso di formazione durante gli anni Venti del Novecento, negli anni 1924-1925 presso la Peugeot, la Zenit (famosa fabbrica di carburatori) e poi alla Bosch in Germania.
Fondamentale punto di svolta fu l’inizio della collaborazione con l’Isotta-Fraschini nel 1926 all’interno sia dell’Ufficio Tecnico che della Sala Prove, dove si dedicherà principalmente alla progettazione e sviluppo di motori aeronautici; ma tra un motore e l’altro iniziò a portare avanti lo sviluppo di una curiosa vetturetta chiamata Isotta-Fraschini Tipo ABC iniziata presso la Casa milanese nel 1929 e terminata nella sua ultima veste presso le “officine” del Castello di Gaglianico (Biella) di Carlo Felice Trossi, dove quest’ultimo dava forma ai suoi progetti motoristici più innovativi, personali e “sopra le righe”.
Il progetto partì senza particolari ambizioni (che invece arriveranno dopo) come un’esercitazione che prefigurò dapprima una vetturetta “da gioco” per i figli di Gian Riccardo Cella, finanziere, maggior azionista e direttore della Isotta-Fraschini, per poi pensare di improntarne una piccola produzione proponendola eventualmente ai figli dei danarosi clienti Isotta-Fraschini già possessori o acquirenti delle nobili vetture del marchio.
Ma la ABC si dimostrò fin da subito qualcosa di più, in quanto venne progettata con la meccanica di una vera automobile, equipaggiandola con il motore Peugeot del modello leggero “Quadrilette”, un 4 cilindri verticali monoblocco da 667 cc e 9,5 CV a 2.000 giri/min; la scelta cadde su questo motore per un motivo semplice: al tempo l’Isotta-Fraschini era rappresentante per l’Italia della Peugeot. L’accensione era a magnete ad alta tensione, frizione monodisco a secco, cambio a quattro marce più retromarcia, il tutto poggiato su un semplice quanto automobilistico, telaio ribassato in acciaio a longheroni e traverse.
Lo schema meccanico per quanto ortodosso era al contempo coronato da una serie di elementi fortemente innovativi specialmente nell’uso dei materiali, come le ruote fuse in lega leggera (Elektron) che incorporano i tamburi dei quattro freni (come avveniva sulla Bugatti Type 35), la carrozzeria in lamiera di alluminio e la particolare tiranteria dello sterzo senza barra di accoppiamento, poi addirittura adottata dalla Maserati.

Giocattolo a chi?

Per quanto riguarda la carrozzeria quella della ABC era appunto in lamiera di alluminio ed ebbe diverse fogge dovute a ripensamenti, adattamenti e al variare dei gusti: dal tipico disegno base delle vetture da “Gran Premio” dell’epoca, dunque con radiatore squadrato, forme semplificate da “monoposto” e ruote scoperte si passò al radiatore stondato e ruote con parafanghi motociclistici, pur mantenendo il corpo vettura generale.
La coda fu la parte che subì più ripensamenti, allungata tipo siluro nella seconda versione ne adottò poi una tagliata (quasi assente) con doppia ruota di scorta; si pensa comunque che la versione delineata da Cattaneo fosse probabilmente quella semplificata tipo Gran Premio con radiatore a vista squadrato, in quanto anche più vicino alle finalità dell’esercizio e allo stile delle vetture Isotta-Fraschini dell’epoca.
Sappiamo che ne furono realizzate almeno due, come scritto una per i figli di Gian Riccardo Cella e l’unica arrivata fino a noi che verrà donata da Giovanni Agnelli (probabile altro proprietario) al Museo Nazionale dell’Automobile di Torino che la conserva ed espone in mostra.
Ma come l’Isotta-Fraschini anche il progetto iniziò a vacillare, ma fortuna volle che Carlo Felice Trossi incuriosito non poco dal progetto e dalle sue potenzialità acquisì il prototipo (quello poi di Agnelli donato in seguito al MAUTO) continuandone lo sviluppo. Chiamò il grande stilista Mario Revelli di Beaumont che già aveva tratteggiato alcune sue vetture realizzate su misura, al quale chiese di definire una nuova carrozzeria elegante, asciutta e aerodinamica caratterizzata dal particolare taglio della coda dove sul “portellino” svetta una cresta centrale generata dalla parte alta del sedile, e dalla nuova calandra del radiatore curva mutuata stilisticamente da quella che lo stesso Trossi adottò sulla sua Duesenberg da corsa che pilotò al Gran Premio di Monza del 1933.
Le modifiche non si fermarono qui, perché anche il motore venne vitaminizzato a dovere, arrivando ad adottare compressore e cilindrata elevata a 855 cc per totali 23 CV a 2.500 giri/min, specifiche capaci di portare la ormai ex vetturetta “giocattolo” a ben 110 km/h (complice anche il peso di soli 230 kg). Davvero un caso unico dalla storia intricata quanto affascinante. Andatela a vedere fino al 28 settembre 2025, ne varrà la pena.
Articolo di Federico Signorelli
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