Alla
Monterey Car Week ogni auto diventa linguaggio e ogni martelletto che cala non è solo il segno di un acquisto, ma la consacrazione di un mito. Nel silenzio sospeso della
sala d’asta di RM Sotheby’s, rotto soltanto dai numeri che crescono in rapida sequenza, il record assoluto arriva da una
Ferrari quasi inattesa, più nuova che antica, eppure già entrata nel firmamento delle opere da collezione: la
Daytona SP3 “Tailor Made” del 2025, battuta a
26 milioni di dollari.
Non una 250 GTO, non una regina degli anni Sessanta, ma una hypercar che sembra saltare il confine tra futuro e leggenda. L’unico esemplare in più rispetto ai 599 previsti, personalizzato dalla fabbrica con livrea in fibra di carbonio e tocchi in Giallo Modena, chilometraggio da consegna e un destino segnato dal valore della beneficenza. È bastato questo a trasformarla nell’oggetto più conteso della settimana californiana.
Ma Monterey non è solo modernità che diventa subito mito. Accanto al colpo di scena della SP3, a emozionare sono state le Ferrari degli anni Novanta, figlie di un’epoca di ritorno alle corse e di soluzioni estreme. La F40 LM del 1993 by Michelotto ha toccato quota undici milioni, pura essenza da pista che rielabora l’icona degli anni Ottanta spogliandola di ogni compromesso. Poco sotto, una F50 del 1995, rarissima in Giallo Modena e passata dalle mani di Ralph Lauren, ha fermato la corsa oltre i nove milioni. Insieme, sono il simbolo di come Maranello sappia generare oggetti che superano il concetto stesso di automobile, diventando strumenti di investimento e, prima ancora, di desiderio.
L’incanto ha abbracciato anche le decadi precedenti, con una 250 GT Cabriolet Series I del 1958 e una 375 Plus Spyder del 1955 entrambe oltre i cinque milioni, testimonianze di un’eleganza che non sfiorisce, fatta di proporzioni levigate e dodici cilindri che hanno scritto la storia. A loro hanno risposto capolavori di altre latitudini, come la Mercedes-Benz 500 K Special Roadster del 1935, simbolo aristocratico di un’epoca sospesa tra tecnica e nobiltà, aggiudicata a 5,34 milioni, e la Duesenberg Model J Torpedo Phaeton, anch’essa del 1935, che con i suoi 4,4 milioni ha evocato lo sfarzo americano degli anni Trenta, otto cilindri come orchestra e carrozzeria come palcoscenico.
Le incurisoni dagli anni '80, quando si poteva ancora sognare
Non poteva mancare l’incursione degli anni Ottanta, incarnata dalla RUF CTR1 “Yellowbird” Lightweight del 1989, più di quattro milioni per un’auto che seppe piegare la fisica e svergognare le supercar più blasonate, con i suoi 470 cavalli e la leggerezza di un colpo giallo su fondo nero.
Il quadro che ne esce è nitido: Ferrari continua a dominare, con più della metà della top ten, e con un dato significativo, il peso crescente dei modelli moderni.
La LaFerrari Coupé e Aperta hanno oscillato tra i 5,2 e i 6,7 milioni, confermando che l’oggetto da sogno non ha più bisogno di decenni per sedimentare nella memoria. A Monterey la distanza tra presente e passato si assottiglia fino a sparire: le auto parlano tutte la stessa lingua, quella della passione e del valore, e i collezionisti rispondono con numeri che diventano titoli di un racconto sempre più globale. Qui si stabiliscono record, qui si scrive la gerarchia dei miti, qui, ancora una volta, l’automobile ha mostrato di essere qualcosa che va oltre il tempo, un rito che si rinnova ogni agosto sulla costa della California.
Autore: Tommaso Gasparri Zezza