“L’addio ai motori a combustione interna a partire dal 2035 annunciato dal Cite, il Comitato interministeriale per la Transizione ecologica, che coinvolge i ministeri della Transizione ecologica, delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili e dello Sviluppo economico – costituisce un punto di svolta anche per la difesa del motorismo storico, perché sottolinea sempre più l’importanza del lavoro di certificazione e analisi che fanno l’ASI e gli altri enti certificatori per determinare l’interesse storico e collezionistico dei veicoli”. Così il presidente dell’ASI Alberto Scuro commenta il “Phase out” delle auto nuove con motore a combustione interna entro il 2035, 2040 per furgoni e veicoli commerciali leggeri.
“Non basta infatti – continua Scuro – che un’auto raggiunga una determinata anzianità per essere considerata storica, o che faccia o meno parte di una lista di modelli per essere riconosciuta come tale. Tutti i veicoli hanno infatti diritto di poter essere tutelati come futuri testimoni della nostra storia ma devono essere valutati uno per uno controllando non solo l’anzianità ma specialmente la sua originalità e il suo stato di conservazione. Questo è quello che viene fatto da ASI e dagli enti certificatori quando emettono i CRS che contengono anche una serie di informazioni tecniche sul veicolo. Il Certificato di Rilevanza Storica è il passaporto che garantirà il futuro ai veicoli storici ponendoli su un piano completamente diverso da quelli di uso quotidiano. Tutela vuol dire permettere ai collezionisti di conservarli e di utilizzarli”.
“La tutela dei veicoli di interesse storico – conclude il presidente dell’ASI – è fondamentale per il patrimonio motoristico. Riguardo il progetto 2035 l’ASI è favorevole a manovre che riducano l’impatto ambientale dei veicoli. Allo stesso tempo siamo preoccupati per l’impatto che questo stop potrebbe avere sul settore della produzione, che in Italia è trainante per l’intera economia nazionale. I numeri di Anfia, l’associazione nazionale della filiera automobilistica, raccontano di una produzione nazionale passata dai 1,14 milioni del 2017 a 777 mila nel 2020”.
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