Noi di Autoappassionati.it abbiamo già avuto la possibilità di guidare in anteprima la nuova Infiniti Q50 tra i cordoli del circuito spagnolo di Castellolí. Trattandosi di una prova in pista, in quell’occasione ci eravamo concentrati sulla più performante Q50 Hybrid, che grazie al connubio tra il suo 3.5 V6 benzina e il motore elettrico (364 CV totali) ci aveva regalato accelerazioni brucianti e una spinta vigorosa anche agli alti regimi [clicca qui per andare alla prova].
Ieri, invece, sulla soglia d’ingresso del Centro Infiniti Milano di via Arona n° 15, abbiamo scelto di metterci al volante della Q50 equipaggiata con il 2.2 diesel, motorizzazione sulla quale il brand nipponico fa affidamento per incrementare le sue vendite nel Vecchio Continente. L’unità a gasolio e il cambio (manuale a 6 rapporti o automatico a 7 rapporti) a essa associato sono uno dei frutti della stretta di mano tra Carlos Ghosn (Renault-Nissan) e Dieter Zetsche (Daimler), che nell’aprile 2010 diede il via alla collaborazione tra l’Alleanza franco-nipponica e il Gruppo tedesco. Il quattro cilindri della Q50, infatti, è lo stesso 2.1 litri turbo-diesel a iniezione diretta declinato in casa Mercedes-Benz con la sigla 220 CDI (il cambio è il 7G Tronic), accreditato di 170 CV di potenza e di una coppia massima pari a 400 Nm.
Joint venture a parte, però, la berlina del Sol Levante porta con sé tanta tecnologia e un’anteprima assoluta nel campo della produzione in serie, ovvero l’innovativo steer-by-wire (sterzo elettronico). Il sistema, già ampiamente sperimentato nel mondo dell’aviazione, opera trasmettendo elettronicamente gli input del guidatore alle ruote anteriori, dove un attuatore elettrico a elevata reattività aziona la cremagliera (trasferendo il corrispettivo angolo di sterzo alle ruote). Solo in caso di malfunzionamento delle unità elettroniche, la frizione che normalmente disconnette il collegamento meccanico (presente per legge) ha il compito di chiudersi e ripristinare l’esercizio del sistema di sterzo tradizionale.
Alla guida del 2.2 diesel da 170 CV:
Salire a bordo della rookie del Segmento D è piacevole. I termini di paragone sono elevati, certo, ma le dimensioni più generose della Infiniti Q50 le consentono di beneficiare di un abitacolo più arioso rispetto a quello della concorrenza tedesca. La posizione di guida è buona, ed è facile soddisfare tutte le proprie esigenze grazie alle innumerevoli regolazioni elettriche dei sedili e dello sterzo. Anche la consolle centrale colpisce favorevolmente: due schermi touchscreen permettono di gestire le funzioni di infotainment e di gestione del veicolo, razionalizzando così l’impostazione generale. Pelle e assemblaggi non sono da meno, contribuendo a denotare un elevato comfort di bordo.
Una breve pressione sul pulsante di avviamento e il motore prende vita; inseriamo la marcia e siamo pronti a partire. La prima parte della nostra prova si svolge nel traffico cittadino, dove in poco tempo ci troviamo a rimpiangere la scelta di una Q50 con cambio manuale. Il pedale della frizione, infatti, risulta decisamente stancante, complici l’elevato sforzo richiesto per azionarla e il punto di stacco troppo in alto. In Infiniti, però, non nascondono che questa soluzione (cambio manuale) è rivolta quasi esclusivamente alle aziende; il cliente privato è invitato a scegliere l’automatico, che consente passaggi di marcia fluidi alle basse andature e che può essere utilizzato in modalità sequenziale con paddle al volante nella guida sportiveggiante. Una nota di merito, invece, va al Direct Adaptive Steering prima illustrato. La mancanza di un collegamento meccanico tra le ruote anteriori e la corona dello sterzo fa sì, infatti, che buche e pavé non arrivino più alle mani del conducente, migliorando sensibilmente il comfort di guida.
Usciti da Milano, abbiamo modo di testare la Q50 in un breve tragitto autostradale e sulle strade extraurbane in direzione Pavia. A velocità di codice, in sesta marcia, l’Infiniti si dimostra sicura e pressoché esente da fruscii aerodinamici. In fase di sorpasso, poi, basta premere con decisione sul pedale del gas e sfruttare la robusta erogazione del 2.2 diesel. I 400 Nm di coppia massima e la buona rapportatura e manovrabilità del cambio manuale permettono, poi, di apprezzare le doti telaistiche della Q50 anche nel misto veloce. Impostando lo sterzo elettronico in modalità Intensa/Veloce, e confidando nella taratura più rigida delle sospensioni offerta sulla versione Sport, è possibile inserire l’anteriore in curva con fare deciso, senza incappare nel sottosterzo. Anche il posteriore fa la sua parte, aiutando a chiudere la curva ma rimanendo sempre fermo e sicuro (anche perché imbrigliato dall’elettronica). A dispetto delle prestazioni e dei consumi (4.5 l/100 km), però, il quattro cilindri a gasolio pecca un po’ sul piano della silenziosità. Sia al minimo sia ai medi regimi il rumore del motore è piuttosto presente nell’abitacolo; solo ad andatura costante il comfort acustico è ai livelli della concorrenza. Una pecca riscontrata, però, su un’auto dedicata alle prove stampa per circa 20.000 km, e quindi forzatamente sottoposta a uno stress meccanico molto elevato.
In conclusione:
Entrare nel mercato europeo delle berline premium è scelta ardua. Lo è stato per Lexus/Toyota, primo costruttore al mondo, e lo è anche per Infiniti/Nissan. La Q50 si presenta nel Vecchio Continente in punta di piedi, con un bagaglio tecnologico di primo profilo, una partnership tecnica con Mercedes-Benz da rafforzare e migliorare nel tempo (le ultime dichiarazioni dei vertici delle Case sembrano andare proprio in questa direzione), e una linea nuova e accattivante che incuriosisce gli amanti delle auto senza mai dare troppo nell’occhio. In questi tempi di understatement e spending review, in cui possedere un’auto blasonata e riconoscibile significa esporsi ad attenzioni particolari, chissà che non possa essere proprio questa la chiave di volta per intercettare nuovi clienti.