Catena o cinghia: la trappola nascosta nei motori PureTech, EcoBoost e TSI

Tecnica
09 giugno 2025, 12.52
cinghia di distribuzione
Quando si acquista un'auto usata, una delle domande più trascurate – ma fondamentali – è: cinghia o catena di distribuzione? Una scelta tecnica che può sembrare secondaria, ma che ha un impatto diretto sui costi di manutenzione, sull’affidabilità e persino sul valore residuo della vettura. In teoria, ogni motore nasce con una soluzione precisa. In pratica, alcuni famosi propulsori hanno cambiato idea a metà strada.
Vediamo i casi più emblematici: dal 1.2 PureTech del gruppo Stellantis al 1.0 EcoBoost di Ford, fino ai motori TSI di Volkswagen. E attenzione, perché non sempre una catena è sinonimo di longevità e una cinghia di problemi. Ecco tutto quello che devi sapere per non farti trovare impreparato.

Il caso PureTech: una cinghia che ha fatto scuola (in negativo)

Il 1.2 PureTech è stato un autentico best seller sotto i cofani di Peugeot, Citroën, Opel e DS. Ma la sua cinghia di distribuzione “a bagno d’olio” ha causato problemi a non finire: usura prematura, residui nell’olio e rischi di rottura. Per questo, Stellantis ha scelto di voltare pagina. La terza generazione di questo motore – oggi montata, per esempio, sulla Citroën C3 Aircross Hybrid 136 – adotta finalmente una catena, insieme a oltre il 70% di componenti riprogettati.
Attenzione però: il vecchio PureTech a cinghia è ancora in circolazione e continuerà a convivere con quello nuovo almeno fino alla fine del 2025. Una differenza difficile da notare per i non esperti, anche se il nuovo motore si riconosce da piccoli dettagli, come il tappo dell’olio integrato nel coprimotore.

EcoBoost 1.0: la catena arriva (troppo) tardi

Ford ha seguito un percorso simile con il suo celebre 1.0 EcoBoost. Anche qui, la cinghia a bagno d’olio prometteva vantaggi tecnici che si sono rivelati, invece, fonte di guai. Tra il 2019 e il 2020, Ford ha avviato un passaggio alla catena, ma solo su alcune versioni: le varianti mild hybrid e quella da 155 CV sono tutte a catena, mentre altre – come quella da 100 CV – possono ancora montare la vecchia cinghia.
Il problema? Le due configurazioni sono indistinguibili a occhio nudo, a meno di smontare componenti o individuare l’esatta posizione del turbo (spostato con il nuovo layout). E per rendere il quadro più complesso, anche nei modelli con catena c’è una piccola cinghia che muove la pompa dell’olio… e che può cedere.

Volkswagen TSI: controcorrente…ma con buoni motivi

Se Ford e Stellantis sono passati dalla cinghia alla catena, il gruppo Volkswagen ha fatto esattamente l’opposto. I primi motori TSI – come i 1.2, 1.4 o 1.8 – avevano la catena, ma questa si è dimostrata poco affidabile, soggetta ad allungamenti e rotture anche precoci. Così, a partire dal 2013-2014, il gruppo tedesco ha fatto retromarcia adottando cinghie di distribuzione più longeve.
Oggi, i più moderni 1.0 e 1.5 TSI montano esclusivamente la cinghia. E sorprendentemente, si tratta spesso di una soluzione più solida della catena che hanno sostituito, con intervalli di controllo ampi (240.000 km di durata teorica). Un paradosso che dimostra quanto la scelta non sia mai semplice.

Attenzione agli omonimi: VTi, TCe e gli altri

Non è solo la distribuzione a confondere gli automobilisti. Alcuni motori condividono lo stesso nome, ma non lo stesso progetto. È il caso del 1.2 TCe di Renault: quello montato su Twingo II è a cinghia ed è affidabile, ma la versione successiva, sviluppata con Nissan e dotata di catena, è tristemente nota per la cattiva gestione dell’olio e i problemi gravi che ne derivano.
Situazione simile anche per il 1.0 VTi/PureTech di Stellantis. Sotto questo nome si celano motori completamente diversi: alcuni a cinghia e problematici, altri (come quelli derivati da Toyota Aygo) con catena e molto più robusti.

Catena o cinghia? Non basta saperlo

La scelta tra cinghia e catena non è mai così netta. A volte una cinghia ben progettata è più affidabile di una catena fragile. E spesso, all’interno dello stesso modello o anno di produzione, coesistono soluzioni diverse. Perciò, prima di acquistare un’auto usata, è fondamentale verificare con precisione il tipo di motore, possibilmente tramite il numero esatto di codice motore o tramite fonti ufficiali.
Ma ricorda: la manutenzione conta più della distribuzione. Anche il motore più robusto può cedere se trascurato, mentre uno meno affidabile può durare a lungo se curato con attenzione. L’importante è non farsi cogliere impreparati… e magari non farsi abbagliare solo dal badge PureTech, EcoBoost o TSI.
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