Spesso basta una parola per evocare una storia, un’eredità, qualcosa di conosciuto e amato in tutto il mondo. Se, poi, quella parola è “
granturismo”, allora parliamo di una delle tipologie di automobili più sognate e ammirate mai arrivate su strada. Le granturismo, spesso abbreviate in “GT”, sono infatti delle automobili con carrozzeria coupé o cabrio,
capaci di unire il piacere di guida e le prestazioni di un’auto sportiva al comfort e alla qualità costruttiva di una berlina di lusso. Quando si parla di granturismo, non si può che partire da
Maserati, che quasi 80 anni fa ha inventato questa tipologia di automobili con la A6 1500 del 1947. Dopo 79 anni, l’eredità della A6 1500 vive ancora nella
Maserati GranTurismo, l’ultima erede di questa lunga e prestigiosa famiglia.
Il termine granturismo, ispirato al Grand Tour dell’800, quell’altrettanto leggendario viaggio che gli intellettuali di tutto il mondo intraprendevano in Europa, e soprattutto in Italia, per scoprire la culla della civiltà moderna, nacque da un’intuizione dell’allora dirigenza Orsi, che vide una nicchia di mercato in espansione. I clienti di automobili sportive degli anni ’40 e ’50, infatti, non volevano sempre e solo delle vetture veloci ma difficili da guidare e da padroneggiare, ma anche delle auto capaci di andare forte in relativa semplicità, offrendo la possibilità di ripercorrere, in auto, quel mitico Grand Tour.
Dopo la A6 1500 del 1947 e la successiva A6G del 1950, la prima automobile a rendere popolare il nome Gran Turismo e l’iconica sigla GT è stata la Maserati 3500 GT del 1957, la prima vettura del Tridente pensata per fare grandi numeri sul mercato mondiale, segnando la trasformazione di Maserati da officina artigianale a vero costruttore di livello mondiale. Tutte le granturismo di Maserati, poi, hanno visto la luce dallo storico stabilimento di Modena di Viale Ciro Menotti, compresa l’attuale GranTurismo, che alla fine del 2025 è tornata ad essere prodotta proprio in Emilia. Per festeggiare questo ritorno e la storia delle granturismo Maserati, preparatevi ad un viaggio tra i modelli più importanti di questa storica dinastia, dalla A6 1500 all’attuale GranTurismo II.
Maserati A6 1500 (1947)
La A6 1500 del 1947 è una vera pietra miliare della storia Maserati, in quanto è la prima automobile del Tridente prodotta per l'utilizzo stradale. La A6 1500 ha radici già nel 1941, quando durante la guerra fu avviata la progettazione di una berlinetta con motore bialbero derivato da quello utilizzato dalla 6CM, auto da corsa dotata di un sei cilindri in linea dalle ottime prestazioni per l’epoca. Il progetto, però, venne presto abbandonato, e sostituito da un progetto sviluppato dai fratelli Maserati, all’ultimo lavoro realizzato per la “loro” azienda. Nacque così nel 1947 la A6, dove la A significa “Alfieri”, il nome del fondatore della Casa del Tridente e il 6 indica il numero dei cilindri del motore sotto al cofano.
Presentata al Salone di Ginevra del 1947, la A6 è realizzata su un telaio tubolare con longheroni e traverse e carrozzeria da berlinetta disegnata da Pininfarina. Lunga 4,10 metri, la A6 1500 è ancora caratterizzata da un abitacolo piuttosto spartano, con pochi lussi ma una grande qualità negli assemblaggi e nelle finiture. La meccanica, invece, è derivata dalle auto da corsa della Casa, con sospensioni anteriori a ruote indipendenti, molle elicoidali e ammortizzatori idraulici, mentre al posteriore c’è un classico ponte rigido con balestre al retrotreno.
Sotto il cofano, c’è un sei cilindri in linea con un singolo asse a camme in testa da 1.5 litri da 65 CV, con cambio manuale a 4 marce (terza e quarta sincronizzate), un carburatore Weber 36DCR e prestazioni da sportive, con un’accelerazione 0-100 km/h in 17,5 secondi e una velocità massima di oltre 150 km/h, prestazioni eccellenti per l’epoca. Le linee disegnate da Pininfarina e la meccanica raffinata per l’epoca convinse diversi clienti a “fidarsi” di un marchio che non aveva mai prodotto un’automobile di serie, con una produzione di 61 esemplari tra il 1947 e il 1950, facendo debuttare Maserati come un marchio di vetture stradali realizzate su misura, di qualità e con il DNA sportivo.
Maserati A6G (1950)
Dopo il buon successo della A6 1500, nel 1950 è arrivata sul mercato la Maserati A6G, con la G che si riferisce alla ghisa con cui il nuovo motore a sei cilindri della Casa (sebbene dopo breve tempo Maserati tornò ad utilizzare la lega leggera, ma “salvando” il nome A6G). La A6G è stata prodotta per diversi anni, dal 1950 al 1957, e ha utilizzato una versione riveduta e corretta del telaio della A6, utilizzando un nuovo tipo di sospensione posteriore con molle a balestre, e dopo i primi esemplari carrozzati da Pininfarina si affiancò la matita di Pietro Frua, che realizzò la Coupé e la Spider realizzate sul telaio della prima A6G 2000.
Sotto il cofano, infatti, trovò spazio un nuovo sei cilindri in linea con corsa e alesaggio maggiorati, con una potenza maggiore e prestazioni migliori, ma a colpire maggiormente il pubblico furono la qualità degli assemblaggi e la possibilità di personalizzare interamente la propria vettura. La A6G 2000, nonostante sia stata prodotta in soli 16 esemplari, diventò un esempio di come Maserati costruiva le sue auto, sportive ma con una qualità superiore a qualsiasi altro brand di automobili sportive.
La successiva evoluzione della A6G, la A6G/54 lanciata nel 1954, permise a Maserati di diventare un riferimento a livello mondiale per qualità e raffinatezza. La denominazione, poi, portò al debutto ufficialmente il nome Gran Turismo, già utilizzato ufficiosamente sulla A6 1500: la nuova A6G 2000 Gran Turismo venne prodotta in soli 60 esemplari, tutti assemblati interamente a mano, tra il 1954 e il 1960, con un nuovo motore sotto il cofano. Il propulsore è sempre un sei cilindri in linea a corsa corta da 2.0 litri, ma utilizza delle tecnologie derivate dalla A6G GCS da corsa, e dopo pochi esemplari utilizzò anche la doppia accensione con spinterogeno Marelli, doppio albero a camme in testa azionato da catene, tre carburatori Weber da 40 e una potenza di ben 150 CV nel 1954, passati a 160 CV nel 1956 con l’adozione della doppia accensione.
Dotata di trazione posteriore, cambio manuale a 4 marce sincronizzate, freni a tamburo ventilati, telaio a longheroni e lamiere in acciaio o in alluminio a seconda delle carrozzerie.
La A6G, infatti, è stata offerta in ben quattro varianti: la Coupé Allemano, la Coupé da competizione di Zagato e le due carrozzerie disegnate dal torinese
Pietro Frua, la Coupé e la Spider. Quest’ultima è stata costruita in soli
9 esemplari, ed è stata la
protagonista di un nostro video dedicato che trovi sul canale YouTube di Autoappassionati.it.
Maserati 3500 GT (1957)
Dopo 60 esemplari e 4 anni di produzione, la A6G/54 ha lasciato nel 1957 il testimone ad un’automobile che ha cambiato totalmente la storia della Casa del Tridente. I successi delle vetture stradali, seppur prodotte in bassi numeri, e le vittorie nel Campionato Mondiale di Formula 1, misero Maserati sulla mappa dei costruttori italiani ed europei più raffinati. L’intuizione di Omer Orsi, allora patron di Maserati, fu quella di individuare una nuova nicchia di mercato, quella di vetture sportive veloci ma facili da guidare, adatte quindi a tutti coloro che volevano un’automobile sportiva, ma senza avere una carriera da piloti. Questa nuova nicchia di mercato trovò terreno fertile con il boom economico europeo, con una principale differenza rispetto alle precedenti vetture: i numeri di produzione.
Sebbene la nuova auto dovesse essere più potente, più lussuosa e più raffinata, la nuova sportiva Maserati doveva cambiare i ritmi della fabbrica di Viale Ciro Menotti, a Modena. Dai due esemplari al mese del passato, infatti, il nuovo modello doveva passare ad essere prodotto in almeno 2 esemplari ogni giorno. Con queste premesse, al Salone di Ginevra del 1957 si presentò al mondo la Maserati 3500 GT, la prima granturismo di Maserati prodotta in serie. Realizzata su un nuovo telaio tubolare, realizzato secondo la tecnica “Superleggera” di Touring, la 3500 GT segna un passo avanti in ogni ambito rispetto al passato. Le sospensioni, ad esempio, sono a ruote indipendenti con doppi quadrilateri davanti, mentre dietro resta il classico ponte rigido con ammortizzatori idraulici. Il cambio a 4 marce è della ZF, il differenziale dell’inglese Salisbury, mentre i freni a tamburo sono ancora più grandi e maggiorati.
Sotto il cofano, invece, trova posto un nuovo motore, sempre sei cilindri in linea, derivato dal motore della 350S da competizione. Il nuovo sei cilindri ha una cilindrata di 3.5 litri con basamento e testata in alluminio, camicie dei cilindri in ghisa, distribuzione bialbero, due candele per cilindro e tre carburatori Weber doppio corpo da 42, con una potenza di 230 CV a 5.500 giri. Il disegno è frutto della matita di Touring per la coupé e di Giovanni Michelotti per Vignale per la Spider, mentre la massa, grazie all’utilizzo di alluminio anche per la carrozzeria, era contenuto a 1.300 kg. Tanti per l’epoca, ma bassi considerando le dimensioni da berlina di rappresentanza della 3500 GT, che fermava il metro a ben 4,78 metri. Dotata di un abitacolo raffinato e lussuoso, con l’introduzione dell’iniezione indiretta Lucas la potenza crebbe fino a 235 CV, e la 3500 GT permise a Maserati di diventare una delle Case preferite per l’acquisto di una Gran Turismo elegante e lussuosa, in Italia tanto quanto all’estero.
La risposta del mercato fu sorprendente, segnando il primo successo commerciale del Tridente. Tra il 1957 e il 1964, infatti, Maserati produsse oltre 1.600 esemplari della 3500 GT, 1.374 Coupé e 257 Spyder, un record per l’epoca e particolarmente rilevante se si pensa che tutte le auto erano ancora assemblate a mano. Nel 1959, poi, ci fu spazio per una vettura di piccola serie realizzata sulla base della 3500 GT per volere dello Scià di Persia, Reza Pahlavi. Quest’ultimo, infatti, desiderava una 3500 GT con più potenza, e con uno stile unico: per questo, i tecnici Maserati modificarono il V8 della 450S, vettura da competizione che non corse mai per via del ritiro dalle competizioni ufficiali dopo la cancellazione della Classe Sport 5000, per la quale Maserati realizzò un nuovo otto cilindri da 4.5 litri.
Questo V8 venne rivisto e ingentilito, con cilindrata maggiorata a 5.0 litri, e adattato alla scocca della 3500 GT. Nacque così la 5000 GT, la prima granturismo Maserati con motore V8. Dopo la prima vettura dedicata allo Scià di Persia, la 5000 GT diventò un’automobile “su misura”, costruita su desiderio dei clienti più abbienti ed esigenti e caratterizzata da un prezzo almeno doppio rispetto ad una 3500 GT. Prodotta in poco più di 30 esemplari, la 5000 GT è stata oggetto di carrozzerie “vestite” dai più grandi carrozzieri dell’epoca, da Allemano a Frua, passando per Pininfarina, Bertone e Vignale.
Maserati Sebring (1962)
Dopo il successo della 3500 GT, quella che oggi possiamo definire forse la Maserati più importante di sempre, la Casa del Tridente cominciò ad avere un ruolo sempre più rilevante all’interno del mercato dell’automobile. I suoi modelli erano noti in tutto il mondo per la capacità di unire lusso, qualità costruttiva e prestazioni da sportive, e dalla coppia 3500 e 5000 GT nacquero delle vetture di grande rilievo, come la Maserati Sebring. Lanciata nel 1962, è una coupé 2+2 che deve il suo nome alla grande vittoria di Maserati alla 12 Ore di Sebring del 1957.
Derivata dalla 3500 GT, la prima serie della Sebring è dotata dello stesso telaio sviluppato da Touring, e dello stesso motore a iniezione da 3.5 litri e 235 CV. Per questo, infatti, il nome ufficiale della vettura non nascondeva la derivazione dalla progenitrice: 3500 GTiS, dove la S, ovviamente, sta per Sebring. La carrozzeria, però, non è più disegnata da Touring, ma da Vignale, mentre tra le novità ci furono l’adozione del cambio manuale a 5 marce e, in opzione, del cambio automatico, diventando una delle prime automobili italiane a poterlo montare. Dotata di vari rapporti al ponte, per prediligere maggiormente la velocità massima o l’accelerazione, la Sebring fu rivista nella meccanica nel 1965, con l’introduzione della seconda serie.
Sotto il cofano, il sei cilindri passò a 3.7 litri, mentre cambiavano i paraurti, più moderni, le frecce e debuttano le iconiche prese d’aria sui parafiamma anteriori, un dettaglio ripreso da tutte le Maserati moderne. Il 3.7 aveva 245 CV, e fu accantonato solo poco più di un anno dopo per un nuovo 4.0 litri, sempre sei cilindri in linea, che portava la potenza della nuova 4000 GTi Sebring a 255 CV, su un peso dichiarato di 1.200 kg. Tra gli optional che sono arrivati nel corso della carriera della Sebring ci fu anche l’aria condizionata, diventando una delle prime auto di grande serie italiana ad averla. La Sebring fu prodotta tra il 1962 e il 1969 in 591 esemplari, tutti coupé.
Maserati Mistral (1963)
Visto il successo della 3500 GT, Maserati pensò di poter raddoppiare la sua offerta nel segmento delle Granturismo, e lanciò solo un anno dopo il debutto della Sebring la sua seconda coupé da grandi percorrenze, la splendida Maserati Mistral. Presentata al Salone di Torino del 1963, la Mistral prende il nome dall’iconico vento freddo che soffia nella Francia meridionale, e venne consigliato dall’importatore transalpino della Casa del Tridente.
Questa intuizione, come sappiamo oggi, portò alla nascita di tantissime Maserati con nomi di venti, ultima delle quali è l’attuale SUV Grecale. Tornando alla splendida Mistral, come successo già in precedenza la Casa modenese affidò il disegno della carrozzeria delle due varianti coupé e Spider a due dei suoi più fortunati collaboratori. La Coupé è frutto della matita di Pietro Frua, la Spider di Giovanni Michelotti. Entrambi realizzarono una vettura dal frontale iconico, con i grandi fari tondi che completano i passaruota bombati, mentre la Coupé sfoggiava in coda un lunotto molto grande e una carrozzeria Fastback che stava diventando di grande moda in quegli anni.
Elegante e raffinata anche all’interno, rispetto alla precedente 3500 GT la Mistral è più piccola (è lunga 4,50 metri), ma non rinuncia ad un abitacolo raffinato e opulento. Rispetto alle precedenti e alla più grande Sebring, la Mistral è solamente offerta con abitacolo a due posti secchi, da cui deriva il suo primo nome ufficiale, 3500 GT 2 posti. La meccanica, invece, è molto importante per la storia Maserati. Essendo realizzata su una versione riveduta e corretta del telaio della 3500 GT, la Mistral è l’ultima Maserati ad avere sotto il cofano il leggendario sei cilindri in linea del Tridente a doppia accensione, derivato da quello dell’eccezionale 250 F da Formula 1 che vinse il Campionato del Mondo nel 1954 e nel 1957 con Juan Manuel Fangio.
Dotato di camere di combustione emisferiche, iniezione Lucas e inizialmente proposto in versione da 3.5 litri, come per la Sebring anche la Mistral è stata proposta sia con il 3.5 da 235 CV che con il più potente 3.7 da 245 CV, per poi arrivare al 4.0 litri da 255 CV con cambio manuale a 5 marce. Il successo della Mistral fu superiore a quello della Sebring, con 968 esemplari tra Coupé (844 esemplari) e Spider (124 unità) prodotte tra il 1963 e il 1970.
Maserati Ghibli (1967)
Alla fine degli anni ’60, il mondo dell’auto fu colpito dalla nascita delle Supercar, vetture che portavano la potenza e le prestazioni ad un livello nettamente superiore. Nonostante l’impostazione delle Maserati fosse sempre quella di vetture comode e raffinate, c’era bisogno di un salto di qualità. Al Salone di Torino del 1966, quindi, Maserati cambiò le regole del gioco, e lanciò la sua prima sportiva di grande produzione con motore V8, la Maserati Ghibli.
Ispirata ad un vento del Sahara, la vettura era molto diversa dal passato, con prestazioni decisamente più cattive e l’obiettivo di concorrere con vetture come la Ferrari 365 GTB Daytona e la Lamborghini Miura. Per conquistare il pubblico, Maserati scelse il giovane Giorgetto Giugiaro, che per conto della torinese Ghia realizzò un’auto dallo stile ancora inconfondibile e senza tempo.
Il suo lunghissimo cofano, con una calandra a tutta larghezza e il logo Maserati al centro, i fari a scomparsa e l’abitacolo arretrato, con un posteriore alto e squadrato, resero la Ghibli una delle automobili più belle degli anni ’60 e ’70. Oltre che bella, la Ghibli era anche molto raffinata e lussuosa, con un abitacolo rifinito interamente in pelle, alzacristalli elettrici, aria condizionata e piantone dello sterzo regolabile, una dotazione da berlina di lusso per l’epoca. La meccanica ebbe bisogno di abbandonare il telaio della 3500 GT per adottare un telaio tubolare in acciaio completamente nuovo, con sospensioni anteriori a ruote indipendenti mentre al posteriore resisteva il ponte rigido con molle a balestra semiellittiche.
Sotto il cofano, invece, c’è spazio per l’eccezionale 4.7 V8 da 310 CV, con cambio manuale a 5 marce e differenziale autobloccante posteriore. Forte anche di freni a disco sulle quattro ruote, la 4.7 poteva arrivare a 270 km/h, mentre nel 1970 è arrivata la Ghibli SS, con motore portato a 4.9 litri, 335 CV e velocità massima di 280 km/h, per uno 0-100 coperto in soli 6 secondi. Grazie anche ad un prezzo relativamente contenuto rispetto alle rivali, la Ghibli ebbe un grande successo commerciale, che le permise di raggiungere i 1.300 esemplari (1.149 Coupé, 125 Spider) tra il 1967 e il 1973 e di diventare una delle Maserati più amate della storia del Tridente.
Maserati Indy (1969)
Come successo con la dicotomia tra la Sebring e la Mistral, alla coupé più sportiva ispirata dal vento si affiancò, nel 1969, una coupé 2+2 dall’impostazione più comoda e raffinata, la Maserati Indy. La diretta parentela con la Sebring è evidente vedendo il nome scelto per la vettura, che omaggia un altro, grande successo di Maserati negli Stati Uniti, ovvero le due vittorie consecutive alla 500 Miglia di Indianapolis ottenute nel 1939 e 1940.
Lunga 4,74 metri, la Indy è caratterizzata da linee molto più americaneggianti, disegnate dalle matite di Virginio Vario ed Elio Mainardi per Vignale. Il un cofano è lungo e spiovente con grandi fari a scomparsa, l’abitacolo arretrato e molto ampio per alloggiare quattro persone e la coda è tronca e molto voluminosa, che permetteva alla vettura di avere un’abitabilità superiore alla norma. All’interno, poi, la Indy è molto lussuosa, con climatizzatore, vetri elettrici, pelle e legno dappertutto e un’impostazione più turistica e meno sportiva della Ghibli.
Inizialmente, la Indy è stata offerta con una versione da 4.2 litri del V8 Maserati, con cambio manuale a 5 marce o automatico Borg-Warner a 3 rapporti. Dal 1970, invece, è stato offerto lo stesso 4.7 V8 da 300 CV della Ghibli, mentre un anno dopo è stato adottato l’ultimo motore della Indy, il 4.9 V8 della Ghibli SS, depotenziato da 335 a 320 CV per adattarsi meglio all’indole più turistica della Indy. Elegante, raffinata e molto comoda, la Indy non sarà una delle Maserati più famose della Casa, ma ebbe un buon successo, forte di una produzione di circa 1.100 esemplari tra il 1969 e il 1975.
Maserati Bora (1971)
Nel corso della carriera delle due Maserati V8 viste poco fa, ci fu un vero e proprio scossone: dopo una crisi economica che rischiò di terminare la storia Maserati, la famiglia Orsi cedette la Casa del Tridente alla francese Citroen, che nel 1968 diventò proprietaria del marchio modenese. Forte dei fondi portati nelle casse dal colosso transalpino, Maserati cominciò a lavorare ad una Supercar a due posti a motore centrale, pensata per rivaleggiare direttamente con la Lamborghini Miura e la De Tomaso Mangusta. Dopo qualche anno di sviluppo, questa inedita granturismo Maserati a motore centrale venne esposta nella sua forma definitiva al Salone di Ginevra del 1971 con il nome di Bora, ispirata al celebre vento di Trieste.
Realizzata su un telaio monoscocca in alluminio totalmente inedito, la Bora è la prima Maserati con sospensioni indipendenti sulle quattro ruote, e utilizzava anche il celeberrimo sistema oleopneumatico di Citroen non tanto per le sospensioni, di tipo classico, ma per azionale il servofreno, il servosterzo, i fari a scomparsa, la frizione, la pedaliera e la colonna dello sterzo regolabili. Il design, invece, fu di nuovo affidato a Giorgetto Giugiaro, ora messosi in proprio in Italdesign, che disegnò un’automobile affilata, pulita ma molto aggressiva, con una fiancata molto massiccia e una coda alta e tronca che riprendeva gli studi aerodinamici già fatti sulla Ghibli.
A spiccare, ovviamente, è il motore. Posizionato per la prima volta dietro l’abitacolo c’è il V8 bialbero della Casa del Tridente, inizialmente con cilindrata di 4.7 litri e 310 CV a 6.000 giri. Nonostante fosse una vera Supercar, la Bora doveva essere una Maserati, quindi comoda e raffinata. Per questo, il motore e il cambio ZF a 5 marce vennero montati su un telaietto ausiliario, unito alla scocca con quattro supporti elastici, per ridurre rumori e vibrazioni.
Non leggerissima (pesa 1.520 kg, 180 kg più della Ghibli), la Bora era veloce, con una velocità massima di 270 km/h. Nel 1976, poi, arrivò il nuovo motore V8 da 4.9 litri da 330 CV, già proposto in America dal 1973 in versione depotenziata a 300 CV (320 dal 1976) per le rigide norme anti-inquinamento. La produzione fu piuttosto contenuta: tra il 1971 e il 1978, Maserati produsse 564 Bora, tutte coupé.
Maserati Khamsin (1973)
Alla rivoluzionaria Bora, nel 1973 Maserati affiancò una Granturismo più classica, con motore anteriore e proporzioni più tradizionali. Nonostante la raffinatezza della Bora, infatti, il layout a motore centrale non convinse troppo una fetta della clientela Maserati più affezionata e tradizionalista, che infatti desiderava una classica coupé 2+2. Per questo, l’Ingegner Giulio Alfieri, dietro a tutte le Maserati prodotte tra gli anni ’50 e ’70, sviluppò la sua ultima auto per il Tridente, la Khamsin.
Ispirata ad un vento caldo del deserto egiziano, la Khamsin deriva nella meccanica dall’eccellente Ghibli, ma rispetto alla vettura che ha sostituito cambiano le linee e, soprattutto, il designer. Da Giugiaro, infatti, Maserati decise di affidarsi alla matita di Marcello Gandini per Bertone, che realizzò una vettura dallo stile pulito, affilato e con l’iconico “cuneo”, marchio di fabbrica del designer torinese. Oltre ai fari a scomparsa e alla coda tronca, la Khamsin utilizzò due soluzioni estetiche davvero particolari. All’anteriore, infatti, trovava posto una griglia per lo sfogo dell’aria calda asimmetrica, mentre in coda i fari e il logo Maserati vennero montati su un pannello trasparente.
A livello tecnico, poi, la Khamsin è un’auto decisamente diversa dal passato. Sebbene dimensioni e passo fossero simili alla Ghibli, infatti, la Khamsin adotta un nuovo telaio con scocca portante, che sostituì quello tubolare della Ghibli. In più, qui debuttano anche le sospensioni indipendenti sulle quattro ruote (a quadrilateri deformabili con doppio gruppo molla-ammortizzatore), freni a disco e cambio manuale ZF a 5 marce con schema Transaxle, con il gruppo cambio-differenziale posizionato quindi al posteriore su un telaietto ausiliario con supporti elastici per ridurre le vibrazioni.
Sotto il cofano, infece, c’è il V8 da 4.9 litri e 320 CV derivato da quello della Ghibli SS, arretrato dietro l’asse anteriore per una migliore ripartizione dei pesi. Come sulla Bora, anche la Khamsin utilzza il sistema oleopneumatico di derivazione Citroen, che si occupava di servosterzo ad asssistenza variabile, frizione, servofreno, fari a scomparsa e regolazione del sedile del guidatore. Dotata di un abitacolo lussuoso e raffinato, la Khamsin raggiunge i 275 km/h, e dopo 430 esemplari prodotti tra il 1973 e il 1983 lasciò spazio alla produzione sotto l’egida De Tomaso.
Maserati Kyalami (1976)
Nel 1975, infatti, Maserati venne ceduta da una Citroen in forte crisi dopo la Guerra del Golfo del 1973. A rilevarla fu il Gruppo GEDI capitanato dall’imprenditore italo-argentino Alejandro De Tomaso, che inserì Maserati in un Gruppo formato da Innocenti e dalla sua stessa Casa, la De Tomaso appunto.
Il periodo De Tomaso fu segnato da un accantonamento del progetto di Gran Turismo come quelle che abbiamo visto, con un timido ritorno fatto solamente alla fine del progetto Biturbo, vetture dalle dimensioni e dal prezzo relativamente contenuto che volevano portare la ricetta Maserati in una fascia di prezzo più bassa. Dopo le varie coupé del progetto Biturbo, infatti, nel 1992 arrivò la Ghibli, l’ultima evoluzione del progetto dotata di motore V8 con doppio turbo e un’impostazione più lussuosa e da GT.
Nonostante ciò, l’ultima granturismo Maserati prodotta prima del grande ritorno alla fine degli anni ’90 è, secondo molti, la Kyalami. Lanciata nel 1976, questa grande coupé da quasi 4,60 metri riprende la tradizione dei nomi ispirati alle vittorie Maserati. In questo caso, il riferimento è quello della Cooper T81 di Pedro Rodriguez, che nel 1967 vinse il Gran Premio del Sud Africa di Kyalami spinto da un motore V12 Maserati. Sebbene sia un’automobile dal posizionamento più classico, sostituta della Maserati Mexico (grande berlina realizzata sulla piattaforma della Quattroporte e prodotta tra il 1966 e il 1972), la Kyalami è, sostanzialmente, una Maserati realizzata sulla piattaforma della De Tomaso Longchamp, coupé con motore Ford lanciata 3 anni prima dalla Casa modenese. Il disegno della Longchamp è stato “maseratizzato” da Pietro Frua, che rivide le linee di Tom Tjaarda snellendo i montanti del tetto, rendendo l’auto più lunga, più bassa e più larga, adottando una tipica calandra Maserati e linee più pulite ed eleganti.
L’abitacolo è completamente rivestito in pelle Connolly fino alla plancia, foderata in camoscio per ridurre i riflessi sul parabrezza. La dotazione era ricchissima, con climatizzatore, vetri elettrici, sedili regolabili e radio. Sotto il cofano, invece, il V8 Ford Cleveland ha lasciato spazio al 4.9 V8 della Ghibli SS, in questo caso dotato di 280 CV e 245 km/h di velocità massima, cambio automatico a 3 marce Borg Warner di serie e manuale a 5 marce a richiesta. La produzione della Kyalami durò fino al 1983, e conta 210 esemplari, di cui solamente 25 dotate del cambio automatico.
Maserati 3200 GT (1998)
Dopo un periodo di ibernazione lungo più di 20 anni, per tornare ad avere una Granturismo Maserati realizzata interamente dalla Casa modenese si è dovuto attendere il 1998, quando è arrivata l’attesissima Maserati 3200 GT. Dopo gli anni difficili della gestione De Tomaso, nel 1993 è subentrata la FIAT, he ha cambiato con pazienza le sorti del Tridente.
Nel 1994, infatti, è arrivata la Quattroporte IV, ancora derivata dal progetto Biturbo ma completamente rivista, nel 1997 Maserati passò sotto l’egida Ferrari, che nel 1998 lanciò la “sua” prima Maserati, la 3200 GT. Erede spirituale delle grandi GT del passato (leggenda vuole che dovesse chiamarsi Mistral, nome poi “bloccato” dai diritti su di esso del Gruppo Volkswagen, altro estimatore di venti), la 3200 GT è realizzata su un telaio dedicato, ed è disegnata da un grande nome della storia Maserati: Giorgetto Giugiaro, già designer della Ghibli e della Bora. Rispetto alle altre Granturismo Maserati, la 3200 GT è compatta, lunga poco più di 4,50 metri. Questo la rende piuttosto atipica nella dinastia delle coupè del Tridente, risultando, insieme alla sorella Coupé che l'ha seguita, una delle più agili e leggere GT della Casa di Modena.
Le linee della 3200 GT sono moderne ma allo stesso tempo classiche, adottando al posteriore uno dei primi proiettori a LED su un'auto di grande serie. La 3200 GT poteva contare su un abitacolo elegante e lussuoso, disegnato dal Direttore del Centro Stile Lancia, Enrico Fumia. Sebbene sia dotato di tanti comandi di origine FIAT, questo abitacolo ha la sua personalità, con un layout 2+2 e pelle un po’ ovunque. Sotto il cofano, invece, trova posto l’ultima evoluzione del V8 Maserati biturbo, con cilindata di 3.2 litri e 368 CV.
Disponibile con cambio manuale a 6 marce o automatico a 4 rapporti, il V8 biturbo della 3200 GT è passato alla storia come l’ultimo motore completamente sviluppato da Maserati montato su una vettura del Tridente, prima del ritorno nel 2021 del V6 Nettuno. Grazie ad un peso relativamente contenuto (1.580 kg con cambio manuale), la 3200 GT è decisamente rapida, con un'accelerazione 0-100 km/h coperta in poco più di 5 secondi. Prodotta solamente con carrozzeria Coupé in 4.795 esemplari in 4 anni, tra il 1998 e il 2002, la 3200 GT è un pezzo di storia della Casa del Tridente, un ponte tra il passato burrascoso e l’attuale era FIAT-FCA-Stellantis.
Maserati Coupé (2002)
Sulla base della 3200 GT, infatti, Maserati lanciò dopo soli 4 anni un restyling. La Granturismo Maserati dal 2002 si chiama Coupé, e rivide lo stile, soprattutto al posteriore dove i fari a LED vennero sostituiti da più classici fari triangolari alogeni. Il motivo non è solamente estetico (sebbene tanti clienti trovassero piuttosto audace questa scelta), ma più importante di quanto sembri.
I fari a boomerang, infatti, non rispettavano le direttive statunitensi sulla visibilità notturna. Per questo, la 3200 GT non è mai stata importata negli Stati Uniti, perdendo un mercato molto importante per Maserati. Per questo, con il restyling del 2002 sono stati adottati dei fari più classici, rispettosi delle stringenti normative USA. A cambiare, poi, è anche qualche dettaglio interno e, soprattutto, la meccanica.
Il vecchio 3.2 biturbo è stato infatti accantonato per fare spazio ad un nuovo motore, assemblato a Maranello dagli ex-rivali della Ferrari. Nacque così, nel 2002, la Maserati Coupé, nota tra gli appassionati anche come 4200 GT. Sotto il cofano, infatti, fa il suo debutto il Ferrari F136, un V8 aspirato interamente in alluminio, con fasatura variabile in aspirazione e 390 CV. Grazie ad una zona rossa a 7.500 giri e ad un sound studiato per essere riconoscibile dagli altri V8 Ferrari, è con la Coupé che Maserati si è fatta la sua nomea di Casa con il miglior sound in circolazione. Sebbene avesse meno coppia, il nuovo V8 Ferrari diede nuova linfa al progetto della 3200 GT, che nel 2005 è stata affiancata dalla nuova Maserati V8 GranSport, dotata di uno stile più raffinato, con una griglia più larga cromata all’anteriore, cerchi dedicati e 10 CV in più, per una potenza passata a 400 CV.
Se la Coupé è disponibile anche con cambio manuale, la GranSport è proposta unicamente con il cambio manuale robotizzato a 6 marce Cambiocorsa, derivato dall’F1 montato sulle Ferrari. La Coupé è stata declinata anche in versione Spyder, con due posti secchi e capote in tela, mentre nel 2003 è tornata a calcare i circuiti con la Maserati Trofeo, una vettura derivata dalla Coupé per un campionato monomarca. Con oltre 13.000 unità vendute, la Coupé è diventa, al momento del suo addio nel 2007, la Maserati più venduta di sempre, superata poi prima dalla Quattroporte e poi dalla GranTurismo I.
Maserati GranTurismo (2007)
Lanciata nel 2007 e prodotta per quasi 15 anni fino alla fine del 2020, la Maserati GranTurismo di prima generazione è stata una delle automobili più importanti e rilevanti del panorama automobilistico degli anni ’00 e ’10. La GranTurismo è stata presentata al Salone di Ginevra del 2007, ed ha cambiato nuovamente la ricetta della Granturismo Maserati, passando dalla piccola e agile Coupé ad un’automobile che riprende l’eredità delle grandi coupé del Tridente.
Le dimensioni, infatti, sono generose, con una lunghezza di 4,88 metri e delle proporzioni eleganti e classiche. Lo stile è, insieme al sound dei motori V8, il tratto distintivo della GranTurismo, e il motivo è semplice. Per la prima volta dalla A6 1500 del 1947, Maserati è tornata da Pininfarina per il design della sua GT, con l’americano Jason Castriota che è riuscito a disegnare un’automobile dallo stile eccezionale.
Filante, elegante, ma allo stesso tempo aggressiva e cattiva, nonostante siano passati quasi 20 anni dal lancio la GranTurismo I è ancora una delle automobili più belle mai prodotte. All’interno, invece, la GranTurismo è una vera quattro posti, con un abitacolo rivestito in pelle e materiali pregiati, capaci di rendere più eleganti e raffinate anche le componenti di origine FIAT sparse per l’abitacolo e condivise con la Quattroporte. La GranTurismo, infatti, condivide la stessa piattaforma con la grande berlina degli anni ’00 della Casa (anche lei tra le auto più amate del Tridente), ed è anche una delle automobili moderne con lo sviluppo più rapido. Tra la fase di design e sviluppo e quella di produzione, infatti, sono bastati solo 9 mesi per dare alla Coupé un’erede.
A livello meccanico, quindi, la GranTurismo è basata sulla piattaforma Maserati M139, sviluppata specificatamente per Maserati da FIAT e Ferrari, con soluzioni raffinate come la posizione anteriore-centrale del motore, sospensioni a doppio triangolo sovrapposto all’anteriore e Multilink dietro. Sotto il cofano, invece, trova posto sulla prima GranTurismo il 4.2 V8 Ferrari F136 derivato dalla Coupé, qui dotato di 405 CV e accoppiato, di serie, all’ottimo cambio automatico ZF a 6 marce, abbandonando il poco amato DuoSelect visto sulla Quattroporte. Già nel 2008, poi, è arrivato il 4.7 V8 sulla GranTurismo S, capace di 440 CV e accoppiato, sulla S, ad un cambio manuale automatizzato della Graziano derivato da quello della Ferrari F430 o, in versione “Automatica”, al cambio ZF.
Nel corso degli anni, poi, è arrivata la GranTurismo MC Stradale, con potenza portata a 450 CV, freni maggiorati e una maggior sportività, mentre nel 2012 è arrivata la GranTurismo Sport, dove il 4.7 arriva a 460 CV e il cambio è di serie il classico automatico ZF. Nel 2010, poi, alla GranTurismo si è affiancata la GranCabrio, disponibile con i motori 4.7 da 440 CV della GranTurismo S. Tutte le GranTurismo, poi, potevano avere gli ammortizzatori adattivi Skyhook, mentre su ogni GT il sound è eccezionale, tra i migliori mai visti su un’automobile di grande serie. Il successo della GranTurismo nei suoi 13 anni di produzione è stato eccellente. Dal 2007 al novembre del 2020 sono state costruite 28.805 GranTurismo e 11.715 GranCabrio, per un totale di 40.520 unità, diventando la Granturismo Maserati più venduta della storia.
Maserati GranTurismo (2022)
Dopo quasi due anni d’attesa, nell’agosto del 2022 è stata presentata al Concorso d’Eleganza di Pebble Beach, in California, la Maserati GranTurismo di seconda generazione, che ha portato con sé una serie di prime assolute per la coupé più amata del Tridente. Lunga 4,96 metri e larga 1,96 metri, la GranTurismo II è stata disegnata dal Centro Stile Maserati diretto da Klaus Busse, riprendendo gli stilemi della prima serie ed evolvendoli in un’automobile dal look altrettanto emozionante e raffinato come la vettura che sostituisce. Oltre al frontale aggressivo e alla coda filante, spiccano l’enorme “cofango”, un pannello d’alluminio che integra il cofano e i parafanghi anteriori.
Il parabrezza e le superfici vetrate sono ampie, per garantire una miglior visibilità su strada, e l’abitacolo è raffinato e curato, con ampio utilizzo di pelle, alluminio e materiali pregiati come fibra di carbonio o legno. Rispetto al passato, poi, c’è tanta tecnologia, con tre display a disposizione del guidatore. La GranTurismo II è realizzata su un pianale dedicato, che utilizza il know-how del Gruppo ottenuto tramite i progetti Giorgio di Alfa Romeo e del SUV Grecale, impreziosito da una scocca principalmente realizzata in alluminio, magnesio e acciai altoresistenziali, che ha permesso di gestire al meglio la ripartizione dei pesi e di ridurre la massa dell’auto, che sulla versione termica si ferma a 1.795 kg.
Ad aiutare in questo senso è stato anche il motore. Al posto del vecchio V8 aspirato, infatti, la GranTurismo termica è dotata del 3.0 V6 biturbo Nettuno, un motore interamente sviluppato da Maserati e dotato di soluzioni originali come la doppia accensione (un rimando alla storia Maserati) e all’iniezione mista, sia diretta che indiretta, con due iniettori per cilindro. Questo V6 è meno “vocale” del V8 Ferrari, ma è decisamente più potente. La versione d’accesso, la Modena, ha 490 CV e 600 Nm di coppia, mentre la top di gamma Trofeo arriva a 550 CV e 650 Nm di coppia, scaricati a terra tramite un cambio automatico ZF a 8 marce e con trazione integrale, diventando così la prima Granturismo Maserati a trazione integrale.
Disponibile fin dal lancio anche in versione cabriolet, la GranCabrio, a fianco della V6 c’è anche la versione elettrica, la Folgore, realizzata sulla medesima piattaforma. Per adattare un sistema elettrico ad un pianale multienergia, in Maserati hanno realizzato una batteria a T, che occupa lo spazio di serbatoio e tunnel di trasmissione, dalla capacità nominale di 92,5 kWh. Questa batteria alimenta tre motori elettrici, uno posto all’anteriore e due, uno per ruota, sull’asse posteriore, da 300 kW ciascuno. La potenza nominale sarebbe di oltre 1.200 CV, ma quella realmente disponibile si “ferma” a 761 CV, con 1.350 Nm di coppia. Il sistema, infine, è a 800 V (è la prima auto del Gruppo Stellantis ad avere un sistema del genere) e può caricare fino a 270 kW in corrente continua, per un’autonomia di 450 km WLTP. La GranTurismo II è stata la prima GT del Tridente ad essere prodotta fuori da Modena, nello specifico nella storica fabbrica FIAT di Mirafiori. Alla fine del 2025, però, la GranTurismo e la GranCabrio Tipo 189 sono tornate a Modena, venendo prodotte per tutto il mondo nello stabilimento di Viale Ciro Menotti, tornando nel luogo dove tutte le altre Granturismo Maserati sono nate.