La nascita di una Casa automobilistica incentrata sulla produzione di vetture marcatamente sportive nel “triangolo d’oro” tra Modena, Bologna e Maranello di rivelò un’occasione irresistibile per i Carrozzieri italiani; la possibilità di esercitare e mostrare il proprio estro su nuovi telai e motori di notevole importanza, arrivando prima degli altri, faceva poi la dovuta differenza.
La Lamborghini fondata il 7 maggio 1963 a Sant’Agata Bolognese dal vulcanico imprenditore Ferruccio Lamborghini, già famoso per la produzione di efficaci trattori, si presentò sul mercato in modo dirompente per idee, obiettivi e prestazioni, catalizzando su di se tutta l’attenzione internazionale; un’attenzione che i Carrozzieri italiani raccolsero e interpretarono immediatamente dando forma ad alcune delle vetture più straordinarie e peculiari che qui ripercorriamo.
La “prima” di Zagato
La primissima interpretazione di un telaio Lamborghini arrivò dalla Zagato, ma su iniziativa della concessionaria milanese di Gerino Gerini che vendeva in esclusiva le vetture del Toro. La base scelta fu quella della 350 GT (al tempo prima ed unica vettura del marchio) accorciata di ben 100 mm, per conferire ulteriore incisività, compattezza ed agilità nell’uso spiccatamente sportivo, cosa che lasciò chiaramente intendere quanto l’interpretazione di Zagato volesse sbilanciarsi in questa direzione. Se questa scelta rientrava perfettamente nella tradizione del Carrozziere milanese, di diverso avviso era invece Ferruccio Lamborghini, che fin da subito non nascose la sua avversione per le competizioni, volendo invece puntare sulla produzione di lussuose, comode e veloci Granturismo. Potenti si, utilizzabili giornalmente come fossero berline. Per il motore, Zagato aveva ottenuto in prova il nuovo motore V12 da 3.929 cc che di li a poco avrebbe sostituito il 3.464 cc montato sulla 350 GT (dando luogo successivamente alla 400 GT), forte di ben 320 CV.
Sui due telai selezionati (n°0310 e n°0320), Ercole Spada tracciò una carrozzeria dalle forme compatte, modellate secondo i principi più efficaci dell’aerodinamica: anteriore basso e con fari carenati, l’abitacolo molto arretrato, fiancata snella e un particolarissimo posteriore troncato che ne determinò lo stile spigoloso e originale. Inedito anche il padiglione, di maggior estensione (specie in altezza) per favorire una buona abitabilità e visibilità.
Presentate al Salone di Londra e successivamente di Torino del 1965 come Lamborghini 3500 GTZ una con verniciatura bianca (n°0310) e l’altra in rosso (n°0320), ricorda a in certe volumetrie e dettagli la coeva Ferrari 275 GTB, ma allontanandosene mostrando una sua propria identità che divise i pareri del pubblico.
La Monza 400 di “Neri e Bonacini”
Giorgio Neri e Luciano Bonacini non erano nomi nuovi in Lamborghini, in quanto dalla loro officina meccanica fondata a Modena nel 1960 uscirono i primi telai del prototipo 350 GTV, aprendogli la strada verso la costruzione di carrozzerie nella forma della “Carrozzeria Autocorse”.
Alla Carrozzeria venne infatti commissionata la progettazione e costruzione, nelle intenzioni del cliente statunitense, di una vettura che avrebbe dovuto essere omologata sia per l’uso stradale quanto per quello competitivo, in particolare per l’iscrizione alla 24 Ore di Le Mans. Tuttavia, sopraggiunte modifiche regolamentari della gara durante la costruzione ne resero impossibile l’omologazione per la pista, completandola dunque con solo le specifiche stradali.
La vettura fu realizzata sul telaio (n°01030) della 400 GT di serie, la cui carrozzeria venne completamente rimossa e ricostruita da zero in leggero alluminio, sulla falsariga dello stile che allora caratterizzava le più potenti sportive con motore anteriore, dalla Ferrari 275 GTB alla Bizzarrini 5300 GT Strada fino ad arrivare proprio ad una realizzazione della stessa Carrozzeria, la Ferrari 250 GT Spider “Nembo” del 1960. Nonostante ciò, l’auto ha un suo stile riconoscibile, definito in particolare dal lungo e basso profilo fastback, con grande bocca anteriore, cofano lungo e piatto, frontale e parabrezza molto spioventi, coda tronca e ampi sfoghi d’aria dietro i passaruota anteriori. La caratteristica stilistica più originale era il grande arco in rilievo che avvolgeva tutto il padiglione dietro i finestrini laterali e il lunotto. Sotto il cofano, il V12 da 3.929 e 320 CV.
Presentata in tempo per il Salone di Barcellona del 1966 come Lamborghini Monza 400, venne consegnata al committente il quale però, presumibilmente deluso dalla mancata possibilità di gareggiarvi, la rivendette nel 1970. La vettura non corse mai.
La Flying Star II di Touring
La Lamborghini 400 GT Flying Star II venne realizzata sul telaio accorciato di 10 cm della 400 GT nel 1966 dalla prestigiosa Carrozzeria Touring, su iniziativa di Carlo Felice Bianchi Anderloni figlio di Felice Bianchi Anderloni, fondatore dell’azienda milanese nel 1926.
L’idea dietro la vettura fu quella di esplorare non solo le possibilità del marchio Lamborghini in fatto di potenti quanto comode Granturismo, ma anche di indagare inediti percorso stilistici e tipologici nel campo del design dell’automobile, coniugando alte prestazioni e praticità. Il risultato fu una Shooting-brake due posti molto bassa, affilata e dai lineamenti spigolosi e geometrici, dall’anteriore alla coda passando per la fiancata, in grado di anticipare le tendenze stilistiche che dopo alcuni anni avrebbero dominato il panorama. Tra i vari dettagli, risaltano gli ampi fari anteriori carenati è il basso padiglione arquato che scende verso la parte posteriore. A far compagnia all’ampio bagagliaio il motore V12 da 3.929 e 320 CV.
Presentata al Salone dell’Automobile di Torino del 1966 fu chiamata “Flying Star II” rievocando idealmente lo storico stilema inventato dalla Carrozzeria e adottato sull’Alfa Romeo 6C 1750 e Isotta-Fraschini Tipo 8B degli anni Trenta; alla presentazione desterà grande curiosità ma rimanendo un pezzo unico.
A chiusura di queste breve carrellata è doveroso citare la versione spider della Lamborghini 350 GT, e chiamata “GTS” proposta da Touring nel 1965 (2 esemplari) e la Lamborghini Miura Roadster del 1968, proposta invece da Bertone.