Alfa Romeo Tipo B-P3 Aerodinamica e Tipo 512: per il 115° anniversario due capolavori del Biscione

Storiche
08 agosto 2025, 8.30
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Una storia complessa e inventiva quella di Alfa Romeo, che per questo 115° anniversario vogliamo celebrare attraverso due vetture curiose e forse poco conosciute, ma complesse ed inventive anch’esse.
Siamo nel 1934, ed il regolamento per le vetture da Gran Premio è stato modificato: se oggi le modifiche al regolamento (Formula 1) non sempre vengono accolte positivamente in quanto talvolta risultano cervellotiche, inutilmente costose e ininfluenti ai fini del miglioramento della vettura, in passato queste pur provocando certamente qualche malcontento diventavano l’occasione per far progredire efficacemente l’automobile e la stessa manifestazione motoristica, aumentandone anche la relativa spettacolarità. Senza dimenticare che, se ben interpretato e tradotto in progetto poteva diventare l’occasione d’oro per ribaltare classifiche e albi d’oro.
La Alfa Romeo Tipo B-P3 dello straordinario progettista Vittorio Jano venne così aggiornata con una carrozzeria più larga e curata aerodinamicamente, alla quale seguì un irrobustimento del telaio a longheroni e traverse in lamiera di acciaio e la conseguente evoluzione del motore, sempre un 8 cilindri in linea biblocco con teste i lega leggera, doppio albero a camme in testa, doppio carburatore e due compressori volumetrici, sistemato in posizione anteriore longitudinale ma portato a 2.905 cc per 255 CV a 5400 giri/min, e capace di 262 km/h.

Alfa Romeo Tipo B-P3 “Aerodinamica”: con il vento sotto le ali

alfa romeo tipo bp-3
L’evoluzione del progetto cadde in un momento particolare per l’Alfa Romeo che vedeva le Mercedes-Benz e Auto Union dare progressivamente sempre più filo da torcere alla Tipo B-P3 del 1932. La Tipo B-P3 Aerodinamica è figlia degli studi dell’ingegnere aeronautico della Breda Aeronautica, Cesare Pallavicino, e mostra una particolare serie di affinamenti aerodinamici che sostanzialmente furono organizzati per aggiunta: tra questi l’arrotondamento della parte anteriore, la carenatura completa delle balestre sospensioni, l’affinamento del profilo vettura e la presenza dell’alta pinna posteriore che estende la gobba poggiatesta con funzione stabilizzatrice fornendo maggior controllo e velocità. Ma a spiccare sono certamente gli ampi quattro profilati parafanghi posizionati dietro le rispettive ruote e collegati mediante una superficie di congiunzione al corpo centrale che funge quasi da elemento alare. Una soluzione adottata con la volontà di ridurre le turbolenze provocate proprio dalle ruote scoperte, offrendo una “migliore” penetrazione dell’aria.
Lo sviluppo avvenne attraverso una serie di collaudi effettuati sull’autostrada Milano-Laghi che in effetti dimostrarono un sensibile aumento della velocità, confermato nel 1935 dal pilota Guy Moll che si aggiudicò con la Tipo B-P3 Aerodinamica il Gran Premio dell’Avus a Berlino, toccando punte di 262 km/h. Ma aldilà di questo risultato, lo sviluppo complesso e la supremazia delle vetture tedesche - di continuo perfezionate grazie ai sostanziosi finanziamenti statali - scalzarono dal podio l’Alfa Romeo, costringendo Vittorio Jano a progettare una vettura completamente nuova che seguirà all’esperienza geniale e disperata della Bimotore, ovvero la Alfa Romeo Tipo C nel 1935. Nel frattempo si tornò a spremere e potenziare le originali Tipo B, che portarono comunque al leggendario risultato del Gran Premio di Germania 1935 presso il Nürburgring da parte di Tazio Nuvolari. Persa nel tempo, la vettura oggi esposta al Museo Alfa Romeo di Arese è una ricostruzione fedele su disegni originali.
alfa romeo tipo bp-3

Alfa Romeo Tipo 512: verso il futuro

Come visto nei paragrafi precedenti, alla fine degli anni Trenta i gran premi erano saldamente nelle mani di Mercedes-Benz e Auto Union, nonostante progetti straordinari come ad esempio la Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 del 1938 di Gioachino Colombo.
Per mantenere la propria competitività si guardò al futuro progettando una vettura inedita per Alfa Romeo e, in un certo senso, alternativa all’Alfetta; la sfida fu raccolta da Wifredo Ricart, ingegnere spagnolo che subentrò a Vittorio Jano dopo il suo abbandono. Ricart delineò su un telaio a longheroni e traverse in tubi saldati una vettura “leggera” tipo “voiturettes”, con motore a 12 cilindri (in blocco con la trasmissione a cinque marce) contrapposti organizzati in monoblocchi in Elektron e teste in lega leggera da 1.490 cc e 335 CV a 8.600 giri/min, sistemato in posizione posteriore longitudinale (come sulle Auto Union).
alfa romeo 512
Ed ancora: efficienti freni a “tre ceppi”, sospensioni posteriori De Dion triangolari e anteriori indipendenti a quadrilatero, quattro alberi a camme in testa, carburatore a triplo corpo e doppio compressore a due stadi. Specifiche che facevano prevedere una velocità di circa 300 km/h; con la potenza specifica record di 225 CV/litro poteva tranquillamente stracciare quella di 186 CV/litro della Mercedes-Benz M165.
La forma della vettura era studiata nei minimi dettagli dal punto di vista aerodinamico per offrire massima efficienza, con forme snelle, muso affusolato e coda slanciata, che le conferivano un aspetto quasi futuristico.
alfa romeo 512
Questa impostazione tecnica garantiva forte stabilità e aderenza in curva, doti che emersero durante i primi collaudi portati avanti da Sanesi e Canavesi il 10 settembre 1940; solo pochi aggiustamenti risolvibili in sviluppo saranno da correggere come un aumento della rigidezza del telaio e il settaggio del ponte posteriore per eccessivo rollìo. Purtroppo forme di “boicottaggio interno” tra fra la “vecchia guardia” e quella “nuova” di Ricart, oltre all’entrata dell’Italia nel secondo conflitto mondiale fermarono progressivamente il progetto, magari in attesa di tempi migliori, che per l’Alfa Romeo Tipo 512 non arriveranno mai in quanto si preferirà evolvere la Alfetta Tipo 158. Di questa straordinaria vettura esistono due esemplari, conservati al Museo Alfa Romeo di Arese.
Autore: Federico Signorelli
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