Diventa sempre più difficile che il governo Meloni raggiunga l’obiettivo sulla produzione di veicoli in Italia: un milione fra vetture e commerciali ogni anno per il 2030. Infatti, il Gruppo Stellantis arriverà a sfornare nel nostro Paese 500.000 unità entro fine 2024, di cui 300.000 auto e 200.000 commerciali, stando alle stime “drammatiche” del sindacato Fim Cisl. Anziché un passo avanti verso la transizione elettrica, un balzo indietro, al livello di FIAT negli anni 1950.
Nell’immediato, le conseguenze riguardano gli operai delle fabbriche, con abbondante uso di cassa integrazione, turni ridotti e contratti di solidarietà. Ma i rappresentanti dei lavoratori temono il peggio, con la chiusura di diverse fabbrica e licenziamenti a pioggia. L’alternativa a Stellantis pensata dall’esecutivo, un Gruppo cinese ricco di risorse e con tanta voglia di invadere il mercato europeo sfruttando il Belpaese come trampolino di lancio anti dazi UE, non si concretizza. Al massimo, dai colloqui con l’orientale Dongfeng, sarebbe emerso che la Casa del Dragone imporrebbe una sequela di condizioni per aprire uno stabilimento di assemblaggio (neppure di produzione) in Italia.
Autore: Mr. Limone
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