Quale futuro per il mondo dell’auto? Il riscaldamento globale ha portato le Istituzioni a varare importanti misure per il contenimento degli inquinanti: il “Green Deal” europeo ne è l’esempio con un progetto che mira a ridurre le emissioni per un valore pari al 55% rispetto quanto registrato nel 1990. Una svolta epocale che vede l’Europa impegnata da qui al 2030 a ridurre la propria impronta ecologica che la presidente del parlamento europeo Ursula von der Leyen ha definito come: “una nuova strategia per la crescita, una crescita che restituisce più di quanto prende“.
Quello che è certo, però, è che questo piano sta già rivoluzionando i settori produttivi e che anche il mondo dell’auto ne è profondamente interessato. In particolar modo, la normativa europea, vede la messa al bando dei motori a combustione interna (quindi benzina, Diesel, ecc.) entro il 2035. Una data vicinissima che impone lo sviluppo di nuove tecnologie “green” che possano essere “fruibili” e soprattutto “accessibili” a tutti.
Continuare sulla strada del “green” oppure rinviare lo stop alla vendita dei motori endotermici a dopo il 2035? È quello che moltissimi cittadini, esponenti della politica ed importanti case automobilistiche messe a dura prova dai forti investimenti per perfezionare le nuove tecnologie, si stanno domandando.
Anche a livello locale, la tendenza al contenimento delle emissioni non fa eccezione. Le amministrazioni, dovendo fare i conti con la qualità dell’aria, hanno inasprito i blocchi alla circolazione: a Torino, ad esempio, fino al 29 gennaio anche alle vetture euro 5 Diesel sarà proibito circolare. A Bologna, invece, grande scalpore ha suscitato l’introduzione del limite dei 30 km/h in gran parte della città.
Tutti segnali che ci vanno ad indicare che il mondo della mobilità sta cambiando con una velocità, forse, più celere anche dello sviluppo delle tecnologie alternative. Nel futuro per l’industria automobilistica conteranno di più gli stabilimenti che garantiranno ampi volumi produttivi o i centri di ricerca, produzione e ricondizionamento delle batterie per le elettriche?
Guardando i dati UNRAE, ad oggi, nella variazione percentuale delle vendite in Italia tra dicembre 2022 e lo stesso mese del 2023, le elettriche segnano un +48,8% contro un +25,5% delle auto a benzina, uniche dell’universo termico (con le ibride) a segnare il segno “più”. Segnali importanti che, però, confermano in termini assoluti ancora un certo scetticismo da parte degli utenti al passaggio al “full electric” soprattutto per l’autonomia, i costi e una rete di ricarica ancora non all’altezza.
Non stupisce quindi che Porsche, un marchio che non ha bisogno di presentazioni, negli ultimi giorni abbia espresso qualche perplessità nello stop alle motorizzazioni tradizionali entro il 2035. E che anche Renault, casa che conta diversi modelli elettrici in gamma, abbia evidenziato tramite l’amministratore delegato Luca De Meo che: “Per colmare il divario, ci vogliono tempo e tanti investimenti. Per fare una macchina elettrica, specialmente riguardo alle batterie, ci vuole molta energia“.
Una situazione, quindi, che non esclude la necessità di un intervento massiccio delle Istituzioni con politiche di sostegno come gli incentivi, il leasing sociale e investimenti massicci sulle colonnine di ricarica; incentivi che, almeno in Italia, attendono l’approvazione di una nuova tranche con sconti che potrebbero superare i 13.000 euro per chi ha un reddito ISEE sotto i 30.000 euro. Altrimenti, lo slittamento del 2035 come anno spartiacque tra termico ed elettrico, potrebbe non essere più solo un’ipotesi.
Autore: Alessandro Cattelan
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