Super Trofeo Omologata. Per chi non segue il mondo delle competizioni, il “Super Trofeo” è il campionato che la Casa di Sant’Agata Bolognese, tramite la sua Squadra Corse, organizza dal 2009, prima in Europa poi gradualmente in altri tre continenti. Lei, l’auto protagonista della nostra prova su strada, è la Lamborghini Huracan STO. Questa sigla dice tutto, dice quello che vuoi sentirti dire quando la vedi per la prima volta: è un’auto pensata per la pista ma omologata per la strada ed è la più estrema tra la quindicina di varianti osservate in questi 8 anni di vita della Huracan. Lei non è come la Lamborghini Essenza SCV12, un altro pianeta, e neanche come la Ferrari FXX poi diventata FXX K Evo, auto esclusive che puoi guidare (qualcuno può, eccome se può) solo ed esclusivamente in pista. La Huracan STO è una V10 dura e pura, targata e “gestibile” anche nella vita quotidiana. Per questo motivo abbiamo pensato di viverci una settimana in sua compagnia, con la ghiotta occasione di provarla nelle giuste condizioni all’Autodromo di Monza, per capire cosa voglia dire vivere quotidianamente con un’auto così estrema e allo stesso tempo così affascinante.
Così tanto affascinante che io stesso, “test driver” dal 2017, mai avevo notato così tante persone girarsi per guardarla, con quel misto tra stupore e felicità che ancora oggi le auto come queste sanno sprigionare nelle persone. Persone piccole, grandi, uomini, donne, tutti non possono rimanere imparziali davanti a un’auto così. Per buona pace delle auto elettriche, per quanto fascinose e per quanto dotate di cavallerie di 3 volte superiori a una Huracan V10, che ci attendono in futuro. Questa auto ti coinvolge come nessun’altra auto elettrica saprà mai fare.
Andiamo, quindi, alla scoperta di questa BELVA pronto pista e, perchè no, scopriamone i tanti pregi e qualche difetto.
Partiamo, come di consueto, dagli esterni. Le dimensioni della Huracan STO parlano di 4,55 metri di lunghezza, 1,95 metri di larghezza, 1,22 metri di altezza e 2,62 metri di passo. Numeri, che si traducono in un’auto dalle proporzioni diverse rispetto alle altre Huracan viste dal 2014 a oggi. Lei è veramente la più estrema, e lo capisci osservando essenzialmente quattro dettagli: il primo, le feritoie dell’aria sopra i passaruota anteriori di chiara derivazione corsaiola, chiamate anche louver. Sono in carbonio, e solo per questo motivo meritano un voto alto se non altissimo. Poi c’è il cofango, che da chiuso può “mascherarsi” in quel muso così affilato dotato di due fori che creano deportanza e che da aperto, facilissimo sollevarlo con un dito dopo aver azionato due meccanismi tramite l’apposita chiave, svela l’architettura in carbonio sottostante. Soluzione presa letteralmente in prestito dalla Super Trofeo e chiaro omaggio alla Miura. A discolpa del cofango, un piccolissimo vano che poi sarebbe il “bagagliaio” della Huracan STO dove ci sta giusto un casco, con appena 38 litri di capacità. Coincidenze? Io non credo.
Passando alla zona posteriore, ecco il terzo dettaglio: la copertura del cofano motore, con quella pinna in carbonio che influisce sia sulla stabilità d’imbardata sia sull’effettiva portata d’aria allo spoiler, si può rimuovere in pochi e semplici passaggi e trasuda energia oltre che calore proveniente da quel gioiellino nascosto solo qualche centimetro più in basso. Peccato per la presa d’aria dinamica sopra il tettuccio, che in realtà non porta aria al propulsore bensì la “disperde” contribuendo in ogni caso al raffreddamento dell’unità. C’è un contro di questa soluzione, ma lo scopriamo a breve. Due prese d’aria NACA (si chiama così perchè sviluppata per fini aerospaziali dalla NACA, ex nome della NASA), dirigono l’aria verso il propulsore appena sopra i pontoni posteriori, e poi, ciliegina sulla torta, nonchè quarto dettaglio: c’è l’alettone che sembra smontato da una Super Trofeo e rimontato qui, della serie vai e divertiti.
Una parte è fissa, mentre la parte centrale di corda ridotta si può regolare in tre posizioni (Alto, Medio, Basso), cui corrisponde un carico deportante pari a 420 chilogrammi nel primo caso a 280 km/h e di 324 chilogrammi nell’ultimo. Insomma, se andate a girare a Monza, due giri di vite e otterrete più velocità massima, se andate a girare a Imola o a Vallelunga, meglio scegliere le posizioni Alto e Medio. Spettacolo puro. Sempre rispetto a una Huracan Performante che abbiamo preso a riferimento, l’efficienza aerodinamica è aumentata del 37%.
Concludendo con gli esterni, la parte posteriore è ulteriormente bella e ricca di spunti. La parte terminale degli scarichi è a vista, mentre la griglia dal quale “spuntano” i due scarichi spostati in quella posizione con l’ultimo restyling è un altro pezzo forte di questa supercar. Pensate che, nel complesso, la scocca non è in carbonio come le rivali inglese di McLaren, basti pensare alla 765 LT. Il telaio è in alluminio, mentre il 75% delle altre componenti è in carbonio (per gli esterni si può richiedere sia lucido sia opaco). Un carbonio che si mescola alle tante tipologie di vernici opzionabili per questo modello grazie al programma Ad Personam sponsorizzato dalla Casa di Sant’Agata Bolognese.
Passiamo agli interni della Lamborghini Huracan STO. L’impostazione è quella del post restyling, quindi con il nuovo schermo dotato anche di Apple CarPlay; tutto bene finchè non ci si rende conto che sua posizione, purtroppo, spesso costringe ad abbassare lo sguardo. Un esempio? La regolazione del climatizzatore, che può avvenire solo guardando in giù, così come quella del volume, non essendo presenti tasti deputati a questa funzione sul volante. Già, il volante: c’è il mirino, non poteva essere altrimenti, e c’è quella sensazione di stringere tra le mani un oggetto che ti darà tante soddisfazioni. I sedili sono letteralmente da corsa, “scomodi” al punto giusto visto la tipologia di vettura. Si possono scegliere di due tipologie, sportivi (come in questo caso, si riconoscono dalla maniglia con la scritta sgancio che permette il movimento avanti e indietro) o Racing, senza maniglia. Imperdibile l’SC Pack: montato di serie sull’esemplare in prova, porta in dotazione l’estintore di bordo come su una vera auto da corsa (fissato dietro il sedile del passeggero), i cerchi in magnesio da 20″ e la Telemetria Connessa per monitorare le prestazioni in pista.
In pista posso dire senza dubbio alcuno che fanno egregiamente il loro lavoro, contenendo alla perfezione il corpo. Fuori dall’habitat ideale di questa V10, specie dopo un viaggio in autostrada, qualche dolorino alla schiena è la natura conseguenza di un assetto estremamente rigido e di un’impostazione che non perdona dossi e asperità dell’asfalto tipico sulle nostre strade.
Si sente tutto, filtrato molto bene dallo sterzo: vero, non è tra i più comunicativi in questo segmento di nicchia, ma fa egregiamente il suo dovere. In caso dei sopra citati dossi, però, viene in aiuto il “lifting system“, letteralmente un ingegnoso sistema per alzare fino a 4,5 centimetri il muso della vettura fino a una velocità massima di 70 km/h così da non incappare in spiacevoli contatti di ogni sorta nelle rampe dei garage o in altri luoghi. Senza questo importante optional, scordatevi di girare per le strade cui siamo abituati, a meno di non trovarsi a Dubai su asfalti lisci come piste da biliardo.
Della Huracan la STO eredita la presenza del sempre scenografico pulsante per l’avviamento con la copertura rossa in stile jet militare, così come l’impostazione della parte alta della plancia, compreso il quadro strumenti digitale fin dalle origini. Tornando ai sedili, l’esemplare in prova aveva le “semplici” cinture comuni a tante autovetture, peccato non aver provato le cinture a 4 punti che si combinano alla presenza del Roolbar appena dietro i sedili.
Visibilità? Promossa sia in senso frontale, nonostante il parabrezza parecchio inclinato, e anche in senso laterale, dove almeno il sottoscritto non ha avuto grossi problemi a capire dove mettere le ruote. Qualche problema, qualche serio problema, in vista posteriore. Rispetto alla MC20, giusto per fare un esempio, c’è una telecamera posteriore che si attiva solo inserendo la retromarcia. A differenza della supercar con il V6 Nettuno, infatti, non si ha mai chiara la percezione di cosa stia accadendo dietro le spalle. Vero, heritage da corsa di quelli giusti, ma le strade aperte al pubblico non sono piste da corsa. Si perde quindi l’utilità dello specchietto che sulla Huracan permetteva di scorgere qualcosa grazie al lunotto in vetro. Meglio rifarsi, anzi è doveroso rifarsi agli specchietti laterali che permettono un’ottima visuale periferica e alla telecamera posteriore durante la manovra di retromarcia.
Sotto quel cofano rimovibile c’è sempre lui, IL V10. Qualche numero, che non fa davvero mai male: 640 CV, 565 Nm di coppia in alto, a 6.500 giri/min (da buon aspirato…), 2,09 kg/CV e 3 secondi per bruciare i 100 km/h, 9 per lo 0-200 km/h fino a una velocità massima di 310 km/h. Tanta foga letteralmente frenata da un impianto carboceramico tra i migliori in circolazione sul quale torno a breve. Sotto quel cofano aperto solo in parte, in sostituzione del lunotto abituale, si intravede il copripunterie in color bronzo del V10. Uno spettacolo nello spettacolo.
Numeri su numeri ma, in tutta verità, bisogna accenderlo questo V10 per farsi completamente catturare dalle sue sonorità, dalle sue vibrazioni, dalle emozioni che è in grado di generare già al minimo, come descrivo a breve.
Partiamo dalla base, dalla seduta di guida. Vero, il sedile è basso, è improntato più che mai, più che su ogni altra vettura sulla quale mi sia mai seduto, al farti sentire su un’auto da corsa sfuggita dal suo ambiente naturale. Per me, che sono alto 1,84 metri, è stato un gioco da ragazzi regolare volante e sedile in modo da ottenere una posizione congeniale prima ancora di scatenare i 640 CV del motore. Bene, è arrivato il momento di guidarla questa Lamborghini Huracan STO. Sulle prime, sorprende la spinta dell’aspirato che arriva potente come non mai oltrepassati i 5.000 giri, dove entra in gioco il variatore di fase, rimanendo costante praticamente fino a fondo scala. Arrivati a quel punto, all’orgasmo in senso figurato, anche il sound è qualcosa che svela la vera anima di questa supercar. Raggiunti quei regimi, la STO cambia voce, voce che non vorresti mai più smettere di sentire.
Sulle prime la sensazione, personale e dovuta alla poca esperienza con i V10 di Sant’Agata, è quella di anticipare il regime di cambiata invece no, si impara presto che bisogna lasciarlo lavorare questo V10 aspirato per goderne al massimo. Certo, si raggiungono velocità folli in men che non si dica e la voglia è quella di alzarlo il piede laddove siano presenti altre auto sulla carreggiata, così da riprendere fiato dopo l’ennesima accelerata.
Prima ancora di vivere queste emozioni, l’accensione a freddo del V10 con il suo caratteristico sussulto è qualcosa che è rimasto della Huracan così come la sua anima versatile. Vero, senza sollevatore del muso la STO è un’altra cosa, va usata praticamente solo in pista e portata nel luogo sacro per gli appassionati possibilmente su un carrello trainato. Giorno dopo giorno, però, si apprezza la sua capacità di essere mansueta quando deve, visto che mi è capitato di guidarla senza grosse esitazioni nelle ore di punte del traffico cittadino, tra tanti sguardi di ammirazione, così come in un tratto misto stretto collinare dove viene fuori, subito, tutta la precisione di un assetto studiato ad hoc. In questo senso, sono le sospensioni MagnaRide 2.0 a fare il “lavoro sporco”, tenendo presente che rispetto a una Huracan EVO RWD la STO ha barre antirollio irrigidite. Non dimentichiamoci, poi, delle ruote sterzanti posteriori, molto utili proprio in quelle strade di collina ricche di tornanti.
Mi è poi piaciuta la gestione del cambio automatico, il classico robotizzato 7 rapporti, “capace” di intuire il ritmo che si vuole dare e di aumentare le marce sfruttando tutta la coppia dell’aspirato girando così a poco meno o più di 2.000 giri con quel sound che aspetta solo di sprigionarsi nel momento giusto. Cambio che, chiamato all’ordine, diventa preciso e affilato come una mitraglia, senza però dare quel calcio nella schiena che ho avvertito con il doppia frizione a 8 rapporti della MC20 poche settimane prima.
Ci sono poi tre anime della Huracan STO: l’omonima STO che userete per il 90% del tempo, dove l’auto è facile da controllare anche in caso di repentini sovrasterzi, la Trofeo, da usare solo in pista su asfalto asciutto, e la Pioggia, se il tempo si mette male.
Già, la pista. Delizia, senza croce, di questa vettura così unica nel suo genere. L’occasione che si accennava è stata la Journalist Parade tenutasi nel terzo dei quattro giorni del Milano Monza Motor Show 2022. Invitati a partecipare (quale miglior occasione per andarci con una Huracan STO) c’è stata l’occasione di affrontare mezzo giro di quel vero e proprio tempio della velocità che risponde al nome di Autodromo Nazionale di Monza (tra l’altro, auguri per i primi cento anni) per accorgersi di quanto questa vettura sia ideale per divertirsi in pista.
Divertirsi, non vivere con l’ansia di avere tra le mani un’auto da più di 300.000 euro a pochi metri tra un guard rail, che sono due cose molto diverse. In STO, a controlli attivati, è sorprendente quanto la Huracan Super Trofeo Omologata sia stabile tra i cordoli, nelle frenate e nei curvoni veloci (la piega a sinistra dopo la seconda di Lesmo si affronta senza problemi a 220 km/h). Proprio superata una certa velocità entra in gioco il carico aerodinamico sopra descritto, e la sensazione è quella di avere sempre tutto sotto controllo. Anche i freni rispondono bene, molto bene, rivelandosi per altro buoni anche sulle prime frenata, dove solitamente un carboceramico potrebbe creare qualche problema. Si tratta di un impianto curato da Brembo: risponde al nome di CCM-R (390 millimetri davanti, 360 millimetri dietro) e in 200 km/h arresta la Huracan STO fino a fermarla in 110 metri. A Monza, per buona pace della collega che mi accompagnava in auto, ho preferito non esagerare consapevole che anche “tirando la staccata” lei (l’auto, non la collega) non mi avrebbe deluso.
Merito poi, è doveroso, ai pneumatici Bridgestone Potenza Sport che fanno realmente la differenza: sono dei 245/30 R20 davanti e dei 305/30 R20 dietro. Anche grazie al loro, il grip è una questione che neanche si pone. Arrivati ai 6.500 giri/min, perfettamente in coppia, è poi facile domare l’esuberanza della STO che inizia a scodare. Elettronica e gomme aiutano a far tornare, davvero, senza esitazioni, tutto sotto controllo. In pista sarebbe servito qualche giro in più per accorgersi di quanto fosse ancora abbassabile il limite, tanta è la confidenza che questa opera d’arte ti vuole concedere. Sottosterzo? Non scherziamo neanche…
Monza ha esaltato la Huracan STO e le sue performance sopra le righe, così come il contenimento dei pesi che ha permesso di risparmiare qualcosa come 43 kg (per un totale di 1.339 kg a secco) rispetto alla già esaltante Huracan Performante. Non c’è che dire, se volete l’auto da trackday definitiva questa fa davvero al caso vostro. Prima che anche Lamborghini annunci le prossime Lamborghini ibride, pensare all’elettrica è ancora presto, dire di aver provato a fondo la Huracan STO è sinonimo di aver provato l’auto che congiunge un mondo in via d’estinzione a quelle che saranno le sensazioni, sicuramente degne di nota, che il costruttore saprà regalarci con l’avvento dell’elettrificazione su più livelli.
Per il momento, teniamoci strette vetture come questa, un’animale da pista, così come l’ultima versione lanciata nel 2022, la Tecnica. Il domani arriva veloce, il presente vola via troppo in fretta.
Dopo tutte queste considerazioni, è ora di tirare le somme e pensare al portafoglio. Il prezzo della Lamborghini Huracan STO è di 306.282 euro, ben 109.700 euro più di una Huracan Evo RWD che, come lei, condivide lo stesso motore. La Huracan STO vale più di 100.000 euro di differenza? Assolutamente sì. Guidarla, farsi guardare, accellerare e vedere chi ti siede a fianco spaventarsi ma con quel ghigno che sa di goduria è un’emozione che non ha e mai avrà prezzo. Tempi di attesa? Siamo intorno ai due anni.
Per tutto il resto ci sono macchine come lei, come la Huracan STO. Frutto del genio che sarebbe riduttivo definire del Made in Italy perchè gli esempi dagli altri stati non mancano. In ultima conclusione, riflettendoci dopo qualche giorno in sua compagnia, è veramente un’auto da corsa che definire per la vita di tutti i giorni sarebbe esagerato. Lei vuole la pista, lei vuole aggredire i cordoli, lei vuole darti fiducia sviluppando carico aerodinamico tanto da convincerti ad andare ancora un po’ più forte. Lei è così, lei è unica.
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